Fiat: l’ultimo ricatto di Marchionne



Fiat: l’ultimo ricatto di Marchionne

Questo volantino è stato distribuito mercoledì 28 luglio al presidio dei
sindacati di base – poi divenuto breve corteo spontaneo – svoltosi di
fronte al palazzo della Regione in occasione del tavolo sulla Fiat tra
istituzioni, sindacati concertativi e dirigenza del Lingotto.

Le guerre della Fiat
Vi ricordate della Zastava? La chiamavano la “Fiat dei Balcani”.
Nell’aprile del 1999 venne distrutta dai bombardamenti NATO sulla Serbia.
La Zastava fu colpita con bombe all’uranio impoverito: da quelle parti si
muore ancora oggi per le leucemie causate da quei micidiali ordigni.
Gli aerei che distrussero la fabbrica montavano componentistica Fiat.
Oggi in quella fabbrica, ricostruita con soldi pubblici, gli operai
lavorano a testa bassa per 400 euro al mese. E si considerano fortunati.
È lì che Marchionne vuole produrre la nuova monovolume, la “LO”. Come
sempre la politica – e l’economia – sono la continuazione della guerra.
Con altri mezzi. A volte non meno micidiali.
La resistenza e la solidarietà operaia seguono altre strade. Furono in
tanti i metalmeccanici che, in quel lontano 1999, parteciparono alla
raccolta fondi per gli operai serbi. Anche a Mirafiori.
Oggi i padroni, che lucrano su tutte le guerre e non hanno altro interesse
che il loro profitto, giocano ancora una volta la carta di volere gli
operai nemici di altri operai.
Dopo Termini, che chiuderà nel 2012, dopo Pomigliano, dove i lavoratori
sono stati obbligati a guadagnare meno e lavorare di più, con la
benedizione di buona parte dei sindacati ormai a libro paga del governo, è
il turno di Mirafiori.
Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica” e i più -
ma a Pomigliano il 35% ha detto NO - cedono al ricatto, perché in troppi
hanno dimenticato che i lavoratori, uniti, possono fare male al padrone,
molto male.
Lo scopo di Marchionne è chiaro: strappare sostegno pubblico ad un’impresa
che licenzia ma aumenta i dividendi per gli azionisti. Ma non solo. Sul
piatto c’è il definitivo disciplinamento dei lavoratori: niente garanzie,
riduzione del salario, zero conflitto. Come negli anni ’50.
In cambio – e non si sa sino a quando – la produzione di eccellenza resta
in Italia. Un paese dove i salari sono tra i più bassi del ricco nord del
pianeta, il 16,5% sotto la media dei paesi OCSE. In compenso sul piano
fiscale la differenza tra i soldi presi dal lavoratore e quanto viene
effettivamente sborsato dal datore di lavoro è di 10 punti superiore a
quella dei paesi maggiormente industrializzati.
In pratica un operaio della Fiat prende meno di un operaio tedesco ma paga
più tasse che servono –anche - a finanziare le guerre e al “sostegno alle
imprese” come la Fiat che negli ultimi decenni ha continuamente succhiato
denaro pubblico.
Loro guadagnano e chi lavora sta sempre peggio.
Ci chiedono sacrifici perché c’è la crisi, ma i soldi, quelli veri, ai
ricchi non li chiedono mai. Blaterano di “bene comune”, dicono che padrone
e l’operaio, il ricco ed il povero, stanno tutti nella stessa barca. Già,
qualcuno sempre ai remi e qualcun altro sempre al timone.
E tra i rematori i lavoratori stranieri pagano doppio. Se perdono il
lavoro perdono anche il permesso di soggiorno, rischiano di finire in quei
lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e poi di
essere espulsi. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti,
fanno di tutto perché i lavoratori italiani si incazzino con i lavoratori
stranieri, anziché con i padroni. Ma, facendosi la guerra tra poveri, si
finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Se gli
stranieri sono obbligati da leggi razziste a chinare la testa, diventa più
facile ricattare anche tutti gli altri.

Non è certo colpa degli immigrati se il lavoro non c’è, è mal pagato, la
vita è sempre più cara; se anziché asili si costruiscono il TAV, il ponte
sullo Stretto di Messina, se pagano la guerra in Afganistan. E sono tutti
d’accordo, Berlusconi, Bersani, Cota, Bresso, Chiamparino: guerra,
devastazione ambientale e colate di cemento, lavoro per le aziende di
“amici degli amici”. Il nemico, quello vero, siede sui banchi del governo,
nei consigli di amministrazione di banche e aziende.

Possiamo fare a meno di loro. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo
senza padroni, sfruttamento, guerre.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Alziamola,
invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed eguali. In
Italia e ovunque nel mondo.

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torinese – FAI
corso Palermo 46 – riunioni – aperte a tutti gli interessati – ogni
giovedì dalle 21
fai_to at inrete.it – 338 6594361