Il prezzo di Tunisi: 150 milioni di euro



Il prezzo di Tunisi: 150 milioni di euro

Venerdì 25 marzo. Maroni e Frattini, in visita a Tunisi, hanno fatto
un’offerta di quelle che non si possono rifiutare. Un credito sino a 150
milioni di euro più pattugliatori e uomini della Guardia di Finanza per
l’addestramento. In cambio il governo tunisino ha promesso di fermare le
partenze verso l’Italia. Nel pacchetto sottoscritto dal premier Essebsi
anche un impegno per i rimpatri.

Vi ricorda niente? Il governo italiano fece con il governo libico un
accordo del tutto simile.
I libici a dire il vero offrivano il servizio completo: respingimenti,
galere, abbandono nel deserto.
Ne sanno qualcosa i profughi di guerra eritrei rinchiusi per anni nelle
prigioni di Misurata e di Brak. Chi volesse rinfrescarsi la memoria sul
quell’accordo se lo può rileggere sul sito della Camera dei deputati.

È significativo che sinora non siano approdati a Lampedusa i fantomatici
profughi libici, mentre da ieri le agenzie battono la notizia di un
barcone con trecento eritrei forse disperso in mare. Sarebbero i primi
profughi di guerra ad arrivare in Italia dopo l’accordo italo-libico.
Chi sa? Forse la crisi libica ha riaperto la rotta del Mediterraneo.
Sarebbe interessante sapere se i pattugliatori donati dal governo italiano
alla Libia siano ancora in azione sulle coste della Tripolitania. In
settembre, quando uno di questi mezzi aprì il fuoco su un peschereccio di
Mazara del Vallo, a bordo c’erano sei uomini della Guardia di Finanza.
Saranno rientrati in Italia o sono ancora lì, fianco e fianco con le
guardie del Colonnello?

Sapremo nelle prossime settimane se governo tunisino sarà in grado di
mantenere gli impegni presi con Maroni e Frattini – incassando così il
proprio compenso – o dovrà fare marcia indietro. Se il vento delle recenti
rivolte soffia ancora potrebbe non essere facile.

Un fatto è certo: i conti non tornano. Se le cifre diffuse dal ministero
dell’Interno sono vere, se negli ultimi due mesi e mezzo sono sbarcati
15.700 tunisini, ne mancano parecchi all’appello. Solo una minima parte è
stata trasferita nei CIE o nei CARA o nel “residence degli aranci” di
Mineo. Tre/quattromila li smisteranno nelle varie regioni nei prossimi
giorni.
E gli altri? O le cifre degli sbarchi sono state volutamente gonfiate
oppure i tunisini fantasma sono andati ad ingrossare – in Italia e in
Francia - le file dei senza carte, che campano lavorando in nero.
Il contrasto dell’immigrazione illegale è il pedaggio da pagare ad un
elettorato cresciuto nell’odio e nella paura dei “clandestini” e, allo
stesso tempo, il mezzo per disciplinare i lavoratori stranieri. Con o
senza carte.
Padroni e padroncini ringraziano per l’arrivo di carne fresca da mettere
al lavoro. Senza tutele, senza orari, senza pretese.

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