Re: [Diritti] ADL 140219 - Formidabile



...Carlo Rossella, chi?  (squallido personaggio)
 
Saluti, Franco
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Franco BORGHI
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From: ADL Ermano
Sent: Wednesday, February 19, 2014 6:54 PM
Subject: [Diritti] ADL 140219 - Formidabile

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

Settimanale in posta elettronica – Zurigo, mercoledì 19 febbraio 2014   

 

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IPSE DADA

 

Personaggio formidabile - «Ha quell'intelligenza acuta e sottile e anche un po' spregiudicata che era propria di Machiavelli. E poi ha pure quel dono di natura della memoria, quella capacità di ricordare subito tutto e tutti che lo rende simile a Pico della Mirandola.» – Carlo Rossella

 

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Picco della

Macchiavendola

   

 

Novità

 

Sindaci

fuori dal Comune

 

Dai partiti di massa ai sindaci ‘fuori del Comune’ – così s’intitola il nuovo libro di Aldo Ferrara e Pino Nicotri (con un contributo di Felice Besostri e Presentazione di Gianfranco Pasquino) – una cronistoria critica dell’evoluzione-involuzione politica italiana.

 

I partiti politici, nati dalla Resistenza, sono progressivamente scivolati verso i partiti "Monoteisti" (Lista Pannella, Lista Di Pietro, Lista Fini, Lista Casini) e successivamente, attraverso o con la complicità di Fondazioni Politiche ad hoc, verso una politica affidata a singoli individui, spesso Sindaci di grandi città.

    Con la nascita del cosiddetto partito dei Sindaci (Orlando, Bassolino, Rutelli, Veltroni) ossia dei "Sindaci eletti direttamente dal popolo" un eccesso di potere si accumulato nelle mani di queste "nuove" figure politiche, con conseguente svuotamento del compito di essere filtro tra società e Istituzioni, prima affidato ai partiti tradizionali.

    Il libro di Ferrara e Nicotri ricostruisce la transizione dai partiti di massa (DC, PCI, PSI) alla progressiva presa di potere in essi di "comitati elettorali" che agiscono spesso nel seno dei partiti ormai svuotati di valenza politica. La mancanza di una classe dirigente, stratificata, favorisce l'esplosione periodica di picchi di attenzione e polarizzazione, che alla lunga si rivelano però incapaci di "progettare", e quindi anche di proporre una soluzione all’attuale crisi, che è ideale oltre e non solo economico-finanziaria. In questo quadro c'è poco da stupirsi per l'improvvisa comparsa di fenomeni personalistici che, in assenza di una spinta riformatrice orizzontale nascente dalla società, poco apportano in termini di evoluzione della politica.

 

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infoagoraco at gmail.com

www.agoracommunication.com

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.03, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione o da fonti di pubblico dominio o da risposte ad E-mail da noi ricevute. Il nostro servizio d'informazione politica, economica e culturale è svolto senza scopo di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico e un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.03, 196, Art. 24).

   

 

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Nel 120° anno di attività

del Centro Estero di Zurigo

 

Convegno

 

Ø  Cooperativo / St. Jakobstr. 6 / CH 8004 Zurigo

Ø  Zurigo, domenica 23 febbraio 2014, ore 10.15

 

Relatori:

 

Valdo Spini, La buona politica e l’impegno di un socialista

presidente dell’Associazione Istituzioni di Cultura Italiane,

già Ministro dell'Ambiente e Ministro per le Politiche Comunitarie

 

Laura Garavini, La buona politica e la lotta alla criminalità

parlamentare (PD), componente della Commissione Antimafia

e della Commissione Esteri della Camera

 

Interventi di:

 

Paolo Bagnoli (Firenze), Per un reinsediamento socialista in Italia

Felice Besostri (Milano), Leggi elettorali, Costituzione, Democrazia

Anna Biondi (Ginevra), Un mondo di lavoro

Mauro Del Bue (Bologna), Socialismo italiano

Mattia Lento (Zurigo/Milano), Ettore Chreis

Francesco Papagni (Lucerna), Religiöser Sozialismus in Zürich

Fabio Vander (Roma), Leopardi, la politica e la "social catena"

Conradin Wolf (Zurigo), Menschenwürde und Menschenrechte

 

Presiedono:

 

Vreni Hubmann (Zurigo), presiede la sessione antimeridiana

Andrea Ermano (Zurigo), presiede la sessione pomeridiana

   

 

EDITORIALE

 

Oltre l’opacità

 

La situazione è quella che è, ma se il nuovo Governo istituisse

un “Servizio civile per il lavoro”, l’Italia compirebbe

un passo in avanti sulla strada delle riforme sociali.

 

di Andrea Ermano 

 

Sabato scorso i tre leader extraparlamentari della politica nazionale si sono prodotti in un tentativo di squartamento delle istituzioni repubblicane che Rino Formica riassume così: "Un terzo della rappresentanza parlamentare (grillini e Lega) si è rifiutato di salire al colle del Quirinale. Un terzo (Forza Italia) è andato nella residenza del Capo dello Stato a consumare una propria 'vendetta' per la riabilitazione di Berlusconi. Un terzo (il PD) ha voluto marcare il suo distacco dal Presidente della Repubblica mandando in delegazione con i capigruppo parlamentari un funzionario di partito che sa tanto di commissario, tale Guerini."

    Sic stantibus rebus, bene ha fatto, allora, il Capo dello Stato, nota Formica, a chiarire che “il signor Renzi” dovrà invece sciropparseli, i suoi compiti a casa, perché l’incarico esplorativo affidatogli andrà svolto “nel tempo necessario, con cura e precisione programmatica dettagliata”, avendo bene in vista il conseguimento di una “soluzione solida”.

    L'infinita transizione italiana par transitare ancora una volta per la prima volta dallo stesso allo stesso, traguardando un picco di opacità talmente tanto fitta che poco è più la pece.

    A maggior ragione occorre far proprio quel che dice il Presidente Napolitano. Perché all'opacità ci si può opporre solo con un impeto di ragionevolezza, pretendendo di stare sulle cose “con cura e precisione programmatica dettagliata”.

    Che significa ciò? A nostro giudizio, il “Servizio civile per il lavoro” di cui parla Stefano Fassina può fornicene un esempio piuttosto chiaro: "Data l'emergenza lavoro sul fronte giovanile, proponiamo la creazione di un Servizio civile per il lavoro, nel quadro della Youth Guarantee, per consentire una prima esperienza lavorativa pur limitata nel tempo (un anno) e un sostegno al reddito analogo all'indennità di disoccupazione. Il servizio civile per il lavoro dovrebbe articolarsi in 'progetti' finanziati da risorse pubbliche e realizzati dal Terzo Settore/ONG nel loro specifico ambito di attività (tutela ambientale, del patrimonio culturale, servizi sociali, cure della persona, ecc.)".

    Massimo Bordin, decano dei commentatori politici italiani, ha salutato in ciò il ritorno di una vecchia idea, esposta da Ernesto Rossi nel suo Abolire la miseria del 1945. L’idea era stata rilanciata qualche tempo fa da Daniel Cohn-Bendit, Ulrich Beck e altri, a livello europeo. Anche in Italia se ne è parlato (vedi al sito della rivista Reset).

 

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Stefano Fassina

  

 

SPIGOLATURE 

 

Interdetto o non interdetto?

 

di Renzo Balmelli 

 

INTERDETTO. Sullo sfondo di uno scenario in cui la realtà supera abbondantemente la fantasia più sfrenata, l'Italia si accinge a celebrare l'ingresso nella Terza Repubblica senza nemmeno avere avuto il tempo di capire che cosa fosse la Seconda. Per la verità anche i più preparati avrebbero avuto non poche difficoltà a raccapezzarsi nel corso di un ventennio sgangherato, segnato dagli scandali e dai gossip di alcova. Che poi il protagonista ora decaduto di quell'infausto periodo, condannato e ineleggibile, si prenda la rivincita e salga al Colle rimettendosi al centro della scena lascia senza parole chi si illudeva che il fondo fosse ormai stato toccato. Invece gli editorialisti di famiglia parlando di Berlusconi possono scrivere senza battere ciglio: "Macché interdetto. E' lui che può ancora interdire". A meno che la sconfitta in Sardegna non abbia congelato i bollori!

 

STRAFALCIONI. Dopo il referendum anti stranieri degli svizzeri, si sono moltiplicati gli interrogativi sul futuro dell'Unione che nella sua essenza sembra allontanarsi sempre più dallo spirito dei padri fondatori. Che l'impegno di quegli uomini di buona volontà sia valso ad assicurare al Vecchio Continente il più lungo periodo di pace della sua storia, col passare del tempo sembra avere perso buona parte del suo significato originale. Ne consegue che al di la degli incredibili strafalcioni geopolitici e culturali dei nazional-populisti in lotta contro tutto e tutti, d'ora in poi il maggiore nemico di cui l'Europa dovrà guardarsi sarà l'Europa stessa, stanca e che dubita della propria vocazione. Soltanto un deciso scatto di ordine morale verso il recupero degli ideali di libertà e dignità per ogni individuo potrà fermare la deriva che sta portando inevitabilmente a una difesa a oltranza di benefici, rendite e privilegi.

 

RESTAURAZIONE. Quando venne decretata la dissoluzione dell'URSS, molti degli atleti che alle Olimpiadi di Sochi rappresentano le repubbliche ex sovietiche erano ancora in fasce. Nonostante il salto generazionale, Mosca tuttavia non ha rinunciato a esercitare il suo dominio su nazioni indipendenti come l'Ucraina che il Cremlino, secondo la concezione in auge durante la guerra fredda, rivendica quale satellite della sua zona d'influenza. Piazza Maidan nel cuore di Kiev è così diventata l'equivalente dell'egiziana piazza Tahrir, ossia il luogo deputato verso il quale convergono le aspirazioni, soffocate nel sangue , dei giovani ucraini che sognano l'Europa per sfuggire al paralizzante torpore post-sovietico. Gli euro scettici non lo capiranno, ma dalla repubblica sul mar Nero ci arriva ogni giorno, con i 25 morti delle ultime ore e le molte vittime di prima, la prova tragica e inquietante che il periodo che stiamo vivendo non è soltanto un periodo di crisi, ma un periodo di restaurazione capace di alterare in modo drammatico gli assetti internazionali.

 

MATTATORI. Un giorno, quando si scriverà la storia del convulso momento che sta attraversando l'Italia stretta tra un passato che non passa, un presente carico di incertezze e un futuro ancora scritto sulla sabbia, quando quel giorno arriverà qualcuno dovrà spiegare per filo e per segno ai futuri lettori come mai si è giunti a questo punto. Come'è stato possibile che una persona per bene di nome Enrico Letta sia stato letteralmente impallinato dagli amici mentre si cominciavano a intravvedere i primi timidi segnali di un lento, lentissimo, ma promettente miglioramento. E si dovrà pure spiegare ai cittadini di domani come mai l'Italia, o perlomeno una parte di essa, sembra accodarsi senza nessuna distanza critica ai mattatori sfrenati della politica di qualsiasi colore, anziché sostenere chi lavora senza schiamazzi e senza il profluvio di parole in libera uscita che spesso nascondono il vuoto delle idee.

 

RONDINE. Sarà bella la Televisione, ma la Radio, lungi dall'essere una Cenerentola conserva inalterato tutto il suo fascino di sorella maggiore dei moderni mezzi di comunicazione. Proprio su questa linea si è mossa la Giornata mondiale della Radio, promossa dall'Unesco, per sottolineare il ruolo centrale dell'invenzione dovuta a Marconi per garantire la libertà e il diritto all'informazione nel mondo, a maggior ragione nelle zone di crisi dove questa facoltà viene negata da regimi dispotici e corrotti. Quest'anno l'evento é stato doppiamente significativo in quanto ha avuto quale tema centrale la condizione della donna e la promozione della sua dignità, sovente calpestata da forme inaudite di violenza. Un dei tanti progetti per dare una voce all'altra metà del cielo è la Fondazione svizzera Hirondelle, una rondine che smentendo il vecchio detto fa veramente primavera.

    

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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Parliamo di socialismo

 

Crisis extra ordinem

 

di Giuseppe Tamburrano

 

“Noi non ci faremo processare” proclamò Aldo Moro. Ecco, una frase del genere ci saremmo aspettati da Enrico Letta, allievo di Moro. E invece egli ha subìto un processo dal suo partito (del segretario del suo partito) senza battere ciglio, anzi senza presentarsi e difendersi.

    Così Letta esce di scena. Ed entra il matador Renzi che (dice che) resterà al governo e farà grandi cose, senza precisare con un minimo di determinazione che cosa farà o vorrà fare.

    Mai vista una crisi di governo che si consuma in una assemblea privata qual è l’organo del PD. Gli esperti dicono che ci sono dei precedenti: vorrei capire bene quali sono!

    Tutto è extra ordinem in questa crisi.

    Comincia l’era Renzi, politico che parla tanto (come la seppia che emette il “nero” per non farsi individuare?).

    Di preciso ha detto una sola cosa, che ha toccato il cuore dei suoi: con me starete in Parlamento quattro anni, e non solo uno. Lo vedremo all’opera, anzi lo sentiremo all’audio. Ma se il suo discorso è stato di investitura, come è possibile che non ci abbia detto che cosa vuol fare per questa povera – povera nel senso letterale – Italia!

    Ha fatto un cenno ai senatori che si suicideranno politicamente – li voglio vedere! – ma non ai disoccupati che si suicidano realmente.

    Il nuovo corso comincia in una scintillante nebbia fraseologica.

    Le cose mai viste sono: a) un Presidente del Consiglio che si dimette senza che nessuno che ha i titoli per farlo gli tolga la fiducia e  b) un governo che cade per dare luogo a uno nuovo che nasce uguale al primo (con piccole variazioni). E noi non sappiamo perché e a quale fine.

   

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Congresso Cgil:

settore Trasporti

 

Il documento della segreteria Filt è un “contributo aperto alle proposte, agli spunti e agli approfondimenti che saranno elaborati dai congressi comprensoriali e regionali” in vista del X congresso nazionale della federazione che si terrà a Firenze dal 1 al 4 aprile.

 

Il documento della segreteria nazionale (qui il pdf) parte dal presupposto che “i quattro anni dal precedente Congresso sono tutti collocati in una crisi economica che in Europa e in Italia si sta affrontando quasi esclusivamente sul versante della riduzione della spesa pubblica, con il risultato che nel nostro Paese sta producendo pesanti effetti sociali, l’ulteriore impoverimento delle fasce sociali più deboli, il crollo dei consumi interni, ed incerte, assai incerte, prospettive di crescita. Nel 2013 si sono mosse meno merci e si sono trasportati meno passeggeri del 2007”.

    Secondo quando propone la Filt “la crescita del Paese andrebbe invece sostenuta con scelte di segno opposto di finanza pubblica, partendo da politiche ridistributive del reddito e da politiche anticicliche negli investimenti. I trasporti potrebbero positivamente concorrere per il loro valore sociale, ambientale, economico ed industriale, trasformandosi così da 'zavorra' dell’economia italiana, come spesso, giustamente, vengono descritti, in 'volano' della crescita”.

    Per la segreteria della Filt “è prioritaria la necessità di una nuova fase dell’azione sindacale nel settore che dia impulso a politiche contrattuali efficaci ed inclusive che conquistino la corretta ed estesa applicazione dei ccnl, clausole sociali adeguate, un deciso innalzamento dei livelli di sicurezza sul lavoro. Una nuova fase dell’azione sindacale fatta di piattaforme, contrattazione, interlocuzione con le istituzioni per costruire contesti legislativi e di regolazione del mercato più avanzati, una diversa regolazione dell’esercizio del diritto di sciopero e un nuovo modello di relazioni industriali nel settore. Una nuova fase che oggi, rispetto a ieri, ha la possibilità di mettere utilmente e positivamente a frutto la vera e propria svolta sui temi della contrattazione e della democrazia sindacale rappresentata dagli accordi interconfederali del 28 giugno - 21 settembre 2011, del 31 maggio 2013 e del 10 gennaio 2014”.

    Infine si legge nel documento “la proposta della integrazione delle strutture tra capoluogo di regione/area metropolitana e Regione, dei Comprensori di ridotte dimensioni, delle Segreterie e dei Comitati Direttivi ed il percorso da realizzare rappresentano la risposta ai mutamenti avvenuti sul piano istituzionale, economico e degli assetti delle imprese e su quello della riduzione delle risorse pubbliche e propongono un obiettivo concreto di cambiamento per rafforzare la Filt”.

       

 

Economia

 

L’unione bancaria europea

nasce vecchia e impotente

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

La lettura della recente direttiva sulla cosiddetta unione bancaria europea non ci induce all’ottimismo a dispetto dei soliti laudatores di regime. La direttiva sui salvataggi e sulle liquidazioni delle banche varata dal Consiglio dell’Unione Europea sorprende per la sua scarsa incisività. Più che una riforma è un documento che sancisce il comportamento delle autorità europee e nazionali ben conosciuto negli ultimi mesi, in particolare dopo la crisi bancaria di Cipro.

    Vi si afferma che la crisi finanziaria ha evidenziato la mancanza di strumenti di intervento nei confronti delle istituzioni finanziarie in gravi difficoltà al fine di prevenirne la bancarotta o di gestirne la liquidazione.

    In passato si sono utilizzati soldi pubblici per operazioni di salvataggio e per evitare effetti destabilizzanti per il sistema. Anche alle banche solventi, in verità, sono stati concessi aiuti con l’immissione di liquidità da parte della BCE o con altre garanzie statali per i titoli in loro possesso.

    Dopo avere speso diverse centinaia di miliardi di euro ovviamente presi dalle tasche dei contribuenti, l’Europa oggi si dichiara inorridita da tali scelte e introduce il bail in. Cioè saranno per primi gli azionisti e i creditori della banca a rischio di fallimento a dover contribuire al salvataggio.

    Indubbiamente è più corretto. Ma si ricordi che i cosiddetti anonimi “creditori” altro non sono che i risparmiatori titolari di conti correnti presso la banca in crisi.

    La legge, come noto, prevede che potranno essere aggrediti i depositi che non godono delle garanzie previste, cioè quelle fino a 100.000 euro.

    Le nuove regole stabiliscono che, se fosse insufficiente lo strumento del bail in e se il fallimento della banca fosse destabilizzante per il sistema, le autorità potrebbero intervenire con il Meccanismo e con il Fondo di risoluzione europei. Ma questo Fondo dovrebbe diventare attivo nei prossimi 10 anni! Solo allora diventerebbe un meccanismo unitario con la mutualizzazione dei rischi. Nel frattempo, al di la delle tante e belle parole sull’approccio bancario unitario e sulla fine della frammentazione del credito in Europa, i governi nazionali di fatto continueranno ad  intervenire con il bail out, cioè con gli aiuti di stato, magari anche con la temporanea acquisizione pubblica della stessa banca.

    E’ evidente che la finanza resta privilegiata e batte alla grande il lavoro e l’imprenditorialità.

    La nuova unione bancaria da un lato rinvia nel tempo e dall’altro concentra l’intervento sugli strumenti e sulle procedure attuabili in caso di alto rischio o di liquidazione bancaria. Ma quando si è sulla soglia della bancarotta o della liquidazione vuol dire che la malattia è già conclamata e che si sta intervenendo troppo tardi!

    Perciò riteniamo che una legge bancaria efficace dovrebbe anzitutto verificare i comportamenti e le attività delle banche e del sistema finanziario per correggerli o sanzionarli severamente al fine di evitarne la bancarotta.

    E’ davvero sconcertante e sorprendente il fatto che nella lunga direttiva non sia menzionata neanche una volta la parola “speculazione”!

    Eppure tutti sanno il suo ruolo nefasto nelle operazioni dei mutui subprime, nei mercati non regolamentati dei derivati Otc. Per non parlare delle speculazioni sulle monete e sulle commodity fatte con i futures. Questi sono i campi principali delle attività finanziarie delle grandi banche internazionali ed europee con impatti sistemici.

    Le banche europee, con la Deutsche Bank in testa, hanno, purtroppo, da tempo pericolosamente superato le cugine americane sui mercati dei derivati finanziari.

    Perciò resta urgente una vera riforma bancaria per affrontare le cause del malfunzionamento dell’intero sistema.

    I governanti europei, ancora una volta, ignorando le istanze provenienti dal mondo del lavoro e dell’impresa, non hanno affrontato il cuore del problema che è quello della separazione delle banche commerciali da quelle di investimento. Le prime raccolgono risparmio da utilizzare per crediti non speculativi e a sostegno dei settori produttivi dell’economia mentre le seconde operano con i soldi propri e a proprio rischio. Così come si fece negli Stati Uniti nel lontano 1933 con la legge Glass-Steagall.

    

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Uguale libertà

 

Trent’anni dopo la prima Intesa con le chiese metodiste e valdesi

 

di Eugenio Bernardini,

moderatore della Tavola valdese

 

(nev-notizie evangeliche 08/2014) - La firma il 21 febbraio 1984 e l’approvazione della prima Intesa prevista dalla Costituzione italiana non giunse improvvisa: fu infatti il coronamento di un lungo lavoro teologico, giuridico e politico condotto dalla Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) che possiamo far risalire già ai primi anni del dopoguerra. Nel clima della ricostruzione materiale e morale dell’Italia, un gruppo di teologi sentì il bisogno di ripensare i modi e le forme della Chiesa in uno Stato democratico che, in virtù dell’articolo 8 della Costituzione repubblicana, stabiliva il principio di “uguale libertà” di tutte le confessioni religiose. Seguì una lunga discussione, per molti aspetti meramente teorica dal momento che, complici le forze d’opposizione, l’Italia democristiana di quegli anni non aveva alcuna intenzione di mettere mano alla revisione del Concordato e quindi all’utilizzo di un nuovo strumento di regolazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose “diverse dalla cattolica”. La tendenza era semplicemente a ignorarle, volendo così confermare l’assunto che l’Italia era e rimaneva sostanzialmente cattolica e che la vecchia legge sui “culti ammessi” offriva tutele più che sufficienti alle minoranze.

    Si deve all’analisi giuridica e all’azione pubblica di Giorgio Peyrot il tentativo di scalfire questa impostazione affermando che le chiese della Riforma erano altro rispetto al cattolicesimo, e che il loro diritto non si radicava nelle norme statali né in quelle canoniche – spesso intrecciate tra loro – ma nel libero annuncio dell’Evangelo. L’idea chiave di quel ragionamento era che una chiesa protestante dispone di un ordinamento esterno rispetto a quello dello Stato, fondato sulla sua teologia, sulla sua ecclesiologia, e sulla sua stessa vocazione. L’eco teologica della teologia di Giovanni Miegge e della scuola barthiana era più che evidente. In quei decenni, le chiese evangeliche denunciarono ripetutamente l’inazione del governo e del parlamento relativamente all norme costituzionali in materia di libertà religiosa senza che questo producesse risultati apprezzabili.

    Il referendum sul divorzio del 1974, però, scosse il quietismo concordatario e per la prima volta dette la misura di un’Italia molto meno “cattolica” di come la si interpretava. Questa misura aumentò ulteriormente nel 1981, alla luce dei risultati del referendum sull’interruzione volontaria della gravidanza; negli stessi anni, inoltre, la Corte costituzionale “picconava” le norme sui “culti ammessi” e denunciava l’incompatibilità tra alcune formulazioni concordatarie – quella cattolica come “sola religione” dello Stato, per esempio – e il dettato della Carta. Fu in quel contesto che il presidente del Consiglio Bettino Craxi ritenne che vi fossero le condizioni per fare quello che forse nessun democristiano avrebbe mai potuto fare: mettere finalmente mano a quella riforma concordataria che si imponeva da tempo e quindi, sia pure in subordine, dare applicazione all’articolo 8 della Costituzione.

    Trent’anni dopo possiamo tentare un bilancio di quella svolta e dobbiamo riconoscere che le Intese – che oggi regolano i rapporti di undici confessioni cristiane e non cristiane – hanno contribuito a rendere visibile quel pluralismo religioso che in Italia fatica a emergere, E’ questo un risultato che va sottolineato e in un certo senso rivendicato. Ma le intese sono state anche un banco di prova per le confessioni religiose, a iniziare dalla Chiesa valdese: l’applicazione dell’articolo 8 ha imposto a noi e ad altri una riflessione su che cosa significa stare nello spazio pubblico. Le intese ci hanno educato a riflettere, parafrasando Kennedy, non solo su quello che lo Stato può dare alle confessioni religiose ma anche su quello che le confessioni religiose possono dare allo Stato in termini di sussidiarietà, cultura, relazioni globali, impegno morale e civile.

    Dalla prima Intesa sono passati trent’anni ma resta invece in pieno vigore la vetusta legge sui culti ammessi di epoca fascista (1929), e quindi il percorso della libertà religiosa resta, a oggi, un percorso incompiuto. E’ in questo quadro che oggi la nostra Chiesa continua il suo impegno per la libertà religiosa, la nostra e quella di tutti. E’ questa la missione che sentiamo con forza: utilizzare il primato e l’autorevolezza che ci deriva dall’essere stati la prima confessione a stipulare un’Intesa con lo Stato a sostegno di quanti, in Italia e nel mondo, si vedono privati di uno dei principali diritti umani: quello alla libertà di credere, alla libertà di non credere e alla libertà di credere diversamente dalla maggioranza. (nev-notizie evangeliche 08/2014)

   

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

La “via maestra” delle lotte della società civile

 

Nel numero 1/2014 di Micromega è riportato in allegato un fascicolo contenente due dialoghi edun saggio

 

di Gianfranco Sabattini

 

Il primo dialogo, che si svolge tra il direttore delle periodico, Paolo Flores D’Arcais, e Stefano Rodotà, riguarda un confronto di idee sulla “via maestra” che si offre alla società civile italiana per dare voce “alle lotte in difesa e attuazione della Costituzione, per il lavoro e i beni comuni”. A tal fine, secondo D’Arcais, è decisiva una valutazione convergente su tre punti, riguardanti il carattere e il significato delle lotte della società civile negli ultimi tempi, la mutazione del Pd, e l’esplosione, i meriti e le contraddizioni del M5s di Grillo.

    Secondo il direttore di Micromega le manifestazioni e le lotte civili e sociali che hanno coinvolto la società civile negli ultimi quindici anni hanno raccolto consensi anche presso l’opinione pubblica “moderata”. La forza delle manifestazioni, più che nella “carica di antipolitica”, così come l’establishment è stato solito considerarla, in realtà è sempre stata nella “carica di altrapolitica” che essa ha espresso, “totalmente estranea e refrattaria alle degenerazioni ed ai riti di una politica ufficiale e di palazzo ormai marcia”. La domanda che per Flores s’impone è quindi chiedersi se i molti cittadini coinvolti nelle manifestazioni sono rappresentati dal M5s o dal Pd, considerato che la dispersione del consenso ha reso la sinistra radicale politicamente nulla.

    Grillo ha intercettato elettoralmente la protesta della società civile; a causa delle sue contraddizioni, egli non è però in grado di rappresentarla: per la sua ambiguità sul piano programmatico, per la sua tendenza all’autoisolamento, e soprattutto per il “tragico elemento proprietario della struttura del movimento”, che dà corpo solo al principio in base al quale due, Grillo e Casaleggio, “valgono per tutti”.

    Quanto al Pd, sempre secondo Flores esso non può rappresentare il mondo della protesta della società civile, perché ne rappresenta un altro, omogeneo all’establishment dominante: e non sarà certamente Renzi a ricuperarlo, per portarlo a rappresentare le istanze sociali nel senso più ampio. Renzi ha riscosso consenso solo per aver rimosso dalla guida politica del Pd la vecchia nomenklatura, ma si è limitato a circondarsi di collaboratori non all’altezza delle situazione, perché privi delle qualifiche meritocratiche necessarie al fine di modernizzare, razionalizzare e moralizzare i gruppi egemoni, sempre più invischiati in logiche di familismo amorale, in “un orizzonte dominato da appetiti finanziari speculativi e biscazzieri, anziché da vocazione industriale”.

    In conclusione, per Flores, né il M5s né il Pd, per motivi diversi, possono rappresentare il mondo di lotte civili e sociali di quella parte della società mobilitabile per il cambiamento della qualità dell’attività politica del paese. L’alternativa non può che essere dare voce parlamentare alla protesta, considerato che lotte e rappresentanza parlamentare sono aspetti che si rafforzano reciprocamente. Perciò occorre dare ai milioni di cittadini che credono nei valori della giustizia e della libertà una rappresentanza politica, dotandoli di una forza politica organizzata.

   Rodotà, dal canto suo, condivide l’analisi del direttore di Micromega, ma aggiunge alcune considerazioni volte a rinforzarla e riguardanti il fatto che, a fronte delle manifestazioni occorse nel corso degli anni Dieci (che hanno trovato il loro punto di coagulo nell’opposizione alla “legge bavaglio” e nella raccolta delle firme per il referendum sull’acqua) c’è stata una totale chiusura da parte del Pd: fatto questo che ha portato all’emergere di Renzi, il quale ha potuto “rottamare” un’oligarchia che però gia da tempo aveva perso ogni rapporto col mondo reale, poiché completamente estraniata da esso. Rodotà aggiunge che l’estraniazione del Pd dalla realtà del conflitto sociale segna anche uno spartiacque: nel senso che la perdita di contatto con i reali problemi civili e sociali ha fatto sì che prevalesse la considerazione della dimensione istituzionale, che comporta l’allontanamento del partito dalla responsabilità e dall’obbligo dell’analisi politica. Per Rodotà ciò segna la differenza tra il modo di fare politica del momento attuale e quello degli anni Settanta del secolo scorso: quelli cioè che l’hanno visto vivere l’esperienza di deputato nelle file del vecchio Pci. Quelli sarebbero stati gli anni che hanno realmente cambiato il paese, perché l’azione politica era riconducibile a forze che si misuravano con i dati reali, e che soprattutto tendevano a non chiudersi, aprendosi alla società.

    Per quanto riguarda il M5s Rodotà, a differenza di Flores, si dichiara più possibilista, ma dopo aver riconosciuto anch’egli che il M5s non incarna il mondo di lotte della società civile e che tutt’al più, dopo essere riuscito solo a recepire alcuni suoi “umori” e a prefigurare la speranza di divenirne portavoce, ha solo “dislocato tutto nella rete, pensando che lì fosse il luogo unico della rappresentanza”. E, quel che è peggio, che il suo leader ha introiettato sul piano organizzativo il modello proprietario, ovvero il modello di “padre e padrone” del folto gruppo degli eletti in Parlamento nelle file del movimento.

    La conclusione dell’analisi di Rodotà è che, stante la situazione attuale, non è detto che si possa realizzare una forza strutturata per rappresentare a livello politico le forze della protesta della società civile; egli infatti non è “sicuro che ci siano tutte le condizioni per fare questo passo, in particolare nella direzione di un partito o di liste elettorali”. Tuttavia, in sintonia con la posizione di Flores, Rodotà propone che si lavori perché ci si doti di un’organizzazione leggera: per tenere un’anagrafe delle realtà sociali mobilitabili, per fare circolare l’informazione, e per cominciare a costruire in modo decentrato proposte su tutte le questioni che sinora hanno motivato il coinvolgimento della società civile nelle lotte di protesta.

    A conclusione del dibattito sorge spontanea la propensione a condividere l’analisi di Rodotà; anch’essa tuttavia non va esente da alcune riserve, riguardanti soprattutto le forme ed i tempi necessari per ricondurre in un programma unitario le diverse questioni che sinora hanno giustificato la protesta. Nel corso della sua analisi, Rodotà ricorda il diverso modo di fare politica da parte dei partiti della sinistra (in particolare, di quello nelle cui fila sedeva in Parlamento), riconducibile al fatto che negli anni Settanta quei partiti svolgevano un’attività politica relazionata ai dati reali della società. Quei partiti – non solo negli anni Settanta, ma a partire dagli anni Sessanta – hanno rinnovato la società italiana perché disponevano di un progetto sociale e di un quadro istituzionale perfettamente coerenti l’uno rispetto all’altro; ed è questa la ragione per cui hanno potuto realizzare la modernizzazione del paese ed una crescente equità distributiva.

    Ma a partire dalla fine degli anni Settanta le dirigenze di quei partiti hanno incominciato a perdere contatto con i cambiamenti della realtà, non solo nazionale, trascurando i corrispondenti cambiamenti che avvenivano nelle loro basi sociali di riferimento e privilegiando i problemi istituzionali, la cui considerazione spesso non aveva nulla a che fare con i problemi sociali per la cui soluzione quella dei problemi istituzionali veniva invocata.

    E’ a partire da quello smarrimento del reale che è nato tutto il seguito: fine della prima Repubblica, smantellamento dell’economia mista, crisi del Welfare State, riforme confuse della Costituzione, “grillismo”, “renzismo” e così via. E’ di ciò che si deve tener conto, per pervenire alla elaborazione di un progetto sociale che – oltre a recepire le istanze sinora alla base delle lotte della società civile – sappia anche indicare il verso delle riforme istituzionali eventualmente necessarie. Per raggiungere questo obiettivo, forse non saranno sufficienti le linee indicate da Rodotà, ma qualche sforzo innovativo e creativo e qualche tempo in più per dare una rappresentanza politica reale ad un protestatarismo casuale ed emotivo. E sin tanto che non si perverrà all’elaborazione di un nuovo progetto sociale e alla prefigurazione di quanto potrebbe essere necessario a livello istituzionale, qualsiasi iniziativa volta a garantire una rappresentanza politica alla protesta della società civile è destinata a tradursi in un sicuro nulla di fatto.

  

 

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Il canto di una classe

 

di Giorgio Morale

 

In questa puntata vivalascuola presenta poesie di poeti di oggi dedicate agli studenti: è scuola anche questo, per fortuna:

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/02/10/vivalascuola-163/

 

Osserva Francesco Tomada nella sua introduzione ai testi: "Scrivere poesie che parlano degli studenti, in molti casi dei propri studenti – bambini, ragazzi – è un’operazione pericolosissima: il rischio è infatti quello di sommare alla difficoltà di accesso che la poesia spesso porta in sé quella atmosfera paternalistica, o moralistica, che deriva dal fatto di insegnare, trasmettere qualcosa o almeno sforzarsi di farlo. Allora sgombriamo subito il campo dalle congetture, dicendo che nei testi raccolti in seguito ciò non accade".

    

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Che famiglia!

 

Appartengo a una generazione che ha goduto della possibilità di leggere - quando era ancora “di sinistra” - un quotidiano (fondato da Antonio Gramsci) cui collaborava, con velenosissimi “corsivi”, un certo Mario Melloni, transfuga dall’allora Dc al Pci.

    “Fortebraccio” - questo lo pseudonimo con il quale il Melloni esercitava (quotidianamente) la nobile arte della satira - amava alludere a Gianni Agnelli come a quello con “la faccia da vacanziere” o, più prosaicamente - stante (forse) l’insolito “vezzo” dell’orologio da polso sul polsino della camicia, se non del pullover - definendolo “la fotocopia di un vero signore”!

    Non avrei, però, mai immaginato di dover essere anche testimone di ben altre “cadute di stile”!

    In particolare, da parte di quel Lapo Elkann, tanto irresponsabile da pretendere di assorbire, con fatua “nonchalance”, un micidiale cocktail (di oppio, eroina e cocaina) e, soprattutto, così esigente - stando alle cronache del tempo - da esercitare le sue “particolari” fantasie sessuali con - addirittura - quattro partner d’indefinito genere.

    Ciò nonostante, m’illudevo che il trascorrere degli anni e un sopraggiunto sussulto di sobrietà (mi verrebbe da dire: di “dignità”), contribuissero a rendere uno sbiadito ricordo le numerose “performance” di un giovane rampollo di casa Agnelli.

    Purtroppo, però, al peggio non c’è mai fine!

    Alludo al recente exploit di quello che, giustamente, Marco Palombi - attraverso le colonne de ”Il fatto quotidiano” - definisce: ”La fotocopia di un vero imprenditore”.

    L’altro Elkann (John), che - “determinato” ad accettare qualsiasi lavoro - non ebbe alcuna esitazione, come lui stesso ha la bontà di confermare, ad accettare l’offerta di “andare a lavorare” entrando a far parte, ad appena 21 anni, del CdA della Fiat!

    Un’evidentissima conferma di quella “disponibilità” al lavoro che - secondo quanto da lui sostenuto nel corso di un incontro con un gruppo di studenti delle scuole superori della provincia di Sondrio - manca ai giovani disoccupati italiani.

    Infatti, a parere di “Jaki”, “molti ragazzi non colgono le tante opportunità che ci sono perché stanno bene a casa o perché non hanno ambizione”!

    A questo punto - in nome e per conto di oltre un milione di giovani disoccupati - non resta che aggiornare la speciale classifica tra quelli che “Parlano, ma non sanno quel che dicono”. Tra “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, “schizzinosi” di Elsa Fornero e “l’incapacità, di cogliere le offerte” - secondo il giudizio dell’ultimo arrivato - c’è ampia facoltà di scelta.

    Tra l’altro, è opportuno evidenziare che a esprimere tali insulse considerazioni non è solo un giovane (incidentalmente, per nascita) “baciato dalla fortuna”, ma, soprattutto, il rappresentante di un gruppo che - mentre ha più lavoratori in Cassa integrazione che non addetti alle linee di montaggio - continua a dedicare sempre più energie alle “delocalizzazioni”, spostando all’estero anche la Sede legale, che non alla ripresa delle attività produttive nel nostro Paese.

 

Renato Fioretti, Milano

  

 

Riceviamo e volentieri segnaliamo

EMIGRAZIONE ITALIANA

 

Un ritorno al passato

 

L’Esecutivo nazionale della Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (FCLIS) esprime la profonda delusione per il risultato della consultazione popolare di domenica 9 febbraio 2014 che ha visto il 50,3 % dei votanti svizzeri, con uno scarto di sole 19.516 schede, accogliere l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”.

    È un elettorato che si è lasciato convincere dalla propaganda equivoca dell’UDC (Unione Democratica di Centro) che è riuscita nell’intento di diffondere preoccupazioni legate al presunto rischio di un’invasione massiccia di “stranieri”.

    Se ciò è lontano dalla realtà, tuttavia sono concrete le paure, le preoccupazioni di diversi settori dell’opinione pubblica, soprattutto in regioni di confine, sul dumping salariale e la perdita di posti di lavoro.

    Ma la proposta presentata dall’UDC non risolve questi problemi, li aggrava e abolendo il principio della libera circolazione delle persone, vanifica gli accordi bilaterali con l’Unione Europea, compromettendo le relazioni economiche e commerciali con il continente.

    Non per nulla il Referendum è stato osteggiato all’unisono dal Parlamento, dalle associazioni degli industriali e da tutti gli ambienti economici.

    Con il voto del 9 febbraio 2014, la Svizzera appare come un Paese che si chiude in sé stessa, che vuole gestire autonomamente i flussi migratori, reintroducendo i contingentamenti dei lavoratori stranieri, la limitazione del diritto di soggiorno e ripercorrendo un pericoloso e iniquo passato di divieti e restrizioni.

    L’Esecutivo FCLIS si preoccupa vivamente del fatto che la vittoria dei SÌ tenderà ad esasperare sentimenti xenofobi, di chiusura e intolleranza nei confronti degli immigrati, non solo in Svizzera, ma anche in Italia e in altri Paesi europei già percorsi da tendenze populiste e reazionarie.

    Sono anche queste le ragioni che inducono la Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera a temere le ripercussioni che l’esito della votazione elvetica possa avere sulle consultazioni europee in programma nel maggio prossimo.

    L’Esecutivo FCLIS si augura che finalmente si affrontino la questione degli immigrati e dei lavoratori frontalieri, con lungimiranza, con una visione internazionale e con serie politiche d’accoglienza e d’integrazione.

    La FCLIS invita i propri iscritti e simpatizzanti a rafforzare, in questa difficile situazione, i rapporti di conoscenza, di comprensione e di amicizia con i cittadini svizzeri.

 

Esecutivo Nazionale FCLIS

Zurigo, febbraio 2014

 

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato l'Avanti! clandestino (in co-edizione) durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

   

 



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