Trivella di Venaria. Processo ai No Tav



Trivella di Venaria. Processo ai No Tav

Lunedì 4 febbraio è cominciato il processo contro 28 No Tav sotto accusa per la lotta alle trivelle dell’inverno 2010. Nel mirino il presidio permanente a Venaria, dove, grazie ad un’ampia solidarietà popolare, i No Tav riuscirono a rallentare i lavori finché in fretta e furia il cantiere venne smontato.
In via Amati la trivella arrivò nel tardo pomeriggio del 26 gennaio. Siamo in una zona di grandi palazzi stesi lungo la tangenziale, fiancheggiati da tralicci dell’alta tensione. Qui l’opposizione al Tav si legge, oggi come allora, nelle bandiere appese ai balconi.
Nel prato di fronte alla trivella ci siamo trovati in tanti: No Tav che si erano fatti tutti i presidi e gente di Venaria preoccupata per il proprio futuro, in questa periferia stesa tra la città e il niente delle auto in corsa oltre la barriera antirumore.

La trivella era accompagnata da un imponente nugolo di poliziotti, carabinieri e finanzieri in assetto antisommossa, che invasero la strada rendendo difficoltosa la circolazione.
Già nel tardo pomeriggio una cinquantina di No Tav armati di bandiere e striscioni fronteggiava nel prato la polizia. Partì il consueto tam tam e presto eravamo molti di più. Bidoni, legna, qualcosa da mangiare.
Un camion con le luci rimase bloccato dal gran numero di persone che si riversarono in strada. Furono tre giorni di presidio permanente, con assemblee, incontri, cene collettive.
Tanta gente che abita nella zona di via Amati scese in strada, partecipò alle discussioni, alla lotta.
Quelli che non potevano fermarsi portavano caffè caldo e una brioche, segni tangibili di una solidarietà vera.
La sera del 26 gennaio, nonostante un’abbondante nevicata all’assemblea spontanea tra il prato e la strada parteciparono centinaia di persone. Emerse netta la volontà di contrastare il sondaggio, di mettere i bastoni tra le ruote a chi pretendeva di imporre con la forza un’opera inutile e dannosa.
In serata arrivò anche il sindaco Pollari, che fece un po’ di acrobazie per acquisire consensi, ma convinse poco. Si disse contrario al Tav in Val Susa ma possibilista su una nuova linea a Venaria. Un colpo al cerchio – i cittadini di Venaria che presidiavano la trivella – e un colpo alla botte – il suo partito, il PD, schierato su posizioni si tav.
La gente sa bene che il Tav a Venaria correrà in mezzo alle case, fuori o in galleria, saranno dieci anni di cantieri, polvere, disagi per un’opera inutile e dannosa.

A due anni da quel gennaio la Procura di Torino ci presenta il conto. Alla sbarra siamo in 28, tutti scelti con cura tra gli attivisti più noti alla polizia politica, per tentare ancora una volta il gioco dei buoni e dei cattivi, nascondendo la realtà di una lotta popolare forte anche a Torino e nei paesi vicini.
Il processo era di competenza della sede di Ciriè del tribunale di Torino, ma è stato spostato nel capoluogo per ragioni di “ordine pubblico”.
In aula c’è il solito clima dei processi No Tav: tanta gente diversa che ha costruito i propri legami tra un presidio e una barricata. Gente che non si arrende alla violenza e ai tribunali.
Si comincia con grande ritardo, per qualche intoppo burocratico. Dopo il rituale appello, l’udienza viene sospesa per un’eccezione di tipo tecnico proposta da uno degli avvocati. La giudice valuta che uno dei compagni non era presente per un legittimo impedimento ed rimanda il processo al 4 marzo.
Fuori c’è una marea di poliziotti. Scopriremo dopo che temevano un incontro dialetticamente vivace tra No Tav ed Esposito e Boccuzzi, due onorevoli diessini, che si sono distinti per gli attacchi continui al movimento.
Inutile dire che se li avessimo incontrati faccia a faccia non avremmo nascosto la nostra indignazione specie a Boccuzzi, scampato alla strage della Thyssen, che, dopo aver cambiato la tuta con la giacca da deputato, ha dimenticato che i cantieri Tav nella sola tratta Bologna/Firenze hanno ucciso 83 lavoratori, uno per ogni chilometro di Tav costruito.
Il potere corrompe. Sempre.

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