Un po di silenzio Rossana Rossanda



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Un po di silenzio - Rossana Rossanda
Il Manifesto,  3 aprile  2005

Che  la terra gli sia leggera,

più di quanto lo sono stati

i media. Giovanni Paolo II

si è spento, dopo giorni di

patimento mentre l.Italia era sommersa

da un mare di parole, immagini

rubate, indiscrezioni. Un indecente

voyeurismo. L.ultima fotografia

del suo volto sfigurato nell.inutile

tentativo di parlare alla folla ha

campeggiato sulle prime pagine. Chi

lo diceva morto, chi lo sentiva parlare

in italiano e in tedesco, chi lo assicurava

vigile e chi in coma. Se

avessero potuto tenere le telecamere

a mezzo metro dal letto e captare in

audio l.ultimo respiro, lo avrebbero

fatto. I soliti vescovi da tv non erano

inginocchiati a pregare, stavano negli

studi della Rai o di Mediaset a invitare

alla preghiera gli altri. In un

crescendo alimentato dai soliti conduttori

siamo stati informati che

piangevano e pregavano tutti i cattolici,

anzi tutte le chiese cristiane,

tutto l.ebraismo, tutti i musulmani;

ci mancavano solo i sentimenti dei

buddisti. Il presidente della Repubblica

della quale sono anch.io cittadina,

ha partecipato alle messe di

veglia e fatto dichiarazioni un tempo

impensabili per uno stato laico e

che non mi rappresentano.

Non so se questa spettacolarizzazione

sia stata da lui desiderata o se

sia frutto della curia e dei personaggi

che lo circondavano. Certo Karol

Wojtyla ha accettato e cercato tutti i

media - per introdurre la Chiesa nel

terzo millennio, ci dicono i vaticanisti

- e alla fine è stato vittima delle

loro smoderatezze, che nessuno ormai

ignora. Così sono scomparse

dalle prime pagine e dai telegiornali

tutte le altre notizie, a meno che riguardassero

la Formula 1. E forse

questa massificazione di una religione

facile ha guidato buona parte

di quelli che da sabato hanno riempito

piazza san Pietro per poter dire,

come il nonno al tempo delle battaglie,

«anche io c.ero», allo spegnersi

delle luci delle due famose finestre.

Come rimproverali? Non è questo

che mette a disagio chi, non credente,

considera il cristianesimo un

grande evento dell.umanità. E. l.uso

che se ne sta facendo. Perché parlare

di via crucis per un vecchio che

stava morendo di pesanti malattie,

come capita a milioni di altri al

mondo, e senza essere arrivati alla

sua età, e senza le cure che a lui sono

state prodigate? Di martirio? L.ebreo

di Nazareth, convinto di essere

figlio di Dio, accettò di essere flagellato

e morire di un orrendo supplizio,

e solitario, come l.ultimo degli

schiavi, per salvare il mondo. Karol

Wojtyla, da quando è stato eletto

papa, non si è sentito più un uomo,

ma la voce di Cristo, fino a parlare di

sé in terza persona.

Ma era un uomo e ci ha fatto

un.immensa pena questo suo proporsi

come simbolo di una via d.uscita

per un.umanità non solo secolarizzata

ma che dichiara ogni giorno

di essere priva di ideali e di idee.

Lo si è consumato come una rockstar

quando lo si sarebbe dovuto

proteggere. Morire è un duro lavoro,

e più in una fibra come la sua che

sfidava la montagna e le nevi, e ha a

lungo resistito. Andava accompagnato

con discrezione e pietà.

Non pensiamo che ce ne saranno

molte al suo funerale e alla sua sepoltura.

Verranno i grandi del mondo

che non si sono sognati di dargli

ascolto quando parlava per la pace e

contro la ricchezza. E. stato la sola

autorità morale per chi non ha più

avuto cura di un.etica terrena. Adesso

viene il tempo per una riflessione

sul papato di Giovanni Paolo II, anch

.esso enfatizzato da elogi e dichiarazioni

di primati e insostituibilità,

che neanche GregorioMagno. Ora si

potrà misurare il suo apporto teologico,

forse non così rilevante, il suo

insegnamento etico, forse non così

innovativo, il suo peso politico moltiplicato

dal crollo dei comunismi, il

suo ruolo non privo di ombre sulla

comunità ecclesiale. C.è un giorno

per vivere e un giorno per morire,

dice il Qoelet. Che almeno questo sia

lasciato al silenzio.