Torino 25 aprile. Presidio alla lapide del partigiano anarchico Baroni



Torino 25 aprile. Presidio alla lapide del partigiano anarchico Baroni

Mercoledì 25 aprile
ore 15
presidio alla lapide al partigiano anarchico Ilio Baroni
in corso Giulio Cesare angolo corso Novara, dove Ilio è morto combattendo
i nazifascisti

Ricordo, deposizione di fiori, musica – banchetti informativi antifascisti
e antirazzisti – volantinaggio in quartiere – bicchierata in ricordo delle
tante vittime del fascismo di ieri e di oggi.
Interverranno Roberto Prato e Tobia Imperato

Sugli anarchici nella resistenza a Torino ascolta l’intervista a Tobia a
radio Blackout:
http://anarresinfo.noblogs.org/2012/04/23/torino-25-aprile-2012-la-resistenza-continua/

“Baroni sa di rischiare tutto, ma come nel passato mette a repentaglio la
sua vita per proteggere quella degli altri.
Ecco Baritono che cerca di recuperare l’automezzo del suo distaccamento;
Baroni è ora completamente allo scoperto e lo protegge, ma una raffica
colpisce in pieno Baritono; Baroni continua a sparare, poi, d’un tratto,
tutto tace; la sua arma non canta più; Baroni è morto; si è accasciato
sulla sua arma; è caduto da eroe.” (Fabbri).

Ilio Baroni (1902-1945), nome di battaglia “il Moro”, era un anarchico di
Massa Marittima (Gr) che come tanti era giunto a Torino per trovare lavoro
come operaio alla Fiat Ferriere. Diviene subito un personaggio di spicco
negli ambienti sovversivi e antifascisti ed organizza attorno a sé un
nutrito gruppo di compagni. Sfumato il tentativo di raggiungere la Spagna
rivoluzionaria nel ’36, si dedica in tutto e per tutto alla resistenza
antifascista a Torino.
Condannato per attività antifascista e propaganda anarchica e trascorsi
alcuni anni di carcere e confino, diventa il comandante della VII brigata
Sap delle Ferriere.
Il compito delle Squadre di Azione Patriottica (Sap), che vedevano
affiancati partigiani provenienti da diverse realtà politiche, era di
difendere industrie e macchinari, sabotare la produzione, rafforzare la
coscienza antifascista con la propaganda e prepararsi militarmente
all’insurrezione.
Il Moro, al comando della squadra di manovra Sap, sarà protagonista di
vere e proprie azioni di guerra in stile gappista, fino a quando, nel
fatidico aprile del ’45, troverà la morte in battaglia. Il 25 aprile a
Torino la città è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia
l’insurrezione, e la città diventa a breve un campo di battaglia. Baroni e
i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo, ma giunge
una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i
compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco
tedesco. È il 26 aprile. Il giorno dopo la città sarà completamente
liberata dai fascisti, senza dover nemmeno aspettare l’arrivo delle
formazioni esterne.
Il 28 aprile i Volontari della libertà di tutte le formazioni percorrono
le vie di Torino cantando le loro canzoni.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta
la vita…

Ma il fascismo non è morto il 25 aprile del 1945…

Di seguito il volantino che la Federazione Anarchica Torinese sta
distribuendo in questi giorni

Stiamo scivolando verso un baratro. È il baratro del fascismo che ritorna,
che ritorna nelle strade, che ritorna nelle leggi sempre più razziste e
liberticide.
Non si contano più le aggressioni di fascisti e polizia contro immigrati e
rom. Dal pogrom della Continassa agli omicidi fascisti di Firenze, dal
sudamericano ucciso a Milano dalla polizia al ragazzo tunisino ammazzato a
Ravenna dai carabinieri.
Un vero bollettino di guerra. Una guerra aperta, una guerra scritta nel
nostro stesso ordinamento giuridico, che sancisce che qualcuno può essere
perseguito per quello che è, non per quello che fa. Come nella Germania
nazista, come nell’Italia fascista. Sei rinchiuso, perseguitato,
discriminato perché sei ebreo, rom, asociale, omosessuale, oppositore
politico. Sei escluso dai diritti umani, perché non sei davvero umano, sei
inferiore e, quindi, pericoloso.
Dal 1988 sono 18.244 gli immigrati morti nel tentativo di attraversare la
frontiera con la fortezza Europa. Una lunga strage, non diversa da quelle
delle truppe coloniali di Mussolini in Libia e nel Corno d’Africa.
Anche questo è fascismo.
Chi ce la fa ad arrivare trova lavoro nero, salari infimi, paura,
discriminazione, leggi razziste.
Chi viene pescato senza documenti sale gratis sulla macchina delle
espulsioni: reclusione amministrativa sino a diciotto mesi e poi il
ritorno con comodo volo di linea. A testa china e in silenzio. Se parli,
se gridi che non vuoi andare via, se ti agiti per suscitare l’attenzione
ti stringono i polsi con le fascette da elettricista, che fermano il
sangue, incidono le carni e ti impacchettano la bocca con lo scotch.
Perché questa pratica venisse alla luce c’è voluto un passeggero con un
briciolo di umanità, mentre gli altri restavano in silenzio, infastiditi
dall’indignazione di quell’unico che non riusciva a tollerare
l’intollerabile.
In questo silenzio complice si annida il fascismo.
Il processo di disumanizzazione dell’immigrato, rinchiuso nella gabbia
semantica della clandestinità, che lo rende sospetto, probabilmente
delinquente, sicuramente pericoloso, equiparabile ad una bestia feroce è
parte integrante nella costruzione del consenso alle pratiche più
indecenti. L’immigrato cui serrano le labbra a forza è come il cane cui
viene imposta la museruola, come la tigre rinchiusa in gabbia, come il
serpente cui viene tolto il veleno.
Museruole, gabbie, psicofarmaci narrano la bestialità di chi li usa.
Una bestialità pervasiva, che rischia di farsi lessico comune, aberrante
normalità, giudiziosa condotta. Un anestetico morale, un alibi collettivo.
Anche questo è fascismo.

Stiamo scivolando in un baratro: occorre fare barriera contro la barbarie
che avanza, con l’azione diretta, senza deleghe, in prima persona.

In questo 25 aprile vogliamo ricordare le ragioni di tanti di quelli che
combatterono e morirono, le ragioni di chi combatteva il fascismo perché
portava in se il sogno di un’umanità senza stati né frontiere, solidale,
dove l’uguaglianza reale si accompagnasse al rispetto ed alla salvaguardia
delle differenze. Queste ragioni sono state dimenticate o gettate nel
fango.
Spetta a noi raccoglierle e farne una bandiera. Spetta a noi riprendere il
cammino dei nostri padri e dei nostri nonni. Spetta a noi conquistare un
nuovo aprile.

A Torino la Resistenza continua, ogni giorno.

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