Re: [forum_immoderato_degli_immoderati] La Bongiorno e il presidente della Camera



Caro Di Monaco, Lei parla del disegno di legge sulle intercettazioni come di un documento normale e legittimo, mentre è una manovra truffaldina che contrasta il lavoro della magistratura, la quale è uno dei tre poteri su cui si regge la democrazia, e che Berlusconi avversa in forza dei suoi processi e delle altre sue sconcezze, il truffatore. Contrasta inoltre col diritto dei cittadini di conoscere la vicenda di un processo, essi che in democrazia detengono la sovranità e hanno il diritto di controllare il comportamento dei loro delegati.
Lei parla di Fini e del suo gruppo come di un anomalo traditore, mentre è un gruppo che usa della sua libertà di cittadino e di parlamentare, e contrasta con saggezza le continue oscure trame del padrone.
Lei parla del presidente Scalfaro come di un famigerato; un personaggio di grande onestà e rettitudine, che ha sempre servito onestamente la nazione.
Guardi invece piuttosto ai suoi venerati Berlusca, Schifani, Alfano ecc., l'uno il padrone iniquo, gli altri autori di leggi inique al servizio del padrone. Ma Lei non ha occhi se non per i suoi adorati idoli.
Un saluto fraterno da Arrigo Colombo
 
 
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Sent: Friday, June 25, 2010 12:47 AM
Subject: [forum_immoderato_degli_immoderati] La Bongiorno e il presidente della Camera

 

La Bongiorno e il presidente della Camera

25 giugno 2010

Il ddl sulle intercettazioni è all’esame della commissione Giustizia della Camera e già sono evidenti le manovrette dei finiani per ritardarne l’approvazione.

Giulia Bongiorno, finiana di ferro e presidente della commissione, si è presa 24 ore di tempo “per decidere se autorizzare o meno una nuova serie di audizioni sul ddl intercettazioni”.

Sembra che, a detta dello stesso giornale,  la Repubblica, la signora attenda il ritorno di Fini dalla sua visita in Israele per ricevere lumi.

Ora, se questo rispondesse a verità, siamo davanti all’ennesima prova di un intervento di Fini fuori dall’ambito dei suoi poteri istituzionali. La musica è sempre la stessa. Nel Pdl i finiani non muovono foglia se prima non hanno sentito il loro capo, ossia il presidente della Camera.

Alcuni esponenti del Pdl protestano affermando che “non è mai successo che un presidente decida non tenendo conto della maggioranza”. 

Dunque, siamo al caos. Ci sono presidenti maggiori (Fini) e presidenti minori (la Bongiorno) che si credono padreterni e violano spudoratamente le più semplici regole della democrazia.

Credo che se la Bongiorno è intenzionata a perseverare su questa strada, non possa più ricoprire la carica, e bene farebbe il Pdl a sostituirla. Può essere l’occasione per la resa dei conti con Fini. Per fargli intendere che ognuno deve stare al suo posto e rispettare le regole e gli ambiti stabiliti dalla Costituzione e, ancora di più, dalla democrazia.

Del resto, che si tratti di una manfrina tesa a rimandare alle calende greche il provvedimento è dimostrato dall’iter seguito dal medesimo. Lo si discute in Senato, si apportano le correzioni finiane e ci si prende tutti insieme l’impegno a blindarlo alla Camera. Ma ecco che dopo qualche giorno Fini avanza l’ipotesi che il ddl possa essere migliorato. Perché non lo ha fatto tramite i suoi quando era ancora in discussione al Senato? È presto detto. Se avesse proposto quei “nuovi” miglioramenti al Senato, essi probabilmente sarebbero stati accolti, e quindi alla Camera il provvedimento sarebbe diventato legge in tempi rapidissimi. Ciò che Fini non desiderava affatto. Sicché se li tiene per sé e fa finta che al Senato tutto vada bene. Poi mette in piazza i “nuovi” miglioramenti e alza il polverone, spalleggiato dall’opposizione. Così la Camera sarà costretta quasi sicuramente a variare il testo, che perciò dovrà tornare al Senato. Una strategia pensata per i tempi lunghi, dunque. Così almeno spera il presidente della Camera. Conclusione: il maggior ostacolo alla governabilità non è rappresentato tanto dall’opposizione, quanto dal presidente della Camera, un vero e proprio congiuratore. Se non si faranno i conti al più presto, ci dovremo aspettare altre trame di questo tipo.

Si legge anche, su La Stampa,  che Umberto Bossi, indignato per come vanno le cose, è salito sul Colle per uno scambio di idee con Napolitano.

Non c’è chi non ricordi che già avemmo nel passato, e precisamente nella seconda metà del 1994, un incontro di Bossi con il capo dello Stato, che a quel tempo era il famigerato Oscar Luigi Scalfaro. Di quell’incontro ormai sappiamo tutto, e cioè che fu Scalfaro a consigliare a Bossi di mollare Berlusconi, giudicato un politico finito, dopo che questi aveva ricevuto il noto avviso di garanzia a Napoli, dove si trovava.

Napolitano non è Scalfaro. Non è ancora arrivato a compiere azioni riprovevoli come quella che portò alla caduta del primo governo Berlusconi. Comunque vedremo che cosa succederà nei prossimi mesi. Quello che è certo è che sapremo tutto di questi colloqui da un nuovo libro di Bossi, come accadde l’altra volta con Scalfaro.
In ogni caso c’è da stare in campana.

Berlusconi, mal consigliato, commette ancora degli errori, come la nomina di Aldo Brancher (indagato e che subito si avvale del legittimo impedimento) all’insaputa (così sembra) del suo alleato Bossi. Il quale se ne ha a male. Anche tra i suoi consiglieri, dunque, si annidano coloro che gli tendono ben volentieri qualche trappola. Così pure tra i parlamentari, come ha dimostrato il caso di quei tre che hanno presentato in commissione al Senato un emendamento per inserire il condono edilizio, sempre respinto dal governo. C’è da domandarsi a nome di chi abbiano agito quei tre. La loro operazione puzza di connivenze e collusioni. Se si sapeva che il governo si è sempre dichiarato pubblicamente contro un nuovo condono, perché si è voluto presentare quell’emendamento, che ne ha danneggiato l’immagine?

Berlusconi tarda a fare ciò che i suoi elettori gli richiedono da tempo. Pulizia dei falsi collaboratori. Credere di più nelle proprie convinzioni e procedere diritto come un ariete senza temere gli scontri: questo deve fare. La sua forza sta nella sua insostituibilità. Senza di lui il Pdl si scioglierebbe come neve al sole. Lo sanno tutti. Lo sa l’opposizione e lo sanno i parlamentari, anche quelli che gli tendono le trappole. Senza Berlusconi e senza il Pdl, molti sarebbero costretti a ritornarsene a casa, e magari a cercarsi un lavoro.

Se la Bongiorno vorrà fare il braccio armato di Fini, la si tratti come tale, e le si dia il benservito.
Ieri
Marcello Veneziani riferisce che nell’ultimo libro dell’ex capo di Stato Francesco Cossiga (“Fotti il potere”), questi: “vaticina il fallimento di Berlusconi, a cui pure mostra umana simpatia e sostegno, e di cui riconosce la voglia di lasciare un segno nella storia e non di pensare alle leggi ad personam, come dicono i suoi avversari. E a differenza loro lo critica non per l’autoritarismo ma per la sua debolezza.”

Per la sua debolezza, ribadisco anch’io.

Bartolomeo Di Monaco

(Pubblicato su Legno Storto)

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