I: 25 aprile anche in Corelli



Care/i tutte/i,

mi permetto di segnalarvi questo appello sul CPT - Centro di Permanenza
Temporanea di via Corelli, a Milano, che Vittorio Agnoletto aveva visitato
nella veste di europarlamentare lo scorso 2 aprile, giornata mondiale per i
diritti dei migranti, raccogliendo testimonianze di detenzioni arbitrarie,
episodi di pestaggio, somministrazione forzata di sedativi, difficoltà ad
accedere alle cure sanitarie, inadeguatezza del cibo.

Da allora abbiamo seguito e continuiamo a seguire la mobilitazione interna
al centro e quella che fuori sta organizzando il "Comitato di appoggio alla
lotta dei detenuti di via Corelli".

Saluti,
Giosuè De Salvo

Ufficio Stampa Vittorio Agnoletto


-----Messaggio originale-----
Da: Pietro Maria Maestri [mailto:p.maestri at provincia.milano.it]
Inviato: venerdì 22 aprile 2005 15.53
Oggetto: 25 aprile anche in Corelli

25 aprile a Milano: per chiudere Corelli
Se non ora, quando?

“Tra un po’ sarà il 25 aprile. Noi, detenuti ed ex-detenuti del Centro di
detenzione per immigrati di via Corelli non dobbiamo chiedere a voi
italiani se conoscete il fascismo. Perché sappiamo che l’avete conosciuto.
Vi chiediamo, però, se l’Italia è un paese democratico o un paese fascista.
Perché noi che siamo qui dentro e noi che siamo usciti vi diciamo che in un
paese che si definisce democratico non possono esistere luoghi come Corelli
e tutti gli altri Centri di detenzione in Italia, nuovi Lager. Perché
Corelli e democrazia sono due cose contrarie, così come due cose contrarie
sono la democrazia e tutte le ingiustizie che noi immigrati dobbiamo subire
in Italia. Se l’Italia si definisce fascista, allora Corelli può esistere,
ma in questo caso siamo noi per primi a volere andare via dall’Italia di
nostra spontanea volontà. Se invece non è così e vi definite democratici, a
questo punto Corelli non deve esistere.

I detenuti e alcuni ex-detenuti del Centro di detenzione di via Corelli, a
Milano”


E’ questo che ci chiedono i detenuti e gli ex-detenuti del Centro di
detenzione di via Corelli, a Milano. Sapremo rispondere? Da due settimane
ormai, dal momento in cui sono riusciti a far pervenire all’esterno la loro
rivendicazione di libertà, e a far sapere che per ottenerla erano in
sciopero della fame, si è costituito un Comitato d’appoggio alla lotta che,
come primo compito, vuole essere il megafono dei reclusi in questo carcere
a regime speciale, una prigione di massima sicurezza per immigrati
E’ la prima volta, in Italia, da quando esistono i Centri di detenzione,
luoghi di non diritto e di continui soprusi, umiliazioni e violenze,
istituiti nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano, che i detenuti di un
Centro riescono a trovare una capacità così compatta di organizzazione.
Negli anni passati le rivolte non erano certo mancate, né a Milano né
altrove. Ma non erano mai riuscite a dar vita a percorsi continuativi, a
costituire soggetti politici in grado di immaginare una prospettiva, di
lottare per questa, mettendosi in gioco e arrivando a pagare sulla propria
pelle le scelte fatte. Solo a volte il lavoro delle organizzazioni
antirazziste era riuscito, dall’esterno, ad aprire una breccia nel silenzio
e nell’assoluta impenetrabilità di questi luoghi e a far sapere che cosa
davvero accadesse all’interno. Ma poi, tutto, dopo un breve periodo, salvo
casi eccezionali, ritornava al silenzio voluto dalla logica della legge che
li ha inventati e di quella che l’ha seguita, la Bossi-Fini.
Ora non è così. Dopo il primo comunicato dei detenuti di Corelli, anche dal
Centro di detenzione di Bologna è arrivato all’esterno un comunicato che
raccontava la protesta di coloro che sono rinchiusi lì dentro e faceva
conoscere le loro rivendicazioni. Nel frattempo, i detenuti di Corelli
hanno cambiato forma di lotta, dallo sciopero della fame sono passati a
forme di sciopero meno autolesioniste, continuando, comunque, a rifiutare
il cibo della Croce rossa, gestore del Centro.
Una lotta che ha già cominciato a produrre dei risultati: la denuncia
rispetto al fatto che siamo di fronte a carceri speciali a regime duro ha
fatto il giro delle radio e dei mass-media; circa 30 persone sono state
liberate prima della scadenza dei 60 giorni di reclusione previsti
dall’attuale normativa; la prefettura ha dovuto incontrare i prigionieri e
ascoltare le loro pesanti denunce contro il CPT e chi lo gestisce; nel
processo a Gisella, una delle leader della rivolta, sono emerse apertamente
tutte le contraddizioni delle forze operanti nel CPT, impedendo la sua
deportazione già preannunciata.
Sono solo dei primi risultati pagati tra l’altro a caro prezzo; il prezzo
della deportazione mirata per coloro che più di altri si erano esposti
politicamente per organizzare la protesta e per farla conoscere. Ma vale la
pena ricordare le parole di Radouan, marocchino, pochi attimi prima di
salire ammanettato sulla macchina della polizia in direzione Malpensa:
“Parto con serenità perché so che noi tutti abbiamo fatto il nostro dovere.
Spero che gli altri che restano continuino questa lotta…..”

Nel giorno del sessantesimo anniversario della liberazione dell’Italia dal
fascismo facciamo appello a tutte le forze democratiche perché, proprio in
questa giornata, si rinnovi nel presente un’azione di liberazione, per
portare a compimento quello che i detenuti di Corelli hanno appena iniziato
e che non riguarda soltanto gli immigrati che arrivano in questo paese.
Chiudere via Corelli, e tutti gli altri Centri disseminati sul territorio
italiano e europeo, significa infatti cancellare una delle continuità con
un passato che ci ha consegnato per sempre la domanda di Primo Levi: “se
questo è un uomo”, “se questa è una donna”. Una domanda che dobbiamo porci,
oggi, in modi diversi, di fronte a tutte le forme di detenzione,
deportazione, repressione, guerra messe in atto dai governi europei contro
uomini, donne, bambini, che esercitano unicamente il loro diritto a migrare.

Comitato di appoggio alla lotta dei detenuti di Corelli



Dopo la manifestazione del 25 aprile, alla fine degli interventi in piazza
Duomo, saremo in tanti davanti al Centro di via Corelli, a partire dalle
ore 18 fino a notte.

Prime adesioni (da inviare a semir at libero.it): Via Adda non si cancella,
Todo cambia, Sincobas, Attac, Action Milano, Indymedia, Rifondazione
comunista Milano,  Naga,  gli/le occupanti delle case di Sesto San
Giovanni, Centro popolare la fucina,