Torino. Fronte del CIE: perquisizioni e corde al collo



Torino. Fronte del CIE: perquisizioni e corde al collo

 

Non accenna a placarsi la tensione al CIE di corso Brunelleschi a Torino: il prolungamento della detenzione a sei mesi e i “normali” soprusi quotidiani innescano ogni giorno nuove proteste.

Questa mattina – è lunedì 16 marzo – la polizia in assetto antisommossa con cani e bastoni è entrata nella sezione “rossa”, agitando i manganelli e minacciando pestaggi. I reclusi hanno temuto il peggio e si sono attaccati al cellulare, chiamando gli antirazzisti.

Un veloce giro di sms e presto al centralino del CIE sono fioccate le telefonate dei tanti che non apprezzano queste prigioni per immigrati e sostengono le lotte dei senza carte che vi sono reclusi.

La sezione “rossa” è quella dei tre tunisini che sabato hanno evitato la deportazione tagliandosi braccia e mani o ingoiando oggetti. Uno di loro è adesso in carcere perché, nonostante le ferite, ha tentato invano di guadagnare la libertà fuggendo dall’ambulanza che lo portava all’ospedale. Il terzo uomo sta male, perché dopo una radiografia e la promessa di un’operazione per togliere gli oggetti ingoiati, è stato riportato al CIE e lasciato senza cure.

La perquisizione si è conclusa dopo alcune ore, senza dare alcun esito: volevano fare un po’ di paura e magari mettere le mani sul video spedito ieri agli antirazzisti. Nelle immagini si vedeva uno dei prigionieri in una pozza di sangue nel cortile del CIE.

Mentre era in corso la perquisizione, in un’altra sezione un ragazzo si è fatto una corda e ha tentato di impiccarsi, un altro non mangia da due giorni: è al CIE da due mesi e proprio due giorni fa sarebbe dovuto uscire. La nuova norma consente allo Stato italiano di sequestrarlo per altri quattro mesi.

 

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