Scritte su Calabresi. Le menzogne interessate di certa stampa



Scritte su Calabresi. Le menzogne interessate di certa stampa

 

Ce lo aspettavamo. Niente da dire. Ci aspettavamo che certa stampa avrebbe usato a proprio comodo pacchi esplosivi e ordigni nei cassonetti dell’immondizia firmati con una sigla identica alla nostra. Pacchi e ordigni che mettono a repentaglio, al di là delle roboanti dichiarazioni che li accompagnano, solo l’incolumità di ignari ed innocenti passanti, impiegati delle poste, segretarie e spazzini. Merda. Senza se e senza ma.

 

Trasformare delle semplici scritte sui muri in atto eversivo, terroristico, mescolare sapientemente nel medesimo articolo il nostro gruppo, la Federazione Anarchica Torinese – FAI, con le strutture dell’avanguardismo militarista, è un’operazione che ha il solo scopo di nascondere le ragioni di quelle scritte. Ma non solo. Mestare nel torbido serve a preparare il terreno per qualche operazione giudiziaria che tappi la bocca a chi non si presta, lo ribadiamo, “all’equiparazione tra vittime e carnefici fatta da Giorgio Napolitano. Unire nella stessa cerimonia la vedova di Pino e quella del suo assassino, il commissario Luigi Calabresi, è il segno di una storia che si vuol chiudere all’insegna di una pacificazione impossibile, vergognosa, inaccettabile.”

Non è un caso che su Repubblica si intervisti uno come Maurizio Laudi, che ancora pontifica sugli anarchici, dopo aver distrutto la vita di Edoardo Massari e Soledad Rosas, imprigionati con accuse gravissime, poi rivelatesi un castello di carte. Peccato che quando il teorema Laudi è caduto i due anarchici fossero morti suicidi in carcere.

 

Politici e media vogliono che cali il silenzio sulle stragi di Stato che hanno insanguinato l’Italia per oltre un decennio, assassinando decine di persone da piazza Fontana alla stazione di Bologna. Per non dire dei compagni ammazzati nelle piazze dalla polizia. Oggi è il 12 maggio. In un altro 12 maggio, quello del ’77, in un corteo a Roma Giorgiana Masi muore sotto i colpi di un poliziotto.

 

A quarant’anni dalla strage di piazza Fontana e dall’assassinio di Giuseppe Pinelli nei locali della questura di Milano il copione è sempre lo stesso. Gli anarchici sono stupidi e criminali, il perfetto capro espiatorio per la strage che lo Stato organizzò per frenare l’onda lunga delle lotte che a scuola e in fabbrica avevano messo a dura prova un sistema politico e sociale di sfruttamento e oppressione.

L’operazione fatta da Napolitano, l’accostare il durissimo scontro sociale del Sessantotto e Sessantanove con l’avanguardismo militarista delle formazioni armate, serviva ieri e serve ancor più oggi a criminalizzare le lotte sociali.

Lo Stato cerca di assolvere se stesso, con un’operazione che, lungi dal chiarire le responsabilità, le seppellisce in un mare di retorica.

 

“L’umana pietà per i morti, per tutti i morti, non può mutare di segno allo scontro irriducibile che, in quegli anni, contrappose sfruttati e sfruttatori, oppressi ed oppressori, servi dello Stato e suoi irriducibili nemici.”

Lo stesso scontro che oggi come allora trova gli anarchici nelle strade, nei quartieri, nelle scuole, nelle fabbriche a fianco di chi lotta per la giustizia sociale e per la libertà.

 

Federazione Anarchica Torinese – FAI

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