[Diritti] Anarres-info. Forconi a Torino: i figli del deserto



Anarres-info. Forconi a Torino: i figli del deserto

Forconi a Torino. I figli del deserto
Decodificare quanto è accaduto a Torino nell’ultima settimana non è facile. Specie se lo si fa con lo sguardo interessato di chi sceglie un punto di vista di classe, di chi ha l’attitudine alla partecipazione diretta, di chi mira alla costruzione di esperienze di autogoverno territoriale fuori tutela statale, definendo uno spazio e un tempo capaci di attraversare l’immaginario sociale, facendosi pratica concreta.
Nella sinistra civilizzata e di governo c’è da decenni un netto disprezzo per l’Italia a cavallo tra Drive in e il presidente operaio e puttaniere. L’Italia che si è affidata per vent’anni ad un partito capace di attuare politiche ultraliberiste, garantendo altresì la sopravvivenza di figure sociali che altrove la globalizzazione ha spazzato via: commercianti, artigiani, padroncini, agricoltori su scala familiare o con pochi dipendenti.
La settimana precedente quella del 9 dicembre, il governo, intuendo la miscela esplosiva che si stava preparando, ha concesso tutto quello che volevano alle organizzazioni degli autotrasportatori, mentre la moderatissima Coldiretti ha organizzato la manifestazione al Brennero, dove venivano bloccati e perquisiti i camion con la benedizione del ministro. Dopo i blocchi e le “perquisizioni” sulla A32 durante l’estate No Tav, Alfano ordinò cariche, arresti e l’invio di altri 250 militari in Clarea. Evidentemente questo governo, soprattutto nella sua componente di destra, mira a evitare lo strappo con alcuni dei propri settori sociali di riferimento, concedendo spazi di manovra negati ad altri.
La sinistra civilizzata, nei brevi periodi in cui è riuscita a saltare in sella al destriero governativo ha garantito la vita facile alla grande industria, facilitando la demolizione mattone su mattone di ogni forma di tutela per il lavoratori dipendenti e collaborando attivamente nella trasformazione di tanti di loro in lavoratori indipendenti ma di fatto subordinati. In tempi di crisi il popolo delle partite IVA si ritrova nella stessa condizione dei mercatari torinesi cui il comune chiede 500 euro al mese per la pulizia dei mercati. A tutti questi si aggiungono i tanti giovani – uno su quattro dicono le statistiche – che non hanno né un lavoro né un percorso formativo. Per non dire dei ragazzi degli istituti professionali che sanno di essere parcheggiati in attesa di disoccupazione.
Nelle piazze torinesi animate dal popolo delle periferie, quello cresciuto tra facebook e il bar sport, si sono ritrovati quelli dei banchi dei mercati, qualche disoccupato, i ragazzi degli istituti professionali.

Nella sinistra intorno alle giornate di lotta indette dal “
coordinamento 9 dicembre” si è sviluppato un dibattito molto ampio, spesso anche aspro.
Di fronte all’ampiezza della partecipazione, alcuni hanno osservato che era difficile che il mestolo stesse in mano alla destra cittadina. A Torino sia la Destra istituzionale – Fratelli d’Italia – sia chi – come Forza Nuova e Casa Pound – vive nel limbo tra istituzioni e velleità rivoluzionarie – non avrebbero un peso ed una capacità organizzativa tali da poterlo fare.

Un fatto è certo: nelle piazze di Torino e dintorni i rappresentanti di queste formazioni si sono fatti vedere più volte accolti dagli applausi della gente. Come è certo che buona parte delle tifoserie torinesi, ben presenti nei giorni più caldi, siano ormai da lunghi anni egemonizzate dall’estrema destra. In almeno un caso un esponente di “Alba Dorata” è stato cacciato dal blocco di piazza Derna grazie alla presenza di esponenti di sinistra, che avevano deciso di partecipare all’iniziativa. È tuttavia un caso isolato che non cambia il quadro. Anche la favola dei profughi africani, accolti con un applauso da quelli del “coordinamento 9 dicembre” è stata è stata
ampiamente sfatata da resoconti circolati successivamente.
La questione è comunque mal posta. Qualunque sia stato il peso della destra, nelle sue varie componenti, la domanda vera è un’altra. Il movimento che si è espresso nelle piazze in un garrir di tricolori, inviti alla polizia a fraternizzare, richiami all’unità della nazione contro la casta corrotta e asservita ai diktat dell’Europa delle banche è un movimento di destra o no?
Noi pensiamo di si.
I resoconti fatti girare dalla sinistra radicale torinese hanno privilegiato l’immagine di piazze ambiguamente acefale: prive di capi, prive di organizzazione, prive di reale comprensione delle ragioni che li avevano condotti lì. Una sorta di creta che chiunque avrebbe potuto plasmare e dirigere. Una descrizione a mio avviso inconsapevolmente intrisa di orgoglio intellettuale e del mai sopito sogno di poter governare o alimentarsi delle jacquerie. Alcuni ne hanno assunto il mero contenuto antisistema, nella vecchia convinzione che il nemico del tuo nemico è un tuo amico. Una mostruosità ideologica che abbiamo visto annegare nel sangue tra Baghdad e Kabul ma sinora non ci aveva toccato da vicino.
Bisogna guardare in faccia la realtà. Una realtà che certo non ci piace, ma il mero desiderio di vederla diversa non si concreta, se non la si sa vedere per quello che è. I protagonisti di questi giorni di blocchi e serrate sono i figli del deserto sociale degli ultimi trent’anni. Gente che credeva di avere ancoraggi e certezze e oggi si trova sospesa sul nulla.
Abbiamo tentato un’
analisi della composizione di classe di questo movimento, della sua natura popolare, periferica, perché avvertivamo forte la necessità di capire ed intervenire per poter fermare l’onda lunga di destra che ha messo a loro disposizione un lessico comune, una chiave di lettura ed un orizzonte progettuale.
Siamo andati nelle piazze e nei bar ad ascoltare e capire il vento che stava cambiando, perché in periferia, tra i mercati e le strade attraversate dai cortei per l’ordine e la legalità, tra la gente che fatica a campare e non vede prospettive, ci siamo da anni. Da anni sappiamo che l’incapacità di parlare con gli italiani poveri, quelli che guardano con simpatia alla destra xenofoba e razzista, quelli che avevano qualcosa e ora hanno solo paura, avrebbe aperto la strada a chi predica il governo forte, la polizia ovunque, la nazione contro la globalizzazione, l’unione degli italiani, sfruttati e sfruttatori contro il grande complotto internazionale delle banche. Oggi lo chiamano signoraggio: non puntano il dito sugli ebrei ma la melodia della canzone è la stessa dagli anni Trenta del secolo scorso. Gli stranieri di seconda generazione che sventolavano il tricolore con i loro colleghi del mercato, sebbene in realtà pochini rispetto la realtà dei banchi, non ci stupiscono: li abbiamo visti inveire contro altri stranieri, ultimi arrivati che “delinquono”. Molti di loro assumono giovani connazionali poveri e li sfruttano senza pietà così come gli italiani doc. Il gioco del capitalismo piace ad ogni latitudine.
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Tav. Due presidi e tre processi
Sabato 14 dicembre. Siamo sul limite di un nulla metropolitano, nel piazzale del capolinea del tram 3, a pochi passi dalle recinzioni che delimitano il perimetro del carcere delle Vallette.
Dal 9 dicembre nei bracci che soffocano le vite di un’umanità pressata dentro quattro mura sempre più strette ci sono quattro No Tav,
accusati di terrorismo. Secondo i PM Rinaudo e Padalino, nella notte tra il 13 e il 14 maggio, avrebbero partecipato all’azione di lotta al cantiere/fortino della Maddalena. In quell’occasione i No Tav riuscirono a cogliere di sorpresa la polizia, ad entrare nel cantiere, mandano in fiamme un compressore.
Ad attendere i No Tav c’é un imponente apparato poliziesco, che ha chiuso ogni casso ai due pratoni limitrofi al carcere ed impedisce al camion dei manifestanti di avvicinarsi alla recinzione con il camion con l’amplificazione.
I No Tav tagliano per il prato e si avvicinano alle reti dove partono saluti, slogan, canti, petardi e fuochi d’artificio: dopo circa mezz’ora partono per un giro intorno al carcere, placcati da vicino dalla polizia, che evidentemente avrebbe voglia di menare le mani.
Dopo due ore gli attivisti tornano al piazzale, i poliziotti restano a bocca asciutta.
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Il 9 dicembre dei profughi
Quando, dopo l’incontro del 26 novembre con l’assessore Tisi, la decisione sulle richieste di residenza dei rifugiati e profughi che occupano l’ex MOI, era stata rimandata al 9 dicembre, nessuno o quasi pensava alla coincidenza con la serrata di negozi e mercati nel primo giorno di blocchi del “
coordinamento 9 dicembre“.
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Fronte del Tav. Perquisizioni ed arresti
Due settimane molto intense di lotta No Tav tra
Torino e la Val Susa, che si sono concluse con perquisizioni ed arresti tra Torino e Milano. Un’operazione repressiva che, come abitudine della procura torinese, arriva subito dopo un periodo molto intenso di iniziative.
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Grecia. Scontri ed arresti a cinque anni dall’assassinio di Alexis
Tredici arresti e 191 fermi. Questi i numeri della repressione delle manifestazioni svoltesi in tutta la Grecia nel quinto anniversario dell’assassinio di Alexandros Grigoropulos, ucciso dalla polizia.  I controlli soffocanti sono stati la premessa di una violenza fuori dall’ordinario scatenata dalla polizia.
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Folletti No Tav a Torino
Questa notte – lo scrive il sito
Indymedia Piemonte – ci sono state alcune azioni di disturbo di alcune ditte di Torino e dintorni che lavorano per il cantiere/fortino della Maddalena.
Di seguito il comunicato diffuso.
“8 dicembre. Nell’ottavo anniversario dell’Immacolata ribellione del dicembre 2005 Giacu Trus, cugino torinese del più noto Giacu d’la Clarea, ha visitato alcune delle ditte che hanno scelto di lavorare nel cantiere/fortino della Maddalena.
Ditte che, pur di guadagnare, non si vergognano di collaborare con chi sta cercando di imporre con la forza la realizzazione di un’opera contro cui si batte da quasi 25 anni un movimento popolare, che resiste nonostante l’incrudirsi della repressione.
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Feste, farina e forconi
È mio vecchio convincimento, che con il tempo si è rafforzato, che gran parte di ciò che è veramente interessante avviene al di fuori del cono di luce mediatico e che anzi, paradossalmente ma non troppo, alcune vicende che trovano uno spazio enorme nei media sono assolutamente prive di interesse reale.
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No Tav. Notti agitate per le truppe di occupazione
Fronte del Tav. Giorno dopo giorno, si moltiplicano le azioni contro le truppe di occupazione e le ditte collaborazioniste.
Nella settimana tra il 21 e il 29 novembre i folletti No Tav hanno più volte disturbato il sonno e la tranquillità dei militari.
Il 21 novembre è toccato ai cacciatori che dormono all’hotel S. Giorgio di Sangano, svegliati da un gruppo di No Tav e folletti scesi dai monti, Il 28 novembre Maddalena Libera e un’allegra brigata di burloni ha chiuso con una catena l’ingresso carrabile della Caserma Ceccaroni di di Rivoli, dove sono di stanza gli alpini, in servizio nel cantiere. Il 29 novembre è toccato ai finanzieri che fanno un soggiorno dorato all’hotel Bucaneve di Bardonecchia: un gruppone di No Tav li hanno salutati rumorosamente con slogan, striscione e “Bella ciao”. Sulla strada del ritorno i No Tav della Bassa Valle e di Torino si sono fermati per un breve ma caloroso saluto ai carabinieri che dormono al Napoleon di Susa.
Notti agitate per i collaborazionisti e per le truppe di occupazione.
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Anarchismo e democrazia
Spesso nei movimenti sociali – ma non solo – emerge la tendenza a considerare l’anarchismo una sorta di democrazia radicale. Niente di meno vero, perché l’anarchismo si definisce nel rigetto di ogni delega istituzionale e nel rifiuto del principio di maggioranza come criterio decisionale.
Sin dalla propria costituzione l’anarchismo vive in opposizione alla nascente democrazia, di cui denuncia il carattere intrisecamente autoritario basato su un’uguaglianza formale tra uomini divisi da un divario di classe inscritto nelle costituzioni liberali, che consentono la proprietà privata dei mezzi di produzione.
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Soldi per le avventure belliche dell’Italia
(…) il parlamento ha trasformato in legge il decreto sul finanziamento delle missioni militari all’estero.
I militari italiani sono impegnati in 25 missioni internazionali. La spesa complessiva del dl è di circa 265 milioni di euro – 265.801.614 per la precisione – tra rifinanziamento delle missioni, competenze del ministero degli esteri e “interventi umanitari”. Per le prime due voci il costo è di 256 milioni di euro.
La legge approvata continua a sostenere che “Le missioni delle Forze Armate e di Polizia italiane sono “iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione“. Quelli approvati questa settimana e più volte finanziati dal parlamento non sarebbero interventi di guerra, ma operazioni di mantenimento, istruzione, formazione e controllo di territori a rischio, dove sono in corso conflitti.
I dati a nostra disposizione, specie per l’Afganistan dove l’Italia è maggiormente impegnata, raccontano un’altra storia, la storia di un’occupazione militare violenta, fatta di bombardamenti, mitragliamenti, perquisizioni notturne, assassini di civili. Una storia di guerra.
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Stati Uniti. La rivolta dei lavoratori/spazzatura
Lo chiamano sciopero dei fast food, ma in realtà i lavoratori che “girano hamburger” sono la testa di ponte di un movimento più vasto che mira ad innalzare la paga minima oraria, che negli Stati Uniti è ferma a 7,25 dollari dal 2009. Giovedì è stato indetto uno sciopero di categoria, che mira ad ottenere 15 dollari orari.
Negli Stati Uniti gli scioperi generali sono illegali: chi li indice rischia la galera. Quelli di domani in oltre cento città saranno tanti scioperi autonomi, uniti dal comune obiettivo di dare una robusta spallata al consolidato sistema di sfruttamento dei lavoratori delle catene che cucinano e distribuiscono il cibo/spazzatura che mangiano la gran parte degli americani poveri. Quelli che nelle statistiche e nell’iconografia sono rappresentati nella gonfia obesità che è il tratto caratteristico di chi mangia hamburger tripli, pollo fritto e patatine.
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Spray al peperoncino. Repressione sempre più piccante
Spray al peperoncino in dotazione a poliziotti e carabinieri. La sperimentazione partirà a gennaio a Roma, Milano e Napoli. Via libera, dunque, allo spray che nebulizza un principio attivo a base di Oleoresin Capsicum, sostanza irritante, a non più di 3 metri di distanza.
Lo spray sarà inizialmente assegnato poliziotti della Polfer Stazione e Volanti di Milano, nonché ai carabinieri dei reparti operativi di Roma e Napoli. Sono esclusi, per ora, i reparti mobili.
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I conti dell’Italia tra le bacchettate di Rehn e la mini IMU
Reazioni irritate di Napolitano e Letta alle dichiarazioni del commissario agli affari economici dell’UE Olli Rehn, che ieri ha sostenuto che l’Italia non starebbe rispettando gli obiettivi di riduzione del debito fissati dall’UE. Napolitano nega ma nei fatti rilancia sostenendo che oggi occorre privilegiare la crescita e la ripresa dei consumi. Letta gli fa eco, sostenendo che il prossimo anno sarà decisivo per l’Europa, che rischia, se non prende il volo, di avvitarsi.
Sullo sfondo il pasticcio dell’IMU, che riapparirà il prossimo anno travestita da IUC, mentre, nel gioco delle aliquote e dei rimborsi tra potere centrale ed amministrazioni locali, c’é la concreta possibilità che il prossimo 16 gennaio ci tocchi pagare la differenza tra l’aliquota base del 4% e quella effettivamente applicata da numerosi comuni. A Torino è del 5,75%.
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Torino. Via i fascisti da Barriera!
I fascisti di “Fratelli d’Italia” fanno le ronde per la “sicurezza” in Barriera di Milano. Per loro la “sicurezza” sono polizia, tribunali e carceri.
Vogliono imporre con la forza gli interessi di chi si fa ricco sfruttando il lavoro. Sono dalla parte di chi vuole che precarietà, disoccupazione, lavoro nero, salari sempre più bassi siano il nostro pane quotidiano. Un pane duro da mangiare in silenzio senza alzare la testa.
I fascisti fanno guerra ai poveri. Oggi come nel 1920. Oggi come ai tempi della guerra partigiana.
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La sfida imperiale tra Cina e Stati Uniti
Le isole Senkaku sino a pochi giorni fa le conoscevano in pochi. Poco più di grandi bellissimi scogli tra Okinawa e la costa cinese, non lontano da Taiwan, queste isole erano cinesi sino al 1995, quando se ne impadronì il Giappone. Dopo la seconda guerra mondiale le Senkaku ebbero lo stesso destino delle grandi isole che costituiscono il Giappone: rimasero sotto il controllo statunitense sino al 1971. Dall’anno successivo vennero restituite al governo nipponico.
Sia la repubblica popolare cinese sia Taiwan le hanno sempre reclamate per se.
Il governo giapponese, pur non mollando la presa, ha sempre avuto una politica molto prudente, evitando sia insediamenti sulle isole che erano e sono ancora disabitate, sia installazioni militari.
La decisione di Pechino di includere le Senkaku nello spazio di protezione aerea della Cina ha suscitato la pronta reazione degli Stati Uniti che hanno spedito i B52 a sorvolare l’area. In questi giorni tra aerei militari cinesi, giapponesi, sudcoreani, statunitensi il cieli delle Senkaku sono molto affollati.
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La Grande Guerra. Rieducazione patriottica
Il governo Letta è stato molto generoso con le forze armate italiane. La falce che ha tagliato stipendi e servizi, non si è abbattuta sull’apparato militare italiano. Anzi!
La sola marina militare ha fatto un incasso miliardario per l’ammodernamento della flotta: il ministro Mauro ha portato a casa un bel malloppo per la guerra, per chi la fa e per chi produce le armi.
Le avventure belliche italiane debbono essere sostenute da un forte apparato propagandistico, perché nel nostro paese l’avversione alla guerra è ancora molto forte.
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Il trionfo del berlusconismo
il Senato ha votato la decadenza di Silvio Berlusconi. Il funambolo dalle mille risorse e dalle infinite trovate, capace di vendersi per oltre vent’anni meglio di una rock star, esce dalla scena parlamentare italiana.
Ne usce – e non paia un paradosso – da vincitore.
Il cavaliere ha calcato la scena politica con le qualità di un attore consumato, capace di interpretare più ruoli, di cogliere e, insieme, creare il clima più propizio. La metafora teatrale riassume con efficacia la parabola politica di chi ha traghettato il nostro paese dal Novecento dell’ideologia al secondo millennio del lunapark globale, tra la roulette russa della finanza e l’effimero perenne della merce.
Nella sua cassetta degli attrezzi tanto avanspettacolo anni Trenta, reinterpretato assorbendo gli umori di un paese, che a dispetto di bordelli e ruberie, o, meglio, grazie a bordelli e ruberie si è identificato e ancora si identifica in lui.
Una sinistra moralista senza alcun barlume di etica ne è stata risucchiata, frullata e risputata fuori a Sua immagine e somiglianza.
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Rom a Milano.Sgomberi e sfruttamento
700 persone gettate in strada all’inizio dell’inverno. E’ successo a Milano il 25 novembre. Una vecchia fabbrica dismessa tra via Montefeltro e via Brunetti era il rifugio per uomini, donne e bambini senza casa, in buona parte rom rumeni. Per portare a termine l’operazione sono stati impiegati 400 tra vigili e poliziotti dell’antisommossa.
Liquami e topi, immondizia e fetore, un brutto posto per vivere, ma pur sempre meglio della strada alla quale sono stati consegnati dopo lo sgombero invocato da tanti “bravi” cittadini contrari al degrado. Tanti bravi cittadini cui poco importa dove vivano i rom: l’importante per loro è che siano cacciati. Lontano. Lontano dalle loro case, lontano dalle paure alimentate dal pregiudizio.
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La grande partita del medioriente
(…) un duplice attentato ha colpito il quartiere Bir Hassan nel sud della capitale libanese. Una zona elegante dove si trova sia l’ambasciata iraniana sia la dirigenza di Hezbollah, la milizia shiita, che affianca il regime di Bashar Hassad nella guerra civile contro l’esercito libero della Siria. L’attentato nel quale sono morte 23 persone e altre 146 sono rimaste ferite, è stato rivendicato dal gruppo jihadista delle Brigate Abdullah Azzam.
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Appuntamenti fissi

Ogni lunedì ore 21 – al presidio No Tav di Venaus – riunione del gruppo di monitoraggio del cantiere.

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Ogni martedì riunione del collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” ore 21 in corso Palermo 46.
Il numero contro gli abusi psichiatrici funziona tutti i giorni con segreteria telefonica. Il martedì – dalle 19 alle 21 - rispondiamo direttamente.
Segnati il numero e fallo girare. 328 7623642
Nel fine anno il collettivo non si riunisce. La prossima riunione sarà martedì 7 gennaio 2014.

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Ogni giovedì – ore 21 in corso Palermo 46 - riunione degli anarchici della FAT aperta a tutti gli interessati. La prossima riunione sarà giovedì 19 dicembre. Poi ci sarà una pausa sino a giovedì 9 gennaio


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Ogni venerdì – dalle 10,45 alle 12,45 – anarres va in onda sui 105,250 delle libere frequenze di radio blackout. Se sei lontano puoi sentire anche in streaming accedendo dal sito della radio
www.radioblackout.org. La trasmissione del 20 dicembre probabilmente sarà l’ultima dell’anno.

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Appello. 10.000 euro di solidarietà

Cari compagni e compagne,
siamo obbligati a fare appello alla vostra solidarietà attiva. Numerosi compagni e compagne della Federazione Anarchica Torinese sono sotto processo per la loro attività politica e sociale. Abbiamo in corso ben due maxi processi per la nostra attività antirazzista, un processo per antifascismo, uno per antimilitarismo, uno per il nostro impegno nel movimento No Tav.
Banali azioni di informazione e lotta sono entrate nel mirino della magistratura. Un presidio antirazzista diventa violenza privata, una performance antimilitarista un’offesa alla sacralità dell’esercito, il buttare via un manifesto fascista danneggiamento, un’azione popolare di contrasto al Tav viene perseguita con durezza.
Alcuni di noi hanno già subito nel recente passato condanne per la propria attività politica. Alcuni di noi rischiano la galera.
Siamo convinti che il miglior modo per rispondere alla repressione dello Stato consista nel continuare con ancora maggior impegno le lotte nelle quali siamo impegnati.
Siamo anche convinti che campagne pubbliche di appoggio ai compagni finiti nel mirino della magistratura possano riportare sul terreno della lotta le vicende che lo Stato vorrebbe relegare in un’aula di tribunale.
I processi hanno anche un costo molto elevato, sia per gli avvocati che per tutte le carte che la burocrazia della repressione pretende.
Ci servono urgentemente circa 10.000 euro.
Non siamo in grado di farcela da soli.
Il conto corrente postale cui potete inviare i vostri contributi è il numero – 1013738032 – intestato a Maria Margherita Matteo, Torino.

codice IBAN IT35 Y076 0101 0000 0101 3738 032

Codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXX
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