Torino 16 maggio: Resistenza Rom



Resistenza Rom

10 anni di lotte, occupazioni, sgomberi a Milano.

 

Venerdì 16 maggio ore 21 in corso Palermo 46

assemblea

contro le politiche razziste, le ronde fasciste e leghiste, la violenza securitaria e la repressione... percorsi di autogestione, solidarietà, lotta.

 

Interverranno esponenti di “Via Adda non si cancella”

Proiezione del video “Via Adda 14. Tutti sotto un tetto”

 

Un’occasione per fare il punto sulle politiche di esclusione sociale e repressione della giunta Chiamparino, che in questi giorni ha “chiuso” il campo “emergenza freddo” di Basse di Stura e annuncia nuovi sgomberi e deportazioni.

 

Un’occasione per ricordare che il 14 ottobre del 2007 i fascisti hanno bruciato il campo rom di via Vistrorio e 62 uomini, donne e bambini hanno rischiato di morire bruciati. Solo oggi i media, che hanno minimizzato l’episodio, insinuando persino il dubbio che i rom si fossero bruciati le roulotte e le baracche da soli, si sono accorti che in Barriera di Milano ci sono i fascisti. Gli stessi delle ronde sanguinose al Parco Stura, gli stessi sui cui cellulari sono state trovate le immagini del rogo di via Vistrorio.

 

Un’occasione per tutti gli antirazzisti interessati di promuovere iniziative di informazione e di sostegno alla resistenza dei rom anche nella nostra città.

 

Per info e contatti:

fat at inrete.it

338 6594361

 

Per un approfondimento sulle lotte dei rom rumeni di Milano vi proponiamo un articolo uscito su Umanità Nova n. 16 del 4 maggio 2008.

L’autore, Fabio Zerbini, di“Via Adda non si cancella”, parteciperà all’assemblea del 16 maggio.

 

Milano: 10 anni di lotte tra sgomberi e occupazioni

Resistenza Rom

Lo sgombero della baraccopoli di Bovisa all’inizio di aprile è stata l’ultima delle macro-operazioni contro i rom condotta dall’amministrazione milanese.

Era il 1998 quando il primo gruppo di rom-rumeni (circa una trentina di famiglie), in seguito all’incendio della loro baraccopoli, diedero vita all’occupazione delle case di via de Castillia nel quartiere Isola.

Da allora in poi, un popolo intero che il regime di Ceausescu aveva reso stanziale, ha conosciuto un vero e proprio nomadismo metropolitano, tentando si resistere agli incessanti assalti xenofobi che istituzioni e mass-media hanno portato con scientificità e accanimento tali da non aver nulla da invidiare al ventennio nazi-fascista, con un susseguirsi incessante di sgomberi, occupazioni, barricate e arresti, lotte di piazza e deportazioni.

Sconfitte e vittorie si sono intrecciate indissolubilmente, contribuendo a scrivere una pagina di storia lungi dall’essere terminata e in cui, non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’occupazione e l’autodifesa di via Adda hanno senz’altro rappresentato il punto più alto di resistenza nella storia italiana di questo popolo martoriato.

Un intero stabile venne occupato nel giugno del 2002 e in poco tempo arrivò a ospitare 300 persone. Di per sé era una delle tante esperienze che i rom hanno dovuto inventarsi per sopravvivere. Ma via Adda ha lasciato il segno per la sua capacità di autorganizzazione, per la costruzione di un consiglio di autogestione che, con tutti i suoi limiti, ha rappresentato un vero e proprio contropotere dal basso, capace di respingere gli assalti armati del potere grazie all’autodifesa permanente; capace allo stesso tempo di diventare soggetto politico agente in città, spingendo la comunità rom ad un protagonismo di piazza mai registrato prima (in particolare nelle manifestazioni contro la guerra e in occasione degli scioperi generali), cancellando nei fatti la linea politica di questura comune e prefettura che cercava, con tutti i mezzi necessari di spingere i rom fuori dalla città.

Via Adda invece era situata proprio sotto il pirellone, nel cuore finanziario della metropoli, simbolo concreto del fatto che, se si lotta e ci si autorganizza… anche l’impensabile può succedere.

Dopo lo sgombero di via Adda, compiuto con un’operazione militare senza precedenti (circa 1500 uomini impegnati) si è aperta una stagione di continui sgomberi e deportazioni di massa, interrotte nei fatti solo dall’ingresso della Romania in Europa. Solo i reduci di quell’esperienza, organizzati intorno alla campagna “via Adda non si cancella” sono in qualche modo riusciti a resistere senza piegarsi ai tentativi di pulizia etnica da una parte e di internamento democratico nei campi lager comunali dall’altra.

In ogni caso, anche se gli assalti del potere hanno certamente lasciato il segno nella struttura sociale (e forse nella psiche) dei rom, non hanno affatto raggiunto l’obiettivo di limitarne il numero, né di allontanarli dalla metropoli. Anzi.

Spinti da un impoverimento crescente del loro paese d’origine, “aiutati” dall’apertura delle frontiere con la Romania e forti di riferimenti organizzati che in Milano hanno probabilmente la roccaforte più importante a livello nazionale, il loro numero si è moltiplicato, in 10 anni di circa 50 volte. Oggi parliamo di una comunità che, solo nella metropoli, conta circa 5000 persone; e la cifra raddoppia se calcolata rispetto all’intera provincia.

 

Il quadro attuale

Dicevamo di Bovisa. Dopo lo sgombero, le 150 famiglie che vi abitavano hanno dato vita ad una vera e propria diaspora metropolitana. In parte si sono divise in alcune delle situazioni pre-esistenti; altre hanno dato vita a nuovi insediamenti, mentre solo una piccola minoranza ha lasciato l’Italia.

Il mosaico della comunità quindi si arricchisce e si complica e possiamo ricondurlo a tre categorie distinte.

 

1) I campi comunali il cui simbolo è quello di via Barzaghi-Triboniano. Un campo che nella sua lunga storia ha vissuto tre sgomberi (l’ultimo diede vita alle barricate del giugno 2007) e che, a fronte di condizioni strutturali di vivibilità senz’altro migliori che in passato (per spazio abitabile, elettrificazione e servizi), è soggetto al regolamento semi-carcerario che va sotto il nome di “Patto per la legalità e la solidarietà”. Un’invenzione di Caritas e istituzioni locali che vieta la possibilità di ospitare parenti, di praticare la questua, di organizzare feste, di operare modifiche alla struttura del campo (per esempio costruire verande), di incorrere in guai di natura legale e, nei fatti, di organizzare attività politiche indipendenti.

Insomma un vero e proprio lager, modello di sperimentazione di controllo sociale e che non manca di far sentire i suoi effetti repressivi: in un anno 7 famiglie sono state espulse per averlo violato.

Il ricatto è enorme, ma la protesta comincia a serpeggiare e a organizzarsi nonostante il clima poliziesco instaurato da Caritas e Comune; e siamo convinti che, presto o tardi, ne vedremo nuovamente delle belle.

 

2) Le baraccopoli abusive, che ormai contornano l’intera città e che vivono la costante minaccia di sgombero, esattamente come Bovisa. Insediamenti dove cresce la percentuale di operai, in nero e non solo, prefigurando una condizione che potrebbe presto riguardare una massa lavoratrice ben più ampia e variegata. Un monito per l’intera classe lavoratrice schiacciata dalla tenaglia dei salari da fame e dai prezzi esorbitanti delle case.

Per loro le prospettive immediate oscillano tra sempre più improbabili ipotesi di creazione di nuove enclavi controllate (tipo Barzaghi per capirci) e l’applicazione di accordi riguardanti un loro trasferimento forzato in Romania, con campi allestiti grazie a fondi della comunità europea e gestiti, guarda caso, sempre dalla Caritas,

In ogni caso si dovrà passare per sgomberi di massa, con possibilità crescenti che si scatenino nuove lotte autorganizzate.

 

3) Le occupazioni di case, che, dopo lo sgombero di via Adda, hanno il loro indiscusso punto di forza nella cascina Bareggiate, occupata dopo tre mesi dalla caduta del fortino di via Adda dai reduci di quell’esperienza. Nel corso di quattro anni ci sono stati ben tre tentativi di sgombero (tutti respinti) e molteplici campagne intimidatorie, politico-mediatiche e giudiziarie, spesso mettendo nel mirino i bambini. E anche in questo caso è solo grazie all’autorganizzazione che l’occupazione continua a resistere e che non c’è mai stato spazio né per gli aguzzini della Caritas, né per gli avvoltoi dell’associazionismo pacifista che cercano sistematicamente di ricondurre la lotta negli alvei istituzionali, condannando i rom alla subalternità e… alla morte lenta.

Più recentemente, all’esperienza di cascina Bareggiate si sono affiancate un altro paio di situazioni, che, anche se di consistenza numerica e politica minore, contribuiscono senza dubbio a indicare la strada, l’unica percorribile, all’intera comunità.

 

Conclusioni

Come in ogni guerra ancora in corso, nessuno può prevederne gli esiti finali. Dipenderà da molti fattori; e per le stesse ragioni che hanno spinto i rom di cascina Bareggiate a partecipare allo sciopero generale del 9 novembre, quello determinante sarà lo schieramento attivo della parte più combattiva del proletariato, capace finalmente di scrollarsi di dosso i veleni del razzismo e di fare leva sulle proprie capacità in quanto classe internazionale. Ma non si può guardare a questa prospettiva in termini astratti, attendisti o ideologici. E quindi, ancora una volta, spetterà ai rom farsi carico del proprio destino, proseguire nella battaglia per la casa, autodeterminarsi in quanto parte integrante della classe lavoratrice, avviare un serio percorso di unificazione, sapendo di non essere soli.

La battaglia è aperta e la campagna “Via Adda non si cancella” ha sempre più motivi per proseguire il percorso iniziato ormai da anni e ha bisogno del sostegno politico di tutti i sinceri rivoluzionari.

Fabio Zerbini

 

Prossimi appuntamenti:

 

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti

 

Sabato 24 maggio giornata contro la guerra e il militarismo.

Appuntamento alle ore 10 al Balon – piazza Borgo Dora angolo via Andreis – per info point antimilitarista con mostra sulle guerre dell’Italia: dal Kosovo all’Afganistan.

Musica, interventi e ristoro.

Nel pomeriggio info point itinerante sui luoghi del militarismo nostrano.

 

Federazione Anarchica Torinese – FAI

Corso Palermo 46 – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21 in poi – distribuzione di libri e stampa anarchica

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