Uzbekistan: Andizhan un anno dopo. Amnesty: "le vittime non devono essere dimenticate"



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COMUNICATO STAMPA
CS50-2006

UZBEKISTAN: ANDIZHAN UN ANNO DOPO. AMNESTY: 'LE VITTIME NON DEVONO ESSERE
DIMENTICATE'

'Camminando per le strade di Andizhan, si affondava nel sangue e nella
pioggia.'
(un testimone oculare degli eventi di Andizhan del 12 e 13 maggio 2005)

Il massacro di Andizhan dello scorso anno continua a essere usato come
alibi dalle autorita' dell'Uzbekistan per reprimere la liberta' di
espressione in nome della sicurezza nazionale e della 'guerra al terrore'.


A un anno esatto dall'uccisione di centinaia di persone, per lo piu'
civili disarmati, Amnesty International pubblica un rapporto e lancia
un'azione per chiedere alla comunita' internazionale di non chiudere gli
occhi di fronte alle violazioni dei diritti umani - tra cui ulteriori
uccisioni e uso costante della tortura - nel paese centroasiatico.

'Il governo uzbeco ha ignorato con disprezzo le richieste di un'inchiesta
internazionale, imparziale, indipendente e completa sugli eventi di
Andizhan. Ha rifiutato di prendere qualsiasi provvedimento concreto per
indagare sulla violenza compiuta dalle proprie forze di sicurezza e
sottoporre a processo i responsabili' - ha affermato Amnesty
International. 'Un anno dopo, la necessita' di fare luce su quanto
accaduto ad Andizhan e' piu' pressante che mai, per incriminare i
colpevoli e rendere giustizia alle vittime'.

Il 13 maggio 2005, le forze di sicurezza uzbeche aprirono il fuoco in
maniera indiscriminata contro i partecipanti a una manifestazione indetta
per protestare contro le politiche repressive del governo e la diffusa
poverta'. Centinaia di persone sospettate di aver preso parte alla
manifestazione furono arrestate, molte altre vennero sottoposte a
maltrattamenti e torture. Altre centinaia cercarono riparo nel vicino
Kyrgyzstan. I processi iniqui furono decine e decine.

Da allora, Amnesty International, Human Rights Watch e altre
organizzazioni non governative hanno continuato a denunciare la perdurante
repressione ai danni della societa' civile, soprattutto nei confronti di
chiunque, compresa la stampa internazionale, abbia osato e osi contestare
la versione ufficiale degli eventi di Andizhan.

'Imprigionando gli attivisti per i diritti umani e strangolando la stampa
indipendente, le autorita' uzbeche stanno cercando di seppellire la
verita' su quanto accaduto un anno fa ad Andizhan. Il loro obiettivo e'
nascondere l'evidenza, e cioe' che quelle pratiche repressive che
scatenarono le proteste di Andizhan, come gli arresti arbitrari, i
maltrattamenti, le torture, i processi iniqui e la mancanza di liberta' di
espressione e di associazione, proseguono senza soluzione di continuita''
- ha proseguito Amnesty International.

L'organizzazione per i diritti umani ritiene che le persone arrestate per
aver cercato di raccontare la verita' sui fatti di Andizhan siano
prigionieri di coscienza e chiede il loro rilascio immediato e
incondizionato. Amnesty International segnala in particolare quattro casi:
- Aleksei Volosevich, giornalista indipendente. Presente il 13 maggio 2005
ad Andizhan, ha pubblicato la propria testimonianza sul principale sito
indipendente in lingua russa, www.ferghana.ru. E' stato vittima di
un'aggressione dopo che il principale organo governativo d'informazione,
Pravda Vostoka, l'aveva accusato di tradimento.
- Saidzhakhon Zainabitdinov, attivista per i diritti umani. Il 5 gennaio
di quest'anno, al termine di un processo irregolare, e' stato condannato a
sette anni di carcere, che sta scontando in una localita' sconosciuta. La
sua testimonianza sugli eventi del 13 maggio, in profondo contrasto con
quella ufficiale, fu ampiamente ripresa dalla stampa internazionale.

- Dilmurov Muhiddov, attivista per i diritti umani. Il 12 gennaio di
quest'anno e' stato condannato a cinque anni di carcere per 'tentativo di
sovvertire l'ordine costituzionale'. Era stato arrestato l'anno scorso
perche' trovato in possesso di un documento sui fatti di Andizhan, diffuso
dal partito laico di opposizione 'Birlik'.

- Mutabar Tadzhibaeva, presidente di un'associazione locale per i diritti
umani e candidata al premio Nobel per la pace 2005. Il 6 marzo di
quest'anno e' stata condannata a otto anni di carcere per reati di natura
economica e politica. Prima dell'arresto, stava svolgendo una ricerca
sulle violazioni dei diritti umani nella valle di Fergana.

Amnesty International sollecita inoltre le autorita' dell'Uzbekistan a
consentire immediatamente l'avvio di un'inchiesta indipendente a livello
internazionale e a garantire che tutte le persone incriminate siano
sottoposte a un processo equo e pubblico, nel corso del quale sia vietato
utilizzare come prove dichiarazioni estorte con la tortura.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 11 maggio 2006

Il rapporto Andizhan: Impunity must not prevail e' disponibile in lingua
inglese all'indirizzo:
http://web.amnesty.org/library/index/engeur620102006

Per ulteriori informazioni:
Uzbekistan: Lifting the siege on the truth about Andizhan
http://web.amnesty.org/library/index/engeur620212005
Kyrgyzstan: Refugees in need of a safe haven
http://web.amnesty.org/library/index/engeur580082005
Kyrgyzstan: Uzbekistan in pursuit of refugees in Kyrgyzstan: A follow-up
report  http://web.amnesty.org/library/index/engeur580162005

Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it



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