[Diritti] ADL 131114 - L’avvenire degli schiavi



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero www.avvenirelavoratori.eu

Sede: Società Cooperativa Italiana Zurigo - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

 

La più antica testata della sinistra italiana, fondata nel 1897

La Newsletter dell'ADL di oggi – 13.11.2013 – è inviata a 40'465 utenti

Direttore: Andrea Ermano

   

 

Per disdire / unsubscribe / e-mail > unsubscribe_adl at vtxmail.ch

Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni

In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni

   

 

IPSE DIXIT

 

L’avvenire degli schiavi - «L'avvenire è il solo tipo di proprietà che i padroni concedono volentieri agli schiavi.» – Albert Camus

 

Uomo in rivolta - «Cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no.» – Albert Camus

 

La creatura - «L'uomo è la sola creatura che rifiuti di essere ciò che è.» – Albert Camus

 

Mezzi e fini - «Il fine giustifica i mezzi? È possibile. Ma chi giustificherà il fine? A questo interrogativo, che il pensiero storico lascia in sospeso, la rivolta risponde: i mezzi.» – Albert Camus

 

Infine - «L'uomo infine non è interamente colpevole, non ha dato inizio lui alla storia; né del tutto innocente, poiché la continua.» – Albert Camus

 

cid:image002.jpg@01CEDFE0.B71AFA70

 

Tiziano, Sisifo, olio su tela (ca. 1548, part.)

  

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.03, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione o da fonti di pubblico dominio o da risposte ad E-mail da noi ricevute. Il nostro servizio d'informazione politica, economica e culturale è svolto senza scopo di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico e un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.03, 196, Art. 24).

   

 

La situazione a sinistra

 

Pasticci

 

Che il Pd fosse, geneticamente, impossibilitato a divenire un partito lo abbiamo sostenuto più volte. I fatti ci stanno dando ancora una volta ragione, ma che si arrivasse a questo punto, era difficilmente immaginabile. E, anche solo raccontare il caos imperante, è impresa ardua.

 

di Paolo Bagnoli

 

Ciò che si può dire è, a situazione data, che il Pd non dà garanzia alcuna di essere la soluzione né per la crisi politica aspra che investe la Repubblica né per il governo del Paese.

    Questa situazione rappresenta per qualcuno la fine di una speranza, per altri la conferma che i pasticci generano solo pasticci. Oramai non ci crede più nemmeno Prodi, padre nobile e tradito che ha confermato la veridicità del detto secondo cui la vendetta si consuma a freddo. Nemmeno Prodi, tuttavia, è esente da responsabilità; ma facciamogli almeno l’onore delle armi, come dignità richiede.

    Nel Pd il momento della scissione tra le due anime questa volta sembra aver fatto qualcosa di più che un semplice capolino sulla ribalta. A cancellare ogni equivoco su cosa il partito non deve assolutamente essere ci ha pensato Giuseppe Fioroni il quale, alla notizia che Epifani avrebbe organizzato per il prossimo febbraio a Roma il congresso del Pse, ha detto con chiarezza: "Sarebbe una mutazione genetica che trasformerebbe i democratici in un soggetto di sinistra e annullerebbe di fatto lo scioglimento della Margherita. Nelle clausole risolutive del patto fondativo del Pd era espressamente indicata la condizione di non iscriversi al Pse" (Corriere della Sera,10.11.2013). Tra tante altre interessanti cose, Fioroni ha aggiunto che il fine del soggetto era quello “di superare le vecchie famiglie europee, mettendo insieme moderati e riformisti”. Vaste programme, cher monsieur.

    Vediamo, allora. In primo luogo: che senso avrebbe per un partito non aderente al Pse organizzarne il congresso? Di riscontro: secondo quali presupposti il Pse potrebbe dare in appalto a una forza estranea un simile evento, e per di più alle soglie delle elezioni europee? Forse perché spera che il Pd entri nel Pse o forse perché il Pd vuole entrarvi. Tutto può essere. Ma, se così fosse, non ci sembra questa la prassi più seria.

    Il Pd non appartiene a nessuna delle strutture internazionali del socialismo. E ciò in coerenza con se stesso, poiché, come ricorda Fioroni, il suo fine era il "superamento" di cui sopra. D’altronde Veltroni – ricordate? – aveva declamato che “il socialismo è morto e la sinistra è finita.” Da qui la conferma certificata del fatto, anche questo da noi sostenuto, che il Pd non può essere una forza della “sinistra” intendendo se stesso appunto come "superamento delle vecchie famiglie".

    Ritenere il socialismo morto significa porsi oltre. Dove? In un altrove che è rimasto a tutt'oggi sconosciuto, eccezion fatta per la sua distanza dalla storia, la funzione, i valori e la cultura del movimento operaio, cioè dal motivo conduttore del socialismo europeo e della sinistra in generale. Essere posizionati alla sinistra di Berlusconi non vuol dire essere la “sinistra”.

    Che al Parlamento europeo vi sia un gruppo “dei socialisti e dei democratici” riflette una necessità parlamentare, non un indirizzo strategico: necessità che è stata equivocamente usata per mere esigenze tattiche creando confusione e, talora, pure inganno. Dunque, il Pd non riesce a essere un partito. Ma, se vi riuscisse, sarebbe quello indicato da Fioroni. E a corollario di ciò domandiamo ancora una volta che cosa rappresenti il Psi (partito membro del PSE) se non riesce nemmeno a mugolare come il coro muto della Madame Butterfly!

    Tutto ci conferma nel convincimento che, nel quadro ricostruttivo della democrazia italiana, la questione della ripresa socialista, cui è strettamente collegata quella della sinistra, è assolutamente tra quelle centrali. Occorre un socialismo di sinistra, un pensiero politico autonomo, compiuto e marcatamente europeista.

    La verità, anche in questo caso, è semplice: per il socialismo occorrono i socialisti, fieri e consapevoli di esserlo e di volerlo essere; occorre una ripresa dell’elaborazione culturale, a partire dalla concretezza delle questioni sociali drammatiche che sono sul tappeto. Occorre uscire dal sonnecchiamento in cui tanti luoghi socialisti sono stati fino ad oggi, per tentare un’impresa assai difficile, come lo sono quelle che si pongono quali scommesse sulla storia: quella del presente e del futuro, s’intende, nel solco di un’identità ideale che viene dal passato.

    Le scommesse sulla storia non hanno mai certezze. E tuttavia la loro assenza non è nemmeno rassegnazione, ma solo correa negativa responsabilità.

    Noi crediamo che le battaglie si danno perché si ritiene sia giusto e doveroso farlo. Quali saranno i loro esiti mai nessuno può dire.

 

cid:image004.jpg@01CEE05E.83359E80

 

Foto di famiglia con Enrico Letta (Meeting dei

leader socialisti europei – Bruxelles, 24.11.2013)

   

 

SPIGOLATURE 

 

LE ANIME PERSE

 

di Renzo Balmelli 

 

RILANCIO. Se ci fosse un Gogol contemporaneo, più che di anime morte parlerebbe delle anime perse della sinistra, tesa a inseguire un'ansia di rinnovamento che tra i brandelli del passato e le foglie al vento del presente non riesce a costruirsi una nuova identità per il futuro. Il problema non è tanto la litigiosità che fa da sfondo alle primarie. E' fisiologica. Basta guardare a quello che succede negli Stati Uniti dove i competitori se ne dicono di tutti i colori. No, il problema è che non sono d'accordo su niente, nemmeno sull'adesione al PSE, voluta e rinnegata fino ad arrivare al punto di rottura. E' insomma una questione di cultura politica che se non riesce a esprimere un minimo comun denominatore e uno straccio di modello unitario, difficilmente darà risultati di lunga lena. Senza una visione condivisa un grande partito come il Pd non si rilancia.

 

MISERIA. Nemmeno durante la Prima Repubblica si erano contati così tanti emendamenti per un solo provvedimento. Mai si era arrivati alla cifra mostruosa di 3093, tanti quanti ne sono stati presentati per la Legge di stabilità, frutto di appetiti irrefrenabili. E neanche a cercarla col lanternino si troverà in questa intricata foresta di modifiche, rettifiche e aggiunte, una richiesta che avvicini alla cultura, sebbene sia uno dei temi ricorrenti in ogni dibattito sul declino e la possibile ripresa dell'Italia. In questo settore cruciale il mondo politico italiano , prigioniero delle sue faide quotidiane, ha mostrato un'attenzione sicuramente non pari alla straordinaria potenzialità dell'offerta che ne fa una delle prime al mondo per il pregio artistico e naturalistico. Non meraviglia quindi se all'estero, dove serpeggia lo sconcerto per le evidenti lacune, si parli di " bella miseria" anziché di Bella Italia.

 

MEMORIA. Con la dolente compostezza richiesta dal triste evento, è stata ricordata la Notte dei cristalli che 75 anni fa diede il via al bestiale pogrom nei confronti degli ebrei. Ma poiché l'incontro con la stupidità, lungi dall'essere impossibile, è perfino probabile, le voci stridule non smettono di farsi sentire. Mentre non si è ancora depositato il polverone sollevato da quel signore che confonde l'Italia democratica con la Germania nazista, un suo emulo, ospite a Gerusalemme, ha rincarato la dose asserendo che quel signore e gli ebrei rappresentano i mille volti della persecuzione. Si torna insomma in altra forma sullo stesso parallelo nel tentativo di sdoganare un concetto improponibile che non ha nessuna attinenza con la realtà se non quello di rivendicare il ricorso alla memoria per l'uso personale. Un triste, tristissimo esempio di cupio dissolvi.

 

RIBELLE. Già le origini, umili, in uno sperduto villaggio algerino al tempo del colonialismo, concorsero a fare di Albert Camus l'étranger qui nous ressemble (“lo straniero che ci somiglia”), la scomoda coscienza critica della Francia e dell'Europa. A oltre 50 anni dalla prematura morte in un misterioso incidente e nel centenario della nascita, l'autore francese più letto al mondo, premio Nobel, ammiratore di Silone, ribelle, eroe della Resistenza, assetato di giustizia e libertà, resta una presenza viva per la sensibilità e la capacità di indagare nei meandri dell'essere umano. Autore di capolavori come La peste , Lo straniero e L'uomo in rivolta ci ha lasciato un pensiero attualissimo, non omologabile, vigoroso e quanto mai necessario in quest'epoca povera di visioni illuminanti, segnata dal pressappochismo e dal "bunga-bunghismo" di cui l'Italia sta ancora pagando un prezzo elevatissimo.

 

MILIARDARI. Spuntano come i funghi dopo una spolverata di rugiada, ma sono meno appetitosi. Mentre l'Europa stenta e sul ponte sventola bandiera bianca, i miliardari proliferano a vista d'occhio nei cinque continenti e messi assieme detengono una ricchezza superiore al PIL di tutti i Paesi, tranne USA e Cina. Per loro la crisi è soltanto una parola sotto la lettera "c" del vocabolario, un dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione nel mare sterminato del loro patrimonio complessivo che raggiunge i 3.100 miliardi di dollari. O Dio, anch'essi , poveretti, qualche preoccupazione ce l'hanno. Dover scegliere ogni giorno in quale villa o in quale maniero assecondare la passione per i viaggi, le collezioni d'arte, il golf e i jet privati alla lunga può sfiancare. Vuoi mettere l'adrenalina di una bella fila per un posto di lavoro!

 

ORELLI. Nel mezzo di una situazione difficile che vede critici e letterati accorrere al capezzale della poesia in sofferenza, viene a tacere una delle voci più autenticamente poetiche della nostra epoca: quella del ticinese Giorgio Orelli, considerato uno dei maggiori rappresentanti della poesia contemporanea di lingua italiana. Se l'idioma di Dante, ma anche di Foscolo, Pascoli e Montale, non è ad ammuffire in qualche scaffale, ma continua a far vibrare le corde più profonde dell'animo, gran merito va a questo figlio della valle a ridosso del Gottardo, scomparso a 92 anni, che ha insegnato a intere generazioni a vederlo con occhi nuovi, in tutta la sua ricchezza verbale. Per questa sua capacità di innovare, per il gusto della parola precisa, Orelli oltre che poeta è stato un grande ambasciatore della lingua italiana. Ciò che fa di lui, come disse Gianfranco Contini, un toscano del Ticino.

 

cid:image010.jpg@01CEE05F.237024B0

 

Giorgio Orelli (25..5.1921 - 10.11.2013)

I servizi della RTSI sul poeta scomparso

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

cid:image009.jpg@01CE347D.FD91A4E0

 

Parliamo di socialismo

 

Un nuovo inizio socialista?

 

L’Italia è messa proprio male: parlo non solo dell’Italia economica, perché il giudizio è ovvio. Parlo anche dell’Italia politica: giudizio anche esso ovvio, ma sul quale si può fare un ragionamento e vedere qualche speranza: forse mi ripeto, ma repetita juvant!

 

di Giuseppe Tamburrano

 

L’ostacolo principale è Berlusconi. Proviamo con un esercizio di fantapolitica – che faccio ogni giorno – ad immaginare che scompaia: io credo che avremmo un effetto a cascata che muterebbe profondamente il panorama politico.

    Prima di tutto il suo partito si spaccherebbe: una parte guidata dalla Giovanna D’Arco della Santanchè andrebbe a destra e l’altra con il mite Alfano al centro. Il Governo – se non perde la maggioranza al Senato – non soffrirebbe più il delirio quotidiano e forse riuscirebbe anche a cambiare la legge elettorale e portarci ad elezioni decenti.

    Dunque avremmo una Destra arricchita dal nuovo corso di Storace e abbastanza consistente. Ma avremmo anche un Centro formato dalle truppe di Alfano e dagli altri spezzoni di centro . E potremmo – finalmente! – avere anche una sinistra degna di questo nome. A me ha fatto una grande, positiva impressione la notizia che il PD promuoverà in Italia il congresso del Partito socialista europeo. Bravo compagno Epifani! Se l’iniziativa andrà in porto il PD entrerà nel PSE operando una svolta che ha già messo in allarme gli ex d.c.: Fioroni ha già detto che loro non ci starebbero. Bene! Escono dal PD e vanno a rinvigorire il Centro: tornano a casa! Ed esce pure Prodi!

    Con una legge elettorale ad hoc – il doppio turno alla francese (con qualche aggiustamento all’italiana) – avremmo maggioranze alternative di destra e di sinistra, con un centro ago della bilancia.

    Sogno? Ma perché questo processo non si può compiere? Perché c’è Berlusconi che tiene tutto bloccato attorno ai suoi problemi personali. Facciamo la prova del nove. Il Cavaliere riesce ad uscire dall’Italia (gioco da bambini per un tycoon come lui!) e se ne va in un posto incantevole a godersi gli ultimi anni della sua vita (posto che potrà ribattezzare, volendo, Colombey-les-deux-Eglises, o Isola d’Elba, sognando magari di essere richiamato in patria come De Gaulle o Napoleone). Potrà inondare di messaggi i suoi fedelissimi continuando – o credendo di continuare – ad esercitare la sua influenza in Italia. Ma si leverà di mezzo: e questo è l’importante!

    Sto sognando? E lasciatemi sognare! Sono avanti negli anni anche io e spero di andarmene meno incazzato. Pensate: la sinistra si depura, si unisce e si chiama “socialista europea”! E visto che sogno ad occhi aperti lasciatemi concludere il sogno: si chiama socialista e spende le sue energie non nella rissa attuale ma nel dibattito, anche duro, su qual è il “sol dell’avvenire” nella gravissima crisi odierna del capitalismo finanziario-industriale globalizzato.

    Mia moglie mi ha svegliato: “E’ tardi, bisogna andare a votare alle primarie!”.

    No! Preferisco sognare.

   

 

LAVORO E DIRITTI - 1

a cura di www.rassegna.it

 

Una società del

disimpegno di massa?

 

Giovani italiani: poco volontariato e pochissima politica. I risultati di un'indagine di Ipsos condotta sulla fascia di età 18-29 anni: solo l'1,7% degli intervistati dichiara di militare attualmente e in modo continuativo in una formazione politica. Il 6% fa volontariato con continuità.

 

Solo il 6% dei giovani italiani si dedica abitualmente ad attività di volontariato. E' uno dei risultati che emergono dall'indagine sul 'Volontariato e impegno civile della generazione 18-29 anni', effettuata dalla Ipsos per conto dell'istituto Toniolo, nell'ambito del rapporto Giovani. L'indagine mostra una differenza di sensibilità tra uomini, che si impegnano (tra saltuari e abituali) per il 12,6%, e donne che raggiungono il 14,6%. Anche il titolo di studio ha un peso: il 48% di coloro che hanno conseguito un livello di istruzione superiore ha o ha avuto esperienze di volontariato contro il 25% del livello inferiore.

    Ai minimi storici anche la militanza politica. Soltanto l'1,7% dichiara di militare attualmente e in modo continuativo in una formazione politica, il 2,6% lo fa saltuariamente; per oltre 4 giovani su 10 l'attività politica è cosa del passato. In conclusione, oltre il 91% dei giovani tra 18 e 29 anni si dichiara del tutto estraneo a forme di impegno politico.

        

 

LAVORO E DIRITTI - 2

a cura di www.rassegna.it

 

Disoccupazione giovanile,

a Roma il prossimo vertice Ue

 

L'annuncio del premier Letta al termine di un incontro a Parigi in cui è stata affrontata la questione. "Abbiamo deciso che la conferenza si terrà a Roma l'anno prossimo. La mancanza di lavoro per i giovani è l'incubo nazionale".

 

La disoccupazione giovanile è “l’incubo nazionale”. Così il presidente del Consiglio Enrico Letta al termine del vertice di Parigi che oggi (12 novembre) ha affrontato la questione, stabilendo che la prossima conferenza Ue si terrrà a Roma l'anno prossimo.

Il premier italiano, lasciando l'Eliseo, ha sottolineato che "il livello della disoccupazione giovanile così alto è l'incubo che ci portiamo dietro da questa crisi e dobbiamo batterlo perché ci deve essere una ripresa con occupazione e soprattutto occupazione per i giovani. Ecco perché guardo all'esito di questa conferenza di Parigi con grande fiducia rispetto alle scelte che dovremo fare".

Le riunioni dei leader europei su questi temi sono "il segno che l'Europa ha finalmente messo la lotta alla disoccupazione giovanile al centro delle sue preoccupazioni", ha aggiunto, ricordando "dopo la conferenza di Berlino a luglio e quella di oggi a Parigi, l'annuncio della terza conferenza a Roma", da considerare "una vittoria nostra perché per noi la disoccupazione giovanile è davvero il grande tema".

       

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

REDDITO MINIMO

GARANTITO (1/2)

 

Il Reddito Minimo Garantito ha già una lunga storia non solo in Europa e ha assunto diverse forme. Nell’ambito dell’Unione Europea gli Stati sono obbligati a introdurlo per assicurare a tutti una vita libera e dignitosa.

 

Premesse definitorie - Con reddito minimo garantito (nel lessico dei documenti ufficiali dell’Unione europea) si intende l’attribuzione ad un cittadino di uno Stato (e, a certe condizioni, anche al residente stabile in quel paese), che non disponga di redditi adeguati, di risorse monetarie sufficienti per condurre un’esistenza libera e dignitosa. Hanno funzioni e presupposti analoghi istituti variamente denominati come reddito minimo di inserimento, reddito di solidarietà attiva, reddito di sussistenza, l’RMI (revenu minimum d’insertion), ecc.

    Tutte queste forme di sostegno a persone in difficoltà condividono la caratteristica di non essere universali, in quanto presuppongono una situazione di concreto bisogno e, in genere, sono condizionate in vario modo, dall’obbligo di seguire corsi di formazione o di stipulare patti di reinserimento con i servizi sociali o con quelli di collocamento, sino al dovere di accettare offerte di lavoro disponibili. Per queste ragioni tali istituti si differenziano dall’idea del reddito di cittadinanza o reddito di base (basic income) che prevede, più radicalmente, l’attribuzione di risorse (adeguate per una vita libera e dignitosa) ai cittadini che compongono una determinata comunità politica (e ai residenti stabili in tale comunità), indipendentemente dalla loro condizione economica sociale ed occupazionale: pertanto il “ reddito di base” è per definizione universale (anche se nei limiti di una entità politica data, entità che potrebbe anche essere identificata in strutture sovra-nazionali come l’Unione europea) e incondizionato.

    Un vero e proprio reddito di cittadinanza – RDC – (anche se dall’importo piuttosto modesto di 2.000 dollari annui) è riconosciuto nel solo stato Usa dell’Alaska finanziato dai profitti petroliferi e vanta il solo altro precedente trentennale della città di Berlino (in Svizzera si svolgerà a breve un referendum propositivo sul tema). La diversa misura del reddito minimo garantito – RMG – costituisce una significativa istituzione molto diffusa a livello europeo (come si dirà in parte ormai “costituzionalizzata” a livello dell’Ue) e tendenzialmente assunta nel mondo da un numero crescente di Stati, tra cui – soprattutto – alcuni dei cosiddetti Brics, come India, Sudafrica e Brasile.

    Nel dibattito politico, soprattutto italiano, che ignora entrambe le misure, normalmente le due prospettive sono tra loro confuse e si parla di reddito di cittadinanza anche per intendere misure per contrastare l’esclusione sociale e la diffusione della povertà, rivolte a coloro che versano in stato di bisogno. Tuttavia questa confusione di termini è in parte giustificata in quanto anche quest’ultimi provvedimenti mirano, comunque, a rafforzare la coesione e la solidarietà sociale e quindi a rafforzare il legame tra cittadini, impendendo che, con la creazione di una sottoclasse di disoccupati stabili e/o di emarginati, vengano alterati il gioco democratico e l’effettiva partecipazione alla sfera pubblica. In quest’ottica, pur essendo il RMG generalmente connesso – soprattutto in Europa – alle politiche di occupazione e crescita, si richiama a quella tradizione di pensiero, di natura eminentemente filosofica o di teoria politica, che ha cercato di definire i presupposti, anche di ordine sociale, di una società giusta e partecipativa. E’ però importante, a parte la questione definitoria, chiarire che attualmente nell’agenda politica globale è iscritta (ed in parte già realizzata) la garanzia dell’accesso al soddisfacimento dei bisogni primari per coloro che sono a rischio di esclusione sociale, tema sul quale sembra essersi raggiunto un consenso internazionale piuttosto ampio. L’espressione ius existentiae, spesso usata nella letteratura sull’argomento, riassume in senso a-tecnico, la prospettiva di un diritto originario di ogni partecipante a una società di poter contribuire al benessere generale, senza essere emarginato e privato dei mezzi elementari di sussistenza, prospettiva che il Presidente Roosevelt condensava nello slogan “freedom from want”.

   

La “costituzionalizzazione” del RMG nell’Unione europea. - Prescindendo dalle esperienze storiche di “sostegno” sociale ai cittadini, conosciute sin dall’antichità (i riti dei pranzi sociali a Sparta e Atene o le distribuzioni di grano nella Roma repubblicana), rinnovate dalle città libere medioevali e in epoca moderna dalla Comune di Parigi, la letteratura è concorde nel rintracciare il primo riconoscimento del diritto (dopo gli accenni nella Costituzione giacobina del 1793 al “sacro diritto ai soccorsi” o in quelle della Repubblica Cisalpina e Cispadana sul “dovere di alimentare i bisognosi”) nell’art. 151 della Costituzione di Weimar che stabiliva che “l’ordinamento della vita economica deve garantire a tutti un’esistenza degna”.

    Importanti sono alcune disposizioni della Dichiarazione universale del 1948: l’art. 22 prevede che “ogni individuo, in quanto membro della società ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale e in rapporto con l’organizzazione di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”; l’art. 25 sancisce a sua volta che “ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”.

    Ancora l’art. 11 del Patto ONU sui diritti economico-sociali del 1966 stabilisce che “gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia”. In Europa con il diffondersi di Costituzioni che assegnano alla tutela della dignità della persona il ruolo di architrave dell’intero impianto costituzionale (anche la Dichiarazione del 1948 rispecchia questa tendenza), il tema della garanzia di un “minimo vitale” per tutti i cittadini viene progressivamente individuato come necessaria conseguenza di una società che non può tollerare situazioni permanenti di emarginazione e esclusione sociale. Alcuni paesi sperimentano quindi già nel dopoguerra (ad esempio la Svizzera o i paesi scandinavi) forme di reddito minimo garantito sulla base del principio costituzionale di “pari dignità sociale” di ciascun cittadino, saldandolo alla più generale rete di protezione connessa all’erogazione di servizi sociali essenziali, come l’istruzione o la salute ed alle altre provvidenze del welfare state. Tuttavia questo beneficio, all’epoca e sino agli anni 80, appariva come una misura eccezionale, posto che le politiche keynesiane del pieno impiego ed anche le caratteristiche della produzione fordista assicuravano una vastissima partecipazione al mondo del lavoro, condivisa dalla forza lavoro femminile, connotata anche da stabilità d’impiego. In questo contesto il RMG sembrava dover riguardare solo eccezionali fenomeni di marginalità sociale (in genere radicati solo in settori di sottosviluppo localizzati) o situazioni di crisi economica contingenti, destinate ad essere superate nel tempo.

    Solo negli anni ‘90 il RMG diverrà, soprattutto in Europa, anche una componente delle “politiche di crescita e sviluppo” e si individuerà con maggiore precisione il rapporto tra disoccupazione e sostegno al reddito.
Andando per ordine, misure di RMG si diffondono rapidamente soprattutto nel Nord Europa, ivi comprese Gran Bretagna e Irlanda, più tardi si aggiunge la Francia con il governo di Mitterrand diventando quindi la “norma” dei paesi della Comunità europea.

    Una prima sanzione a livello continentale, ancora piuttosto imperfetta, si ha con la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali del 1989, che all’art. 10 dispone “le persone escluse dal mercato del lavoro o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi e che sono prive di mezzi di sostentamento, devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro condizione personale”; la Carta sociale europea (revisionata a Torino nel 1996) all’art. 30 invece recita “Diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale. Per assicurare l’effettivo esercizio del diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale, le parti si impegnano; a) a prendere misure nell’ambito di un approccio globale e coordinato per promuovere l’effettivo accesso al lavoro, all’abitazione, alla formazione professionale, all’insegnamento, alla cultura, all’assistenza sociale e medica delle persone che si trovano o rischiano di trovarsi in situazione di emergenza sociale o di povertà e delle loro famiglie”. Queste norme sono state a loro volta le fonti della successiva, assai più importante, formalizzazione della misura come “diritto fondamentale” nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza nel 2000 e resa vincolante con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1.12.2009.

    La Carta Ue all’art. 34, terzo comma, dispone che “al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale ed abitativa volto a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti”. Si tratta di una disposizione molto più chiara e felice sul piano espressivo rispetto alle sue fonti: è reso evidente il nesso strettissimo tra la garanzia di un’esistenza dignitosa per tutti e l’attribuzione di risorse a chi ne è privo, che devono essere comunque “ sufficienti” in relazione al fine perseguito. Proprio la Carta si apre con il principio dell’inviolabilità della dignità umana e le “Spiegazioni ufficiali” alla Carta specificano che “ la dignità della persona umana non è soltanto un diritto fondamentale in sé, ma costituisce la base stessa dei diritti fondamentali”. In questa chiave il RMG non è un sussidio di povertà, ma un sostegno adeguato per un cittadino che vanta il diritto di partecipare pienamente alla vita della comunità cui appartiene: il destinatario è il singolo in quanto tale (e non la sua famiglia) che viene in considerazione come individuo di per sé e non solo (come nella Carta comunitaria) come lavoratore escluso dal mercato.

    La Carta dei diritti fondamentali dell’UE riconosce la misura come un diritto, giustiziabile in linea di principio avanti i giudici ordinari e la Corte di giustizia, mentre sulle disposizioni della Carta sociale europea vi è solo un monitoraggio affidato al Comitato economico-sociale del Consiglio d’Europa e – sino ad oggi – sul piano giurisdizionale sono state poco significative le norme della Carta comunitaria del 1989. Tuttavia la Carta dei diritti Ue presuppone (cfr. art. 51), per l’applicabilità delle sue norme, che il caso esaminato presenti una qualche connessione con il diritto dell’Unione, situazione questa, per quanto riguarda il RMG, difficile da verificarsi posto che- allo stato- non hanno avuto successo i tentativi di adottare una direttiva in materia. La Corte di giustizia ha, ad esempio, richiamato più volte questo diritto sociale fondamentale (anche con riferimento all’art. 34 della Carta nella sentenza Kamberay del 14.4.2012), ma solo per stabilire la legittimità delle condizioni di accesso stabilite dagli Stati, precisando- ad esempio- quando si può affermare che un lavoratore comunitario migrante in altro Stato perda il diritto a godere del beneficio o se sia legittimo stabilire requisiti di anzianità di residenza troppo severi che potrebbero discriminare lavoratori che hanno esercitato il loro diritto alla libertà di circolazione. Pertanto il controllo della Corte di giustizia è limitato al profilo della non discriminazione da parte di uno Stato di soggetti che legittimamente lavorano sul suo territorio; in difetto di una direttiva un cittadino europeo non può chiedere che uno Stato inadempiente (come oggi sono solo la Grecia e l’Italia) assicuri questa misura, né può sindacare le scelte nazionali assumendo che non sono coerenti con la Carta dei diritti Ue.
Il RMG potrebbe, forse, essere oggetto in futuro di un’interpretazione “evolutiva” del diritto alla vita contemplato all’art. 2 della Carta dei diritti Ue e all’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte interamericana dei diritti dell’uomo ( nata su imitazione di quella di Strasburgo e che agisce sulla base di una Convenzione simile a quella europea del 1950) è giunta a stabilire in alcune decisioni che oggi il diritto alla vita contempla anche l’accesso alla soddisfazione di bisogni primari e che gli Stati hanno una obbligazione “positiva” in questo senso, non essendo ammissibile che i cittadini siano lasciati in situazioni di totale indigenza. La Corte di Strasburgo non è giunta a dare una interpretazione simile della norma, ma si è da tempo orientata ad affermare che il diritto alla vita, che gli Stati sono tenuti a garantire, può essere messo in pericolo da condizioni di estrema indigenza.

    Va poi osservato che il diffondersi dell’istituto non è fenomeno europeo, ma globale. L’esperienza più significativa è la “bolsa social” brasiliana, una sorta di reddito di sussistenza corrisposto a circa 34 milioni di brasiliani e condizionato al solo obbligo, per i beneficiari che siano anche genitori, di mandare i figli alla scuola dell’obbligo (la bolsa ha così comportato una drastica riduzione del tasso di dispersione scolastica). Ma il diritto a un “reddito di esistenza” è stato riconosciuto anche da Corti sudafricane e da varie Corti sudamericane; forme di RMG sono contemplate anche da numerosi Stati dell’India. Sono proprio questi paesi, che si stanno imponendo come protagonisti new-comers nella scena economica planetaria, che mostrano di non poter rinunciare ad uno strumento, difficilmente sostituibile, di mantenimento della coesione e della solidarietà sociale. (1/2 - Continua)

 

LABORATORIO DIRITTI FONDAMENTALI in collaborazione

con l’Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa

 

 

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

I nonni a scuola

 

di Giorgio Morale

 

La puntata di vivalascuola di questa settimana è dedicata all'apporto che le famiglie, e i nonni in particolare, danno alla scuola:

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2013/11/04/vivalascuola-152/

 

Anche in tempi di crisi, si può fare “buona scuola”, per la quale anche i nonni sono pronti a offrire il loro contributo culturale ed educativo, a incontrare tutti i nipoti di sangue o non di sangue, da qualsiasi luogo provengano, per esplorare insieme i mondi passati, scoprire le radici del presente e mettere i germogli di un futuro felice e meno opprimente.

    Tutto bene allora? Sì, se il contributo che si chiede alle famiglie è questo. Se, invece, si chiede alle famiglie di mettere mano obbligatoriamente al portafoglio e di contribuire economicamente al funzionamento della scuola (con 390 milioni di euro nell'ultimo anno scolastico) perché questa coi tagli che subisce non riesce a garantire più neanche la famosa carta igienica, il discorso si fa diverso.

    Le famiglie non possono supplire ai doveri dello Stato di finanziamento della scuola pubblica. Le tasse già le pagano a monte, come suol dirsi.

    Completano la puntata materiali sul contributo che i nonni e le famiglie danno alla scuola, e le notizie della settimana scolastica.

   

 

SCHEDA

 

Le elezioni per il rinnovo

del Parlamento di Praga

 

di Felice Besostri

 

La sconfitta del Governo ceco, già segnata politicamente dallo scioglimento anticipato della legislatura per decisione della stessa Camera con 140 voti a favore e 7 contrari su 200 membri, è stata confermata massicciamente dalle urne. I due principali partiti, ODS e TOP 09, della coalizione uscente, che aveva perso pezzi nell’aprile 2012 (Úsvit) sono passati da 90 seggi e il 36,9% del 2010 agli attuali 42 seggi con il 19,71% complessivo. Questi i risultati con le variazioni rispetto alle elezioni 2010 tra parentesi:

 

Partiti

Percentuali (df)

Seggi (df)

ČSSD

20,45 (-1,63)

50 (-4)

ANO

18,65 (+18,65)

47 (+47)

KSČM

14,91 (+3,64)

33 (+7)

TOP 09

11,99 (-4,71)

26 ( -16)

ODS

7,72 (-12,50)

16 ( -32)

Úsvit

6,88 (+6,88)

14 (-3)

KDU

6,78 (+2,39)

14 (+14)

SZ

3,19 (+0,75)

0 (=)

Altri

9,30 (-4,22)

0 (-55)

 

Nella Repubblica Ceca c’è una soglia di accesso del 5%. Dei 7 partiti in Parlamento 2 sono entrati con queste elezioni, ma di essi sono uno il Movimento dei Cittadini del miliardario Andrej Babiš assolutamente nuovo, tipo M5S, mentre il KDU, L’Unione Democratica, sempre presente nel Parlamento, aveva mancato di poco la soglia nel 2010. Sulla carta, stante l’indisponibilità grillina del Movimento A.N.O., malgrado il suo acronimo ("Ano" in lingua ceca significa "Sì"), la sola alleanza possibile è una coalizione di sinistra-centro dei socialdemocratici (ČSSD) e dei comunisti (KSČM), 83 seggi, con Úsvit (Úsvit přímé demokracie Tomia Okamury = Aurora della Democrazia Diretta, partito di Tomio Okamura) e la KDU, entrambi con 14 seggi, per un totale di 111 seggi.

L’accordo con il Partito Comunista di Boemia e Moravia è sostenuto dal Presidente della Repubblica, il socialdemocratico Zeman, omologo di Giorgio Napolitano sulle rive della Moldava. La quale Moldava è un fiume nei cui fondali sprofondano le pietre, ma più difficilmente si possono seppellire i ricordi della repressione della Primavera di Praga e dell’occupazione sovietica.

 

ANDAMENTI ELETTORALI

PARTITI, ANNI, PERCENTUALI E SEGGI

KSČM (Partito Comunista)

KDU (Unione democratica)

ČSSD (Socialdemocratici)

1990        13,2 %    33

 

1990: 4,1 % – 0

1992        14,1 %    35

1992: 8,4 % 19

1992: 6,5 % 16

1996        10,3 %    22

1996: 6,3 % 15

1996: 26,4 % 61

1998        11,0 %    24

1998: 8,1 % 18

1998: 32,3 % 74

2002        18,5 %    41

2002: 14,3 % 31

2002: 30,2 % 70

2004 Europee 20,4% 6

2009 Europee 14,18% 4

2004 Europee /

2009 Europee 7,61% 2

2004 Europee 8,8 % 2

2009 Europee 22,38% 7

2006        12,8 %    26

2006: 7,2 % 13

2006: 32,3 % 74

2010        11,3 %    26

2010: 4,4 % 0

2010: 22,1 % 56 (-2 usciti)

2013        14,9 %    33

2013: 6,78% 14

2013: 20,45% 50

 

Dalla tabella risulta stupefacente che il Corriere della Sera del 27 ottobre scorso abbia messo in un occhiello che i Comunisti entrano nel Parlamento per la prima volta dal 1989. Sicuramente un refuso: volevano scrivere "nel Governo"? Nel Parlamento sono presenti fin dal 1990 e lo sono stati per più tempo dei socialdemocratici, che rimasero sotto soglia nel 1990, e dei democristiani, che saltarono il turno del 2010.

    Una riflessione merita il fatto, che, a differenza di altri paesi ex comunisti come la Romania e la Bulgaria, il Partito Comunista, allora cecoslovacco, era forte anche elettoralmente tra le due guerre e nelle prime elezioni del secondo dopoguerra, anche se pose fine al simulacro di democrazia con il colpo di Stato del 1948. Come in altri paesi l’occupazione russo-sovietica favorì l’unificazione forzata di socialdemocratici e comunisti, ma c’era una forte componente socialdemocratica di sinistra, quella del presidente Fielbinger, politicamente convinta.

    La diversità dei comunisti cecoslovacchi è stata drammaticamente messa in luce dai processi di Praga, dove accanto ai soliti trotzkisti vi era l’accusa di sionismo e di collaborazionismo con partiti socialisti occidentali, in particolare con i laburisti britannici. Infine dal PCCS venne il più serio e tragico tentativo di riformare il comunismo dall’interno con la Primavera di Praga e il Socialismo dal volto umano. Con l’occupazione sovietica ci fu un’epurazione del Partito Comunista, che liberò una serie di compagni, che raggiunsero come Zeman il Partito socialdemocratico dandogli una forza prima sconosciuta, fino a farne il primo partito nel 1998 riuscendo a porre Zeman a Capo del Governo fino al 2002, ma con la stessa percentuale nel 2006 non ebbe la possibilità di governare pur con il 50% dei seggi alla sinistra. Il terzo partner, la KDU, presenta anch’esso una particolarità avendo tra i suoi precursori nel XIX secolo un singolare partito Cristiano Socialista, invece che sociale.

    Un problema è costituito dalla non nascosta nostalgia dei Comunisti per il passato regime, compresa la sua fase più buia della normalizzazione, senza uguali nell’Europa ex sovietica: la Linke secondo i loro parametri è un covo di revisionisti. Tuttavia non ci sono altre soluzioni ad eccezione di un’instabilità foriera di un ritorno al potere della destra, ora sconfessata dall’elettorato. Speriamo che a Praga non si caccino in un vicolo ceco.

    La soluzione ceca alla crisi sarebbe un segnale di livello europeo e di rapporti non solo conflittuali a sinistra, come imporrebbero le elezioni europee del 2014. Come ha ribadito Martin Schulz nella manifestazione di Bergamo del 29 ottobre scorso: se le prossime elezioni europee si fanno sul tema Europa Sì o No si rafforzano i populisti e la destra. Dobbiamo invece imporre un dibattito intorno a quale Europa, per sottolineare le differenze tra destra e sinistra. (Milano 29 ottobre 2013)

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Lettera di Pittella

agli italiani nel mondo

 

di Gianni Pittella, europarlamentare,

vicepresidente del Parlamento europeo,

candidato alla segreteria del PD

 

Cara amica, caro amico, sono stato per diversi anni responsabile per gli italiani all'estero del mio Partito e ho potuto conoscere personalmente molti di voi. Ho avuto l'opportunità di far visita alle comunità d'italiani in giro per il mondo e di apprezzarne dal vivo il valore, la storia e l'enorme contributo di lavoro e risorse messi a disposizione dei Paesi ospitanti e dell'Italia.

    Senza retorica e nostalgie nazionaliste, mi sono impegnato in questi anni per tutelare gli interessi dei milioni d'italiani residenti all'estero. L'ho fatto perché credevo e continuo a credere fermamente che gli italiani nel mondo rappresentino una ricchezza straordinaria per il nostro paese. Mentre la “prima emigrazione” aveva trovato una sua "governance" nell'arcipelago di sindacati, patronati, associazioni e partiti radicati sui territori, la nuova emigrazione, quella più densa di potenzialità nei settori della ricerca, della cultura e dell’impresa agisce ancora in maniera frammentata.

    Oggi, la sfida della rappresentanza è prima di tutto sfida di costruzione di reti. Gli italiani nel mondo devono trovare il giusto riconoscimento all’interno del Partito Democratico. Bisogna dare forma ad una nuova politica per gli italiani all’estero ed il Pd deve essere il principale promotore di queste istanze.

    Per questo ho deciso di candidarmi alla segreteria nazionale del Partito democratico e chiedo il tuo sostegno attraverso il voto alle primarie. Tutti gli italiani all’estero che hanno la tessera del PD hanno infatti la possibilità di votare presso il proprio circolo Pd di riferimento. Ti invito a consultare il mio sito internet - www.giannipittella.it - per conoscere il mio programma politico e per seguire le mie iniziative.

    

 

SEGNALAZIONE

 

PAGINA

 

La nuova rivista online della Fondazione Di Vagno.

 

ROMA, Fondazione Basso, sala conferenze

Via della Dogana Vecchia, 5 - Roma

 

Mercoledì 13 Novembre 2013, alle ore 17.00

 

 

Presentazione

 

PAGINA

la nuova rivista online della Fondazione Di Vagno.

 

Segue presentazione del dossier

 

PARTITI E MOVIMENTI

a cura di Alessandro Leogrande e Onofrio Romano

 

FONDAZIONE GIUSEPPE DI VAGNO (1889-1921)

via San Benedetto n.18 / 70014 CONVERSANO (BA) / tel. e fax  080/4959372

  

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato (in co-edizione) l'Avanti! clandestino durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

   

 

Allegato Rimosso
Allegato Rimosso
Allegato Rimosso
Allegato Rimosso