[Diritti] ADL 170504 - La schiavitù



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894

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Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale - inviato oggi a oltre 50mila utenti – Zurigo, 4 maggio 2017

    

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IPSE DIXIT

 

La Schiavitù «Chiamo Schiavitù l'impotenza dell'uomo a moderare e a reprimere gli affetti; giacché l'uomo sottoposto agli affetti non è pa­drone di sé, ma in balia della fortuna; al cui potere è così soggetto che spesso è costretto a fare il peggio, benché veda il meglio.» - Bene­detto Spinoza

 

    

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24).

    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

   

          

Editoriale

 

Una legge che ti garantisca

la governabilità non esiste

 

Dopo avere impegnato il Paese nella gran zuffa che sappiamo per una revisione costituzionale rigettata dal popolo e per una legge elettorale cassata dalla Consulta, dopo avere giocato vittoriosamente una com­plessa partita tattica fatta di pseudo-dimissioni e iper-rotta­mazioni, riecco a voi Matteo Renzi, genio rinascimentale in formato tweet.

    Detto fatto, i grillini hanno a loro volta iniziato a 'cinguettare' in vista di una riedizione dell'Italicum, riedizione che avrebbero per altro la forza d'im­por­re in Parlamento insieme al PD: "Si potrebbe, ad esempio", ha proposto l'on. Di Maio (M5S), "prevedere una soglia più bassa dell'attuale 40 per cento, realisticamente irraggiungibile dai partiti attuali, portandola al 35". Che Dio ce ne scampi.

    Ne seguirebbe una partita a dadi tra PD e M5S in cui gli uni o gli al­tri avrebbero la quasi certezza di fare bingo: basterebbe un po' di a­sten­sio­nismo o un po' di "voto utile" per andare di qua o di là… e ag­giu­di­car­si un "premio" pari al 20% dei seggi nelle due Camere.

    Ma, in questo modo, dati i passati pronunciamenti della Consulta in materia elettorale, approderemmo al terzo Parlamento consecutiva­mente "nominato" sulla base di una legge incostituzionale. Senza contare la roulette russa di un eventuale vittoria grillina in rapporto all'Europa. Se il popolo italiano deve scegliere tra Europa Sì ed Europa No, il "premio" maggioritario c'entra come i cavoli a merenda.

    Di fronte a tutto ciò la sinistra a sinistra del PD, quella che passo dopo passo sta compiendo la sua lunga marcia verso l'evanescenza, amerebbe molto reintrodurre il "maggioritario di coalizione", cioè il premio a un raggruppamento di liste (come nel Porcellum) anziché a una lista sola (come nell'Italicum). Quasi che un ritorno alla "Legge porcata" di Cal­deroli potesse riportare l'orologio della storia repubblicana ai bei tempi andati del centro-sinistra anni Novanta.

    Matteo Renzi ha nettamente escluso di volersi alleare con gli "scis­sio­ni­sti" in una coalizione di liste. E perché mai dovrebbe farlo, potendo ora scegliere "fior da fiore" dentro una vasta platea di peones interessati e disponibili a farsi ricandidare come "indipendenti" nella lista del PD? Il perché, ribatte Giuliano Pisapia, sta nelle prossime elezioni regionali (Lazio e Lombardia, soprattutto), nelle quali Renzi rischia una plateale sconfitta se corre solo. Anche il socialista Nencini la pensa così: "Continuo a leggere dichiarazioni fantasiose di autorevoli dirigenti del PD. Sostengono che il PD, in perfetta solitu­di­ne, sia in grado di vincere le elezioni a mani basse. Suggerisco loro di chiedere ai candidati sindaci in lizza nelle amministrative di giugno".

 

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Competition is copetition

Matteo Renzi e Giuliano Pisapia

 

Può darsi che Piasapia e Nencini abbiano ragione. Resta, però, che a ridosso della fine legislatura non sarebbe né eticamente lecito né po­liticamente sostenibile un ennesimo stravolgimento della materia elet­torale a uso e consumo di tizio o di caio.

    Si voterà a ottobre. O, al più tardi, nella primavera prossima. Dun­que, l'impianto all'interno del quale quale questo Parlamento di "nominati" può muoversi è il proporzionale che re­sta dopo i due pronunciamenti della Consulta. Se non s'intende uscire dal cerchio delle cose legittime ci si deve limitare a un'armo­niz­za­zione delle soglie d'accesso alla Camera e al Senato. Con buona pace dei vedovi in­con­solabili del Porcellum, i quali profetizzano incubi e sfra­celli se non verrà approvata "una legge che garantisca la governabilità".

    Ora, a parte che tutte queste lamentazioni sull'ingovernabilità astrale prossima ventura tendono, evidentemente, alla primazia di due o tre uo­mini soli al comando, nessunissimo vantaggio può nascere per l'Ita­lia da ulteriori manipolazioni incostituzionali della volontà popolare, per quanto astutamente paludate. Perché una legge elettorale che "ga­ran­tisca la governabilità" semplicemente non c'è né può esistere. È questo il lascito della Seconda Repubblica, spirata dopo che nel 2013 il po­polo elettore aveva scardinato financo il Porcellum, catapultando il M5S in cima alla classifica, con gran dispetto degli astrologi di sua mae­stà che fino a un'ora prima dei risultati profetizzavano tutt'altri numeri.

    L'unica strada che la sinistra a sinistra del PD potrebbe an­cora im­boccare, nel legittimo interesse di non scomparire del tutto, è coa­liz­zarsi e combattere politicamente, sempreché si ricordi come si fa.

    La gente ha capito quel che vogliono i sovranisti di destra e di sinistra, ha capito quel che vogliono gli europeisti di centrodestra e di centrosinistra. La sinistra a sinistra del PD deve entrare nel merito.

    E il popolo italiano, che stu­pido non è, potrà poi facilmente proporzionare un nuovo orientamento politico, se vorrà e come vorrà.

    O abbiamo scordato che le elezioni, ormai comunque prossime, servirebbero proprio a questo?

           

       

Dall'ultimo fronte

L'Ucraina di Rocchelli e Mironov

 

Alla Triennale di Milano fino al 7 maggio

Parco del Castello sforzesco - Salone d'Onore

 

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Ascolta RADIO3MONDO del 01/05/2017

Professione reporter: ricordando Andy Rocchelli.

Vai al Podcast del documentario di Elisabetta Ranieri

    

     

SPIGOLATURE 

 

A quando una sinistra all'altezza delle aspettative?

 

di Renzo Balmelli 

 

CIRCOSTANZE. Che piccolo capolavoro quel "vengo dopo il Pd" cesellato da un arguto titolista per inquadrare con garbata ironia la conclusione delle primarie e delle loro ricadute sul governo. In esso, sulla falsariga del "vengo dopo il Tg" di Renzo Arbore, a suo tempo specchio di un Paese che cercava e tuttora cerca risposte, si conden­sa­no i patemi d'animo dei votanti. Ad ogni passaggio le primarie via via si sono trasformate nel Pd di Renzi, in quello di Orlando, di Emiliano, nel Pd delle presunte rivincite, del mal di pancia, del Nazareno bis e infine del Pd che appunto verrà dopo. Ma come? Molto dipende da come il carro del vincitore riuscirà a reggere ai non improbabili sobbalzi dell'ultima ora di chi vuole salire e chi vuole scendere a seconda delle circostanze. Auspicabile sarebbe un programma di sinistra all'altezza delle aspettative. Sinistra di fatto, non solo di parole!

 

ERETICO. Ha sfidato le regole del viver sano e quelle non meno impervie di comunista eretico arrivando alla bella età di 86 anni. Era quasi impossibile incontrare Valentino Parlato, scomparso l'altro ieri, senza una delle sue ottanta sigarette giornaliere. Non meno impenitente è stata la sua difficoltà' a convivere con l'ortodossia ufficiale che lo portò' a dare vita alla " rivoluzione non russa" confluita nel Manifesto e in seguito alla quale venne radiato dal Pci. Straordinaria figura di intellettuale, ha dato alla cultura un contributo di grande spessore grazie anche un "parterre de roi" comprendente Rossana Rossanda, Pintor, Natoli, Luciana Castellina. Una scuola di pensiero che fra le tante cose verrà ricordata per il titolo "Praga è sola" all' indomani dell'invasione sovietica che sancì la rottura definitiva con Mosca. Memore di tante battaglie se n'è andato con un velo di malinconia per come vanno le cose nella sinistra.

 

INSIDIE. Pensare che i raid dell'ultra destra come quello di Milano in occasione del 25 aprile siano soltanto un rigurgito di sentimenti nostalgici potrebbe essere fuorviante. Per valutare le insidie che si celano dietro siffatte provocazione occorre indagare sui collegamenti delle destre europee a volte ambigue in questi giorni nei confronti delle iniziative neofasciste. Basta leggere d' altronde gli insulti rivolti a Laura Boldrini dopo la sua esplicita condanna dell'adunata milanese, per vedere con quanta facilità si possono irridere e aggirare le disposizioni dello Stato e calpestare i valori della Resistenza. Sul brutto passato che ritorna ci sono forze che speculano alla grande sguazzando tra le pieghe di una politica sempre più' rissosa, incartata e disattenta.

 

SFIDA. In Italia "finire a tarallucci e vino" è' un modo di dire entrato nel linguaggio comune per indicare la conclusione pacifica di una ver­tenza. Talvolta può avere un significato negativo. In Francia alla vigilia del cruciale ballottaggio di domenica i soliti buontemponi attivi su Fa­cebook hanno lanciato invece la sfida tra i maccheroni di Macron e le penne di Marine Le Pen. Diventato subito virale, l'italico acco­stamento gastronomico tra le specialità importate a corte da Caterina de Medici, ha dato una nota "gustosa" alla sfida a volte velenosa per l'Eliseo repubblicano. Sfida già decisa secondo i sondaggi, che si stanno prendendo la loro rivincita, ma da seguire con la massima attenzione per l'importanza della posta in palio che riguarda tutti noi. La partita che si apre a Parigi e in Europa ovviamente non può' finire a tarallucci e vino con chi frequenta relazioni pericolose, nella convinzione che "ieri", uno "ieri" pieno di anni bui, significhi "domani".

 

PRESAGI. A volte ritornano. E visti i tempi che corrono non è un ma­le. Anzi. Mentre Trump doppia il capo dei primi cento giorni iniziati malamente e proseguiti tra confusione e nervosismi, la voce di Obama torna a farsi sentire nella desolazione politica di Washington. Più che un vero e proprio come back sulla scena pubblica, è piuttosto una boc­cata d'aria fresca condita da battute, tipo: "Che cosa è successo mentre ero via?". La sua riapparizione potrebbe essere l'inizio di una nuova car­riera in veste di maître a penser della prossima generazione del Par­tito democratico, capace di opporre una alternativa credibile alla marea montante del populismo in tutte le salse. Se ne avverte l'esigen­za, negli Stati Uniti come in Europa e nel mondo, dove sotto la spinta di una ide­ologia irridente ed estrema soffiano venti carichi di brutti presagi.

 

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Sisma - Nasce l'Osservatorio

per la Ricostruzione di qualità

 

Voluto da Legambiente e Fillea. L'obiettivo è aiutare i cittadini

delle zone colpite dal sisma. Tanti i temi sul tappeto: le nuove

scuole, la necessità di una gestione virtuosa delle macerie

finalizzata al recupero e al riutilizzo, la sicurezza del lavoro

 

Aiutare i cittadini e monitorare la ricostruzione nelle aree colpite dal sisma. È questo il principio alla base dell'Osservatorio nazionale per una ricostruzione di qualità, inaugurato da Legambiente e Fillea Cgil. Tanti sono gli obiettivi dell'iniziativa, che vuole mantenere alta l'attenzione sulle zone terremotate, a partire dal tema della ricostruzione delle scuole, della necessità di una gestione virtuosa delle macerie finalizzata al recupero e al riutilizzo, nonché sul tema della qualità e della sicurezza del lavoro.

    Per Legambiente e Fillea Cgil, le aree del cratere possono diventare un esempio virtuoso di ricostruzione sostenibile e innovativa, garanten­do legalità e trasparenza e tenendo conto della sfide legate anche all'e­co­nomia circolare. Una scommessa e una sfida che non si deve assolu­ta­mente perdere in tutta la penisola e che deve partire dalla messa in si­curezza delle scuole poste nelle zone 1 e 2 a rischio sismico su tutto il ter­ritorio, fissando obiettivi chiari negli interventi dell'adeguamento sismico e dell'efficientamento energetico per avere edifici adeguati alle esigenze delle persone che li abiteranno. Stando agli ultimi dati dispo­ni­bili, nelle zone del cratere il 27% degli edifici scolastici risulta anco­ra parzialmente o temporaneamente inagibile, e il 6% è del tutto ina­gi­bile (dati dipartimento Protezione civile, aggiornati al 31 marzo 2017).

    E anche i dati raccolti da Legambiente relativi all'anagrafe del Miur non sono molto incoraggianti: su 537 edifici scolastici presenti in 122 comuni del cratere (su un totale di 140), ben 90 (il 16,8%) non presen­tano nessun dato rispetto all'anno di edificazione. Dei restanti 447 edi­fici scolastici, il 66,4% è stato realizzato prima della normativa anti­si­smi­ca del 1974, il 32,3% fra il 1975 e il 2009 e l'1,3% dal 2010 in poi.

    Per quanto riguarda gli interventi di messa sicurezza, questi sem­bra­no essere un miraggio: il 60,7% dei comuni del cratere dove sono pre­senti scuole risultano non aver effettuato, negli ultimi anni, interventi. In particolare, su 537 edifici presenti solo l'1,5% ha beneficiato di in­terventi di adeguamento sismico. Per questo Fillea e Legambiente so­sten­gono che "è urgente cambiare passo" e nell'attuale partita della ricostruzione post sisma "è necessario partire dalla riqualificazione del patrimonio edilizio".

     "L'Osservatorio nazionale – spiega Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil – vuole anche dare un sostegno alle amministra­zioni pubbliche locali e alla cittadinanza, attraverso l'incentivo e la promozione di specifiche campagne informative e di sensibilizzazione rivolte a tutti, cittadini, sindaci, ma anche professionisti e imprese". Non solo. "L'Osservatorio vuole anche favorire  l'insediamento e la nascita di imprese in loco specializzate nella ricostruzione di qualità, nell'utilizzo di nuovi materiali a minor impatto ambientale e dei materiali di riciclo, nella gestione dei rifiuti, nella predisposizione dei depositi di materiali".

    Sulla stessa linea di Genovesi è Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente: "Il terremoto ci ricorda drammaticamente quanto sia urgente lavorare per la messa in sicurezza del territorio e del patrimonio edilizio, a partire dalle scuole, che possono diventare un grande cantiere di innovazione diffusa. L'Osservatorio, che abbiamo realizzato e pensato insieme alla Fillea Cgil vuole essere una sorta di sentinella del territorio per aiutare le comunità. Siamo convinti che una ricostruzione energeticamente sostenibile e sicura debba avvalersi del coinvolgimento dei cittadini".

     Occorre sapere leggere le trasformazioni (ambientali, demografiche, tecnologiche e dei bisogni) avvenute, intrecciandosi con politiche di sviluppo mirate a favorire nuovi modelli produttivi. La Ricostruzione deve ispirarsi all'economia circolare e all'efficienza energetica in un rapporto positivo con il territorio, la storia, la cultura e le tradizioni.

 

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ECONOMIA

 

La separazione bancaria

approda alla Camera

 

Si torna alla "Glass-Steagall"? La Commissione Finanze della Camera ha iniziato la discussione sulle proposte di legge relative

alla separazione tra banche ordinarie e banche d'affari. Le varie proposte sono accomunate dalla medesima finalità fondamentale,

la salvaguardia e la tutela del risparmio dei cittadini.

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

In generale le banche che svolgono attività di "commercio in proprio" di strumenti finanziari non dovrebbero svolgere anche le attività di raccolta del risparmio tra il pubblico né effettuare l'esercizio del credito.

    In alcune proposte opportunamente si fa riferimento alla legge Glass-Steagall che venne introdotta negli Usa dal presidente Roosevelt nel 1933 per combattere la speculazione e impedire l'utilizzo del risparmio delle famiglie in operazioni ad alto rischio da parte delle banche.

    Il tema della separazione è diventato da tempo oggetto di discussione a livello mondiale, ma in Italia si è imposto soprattutto dopo il gennaio 2016 quando i governi europei, anche il nostro, hanno sottoscritto l'obbligo di applicare il "bail in" in caso di dissesti bancari. Per coprire i buchi dei fallimenti bancari la nuova norma impone di rivalersi sugli azionisti, sugli obbligazionisti e sui depositi oltre i 100.000 euro.

    È il passo obbligato dopo l'approvazione del decreto legge relativo alle "Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio". C'è da sperare che la Camera concluda in tempi brevi l'iter legislativo del provvedimento in questione.

    Intanto i dati riguardanti la salute del sistema bancario, evidenziati dalla Banca d'Italia, devono far riflettere.  Si evince che il 70% delle sofferenze bancarie, pari a 140 miliardi di euro su un totale di 210, è in mano al 3% dei debitori! Il che significa che il restante 97% dei debitori detiene solo il 30% delle sofferenze bancarie.

    Non possono essere, quindi, le famiglie e le pmi a pagare per le sofferenze succitate. I responsabili sono i grandi gruppi e le grandi imprese. È chiaro che le sofferenze sono state determinate dai prestiti facilmente concessi a chi evidentemente ex ante non era degno di credito. Continuiamo a ritenere indispensabile il puntuale accertamento delle responsabilità specifiche degli amministratori e del management delle singole banche.

    Le perdite accumulate dalle cinque banche a rischio fallimento, in primis il Monte dei Paschi di Siena, sfiorano i 20 miliardi di euro, quasi pari a una manovra finanziaria. Purtroppo si calcola che dal 2013 i risparmiatori abbiano perso almeno 30 miliardi dei loro risparmi, più di 10 miliardi sarebbero stati persi solo dai 200 mila azionisti delle due banche popolari venete. 

    Rispetto al problema delle sofferenze il governo e le autorità sembrano navigare ancora a vista. Secondo noi, bisognerebbe considerare le esperienze altrui. In Germania, per esempio, nel caso della Erste Abwicklungsanstalt, l'agenzia centrale creata per far fronte alle sofferenze bancarie tedesche, lo Stato ha recuperato quasi tutti i 246 miliardi di non performing loans. Berlino non solo ha fatto una rigorosa analisi delle cause ma ha anche accertato le responsabilità. Naturalmente sono state realizzate le opportune politiche per la crescita dell'economia reale. 

    Si ricordi che, dopo l'esplosione della crisi finanziaria globale, per stabilizzare i relativi sistemi bancari nazionali, la Germania spese 238 miliardi, la Spagna 52 e gli Stati Uniti 426. Purtroppo l'Italia non si attivò in merito prima dell'entrata del bail in.

    In conclusione si può affermare che, eliminate le varie degenerazioni, il sistema bancario italiano non sarebbe in pessime condizioni. Infatti il livello degli impieghi sul totale degli attivi, cioè i prestiti che le banche fanno sul totale delle loro attività, è quasi del 70%, mentre in Germania sarebbe del 56%. Inoltre i livelli dei derivati in Italia, sul totale degli attivi, sono meno del 10% a fronte di una media Ue del 20%, mentre in Germania essi arrivano al 34%.  

    L'argomento della separazione bancaria e della difesa del risparmio è troppo importante perché diventi materia per un ulteriore scontro elettorale ed ideologico. Potrebbe invece diventare un campo di fruttuosa cooperazione, mostrando che il bene comune è superiore agli interessi partitici o di bottega. Sarebbe anche un modo concreto per mostrare che in Italia vi sono anche degli statisti e non solo dei politicanti.   

         

     

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Deutsche Bank parla cinese.

HNA primo azionista

 

Mentre il Vecchio Continente annaspa,

il Dragone rosso continua la sua espansione.

 

di Marco Flavi

 

La conglomerata cinese Hna che non ha nemmeno compiuto la maggiore età (è nata infatti nel 2000) è arrivata a detenere una quota di poco inferiore al 10%, diventando così il maggior azionista di Deutsche Bank, sbaragliando anche il fondo del Qatar e a BlackRock. Il colosso Hna, attivo nel settore industriale e finanziario, ha comunicato infatti di avere raddoppiato al 9,92% la propria quota nel colosso tedesco anche attraverso l'ultima ricapitalizzazione dell'istituto – da 8 miliardi di euro – chiusa un mese fa.

    Prima di spodestare gli emiri del Qatar dal gradino più alto del podio degli azionisti di Deutsche Bank, Hna in Europa è balzata agli onori delle cronache finanziarie per una vera e propria frenesia da shopping: 30 miliardi spesi in acquisizioni solo lo scorso anno, con investimenti in Dufry, l'operatore di duty free svizzero, in Cwt e Hilton, oltre che nell'asset manager SkyBridge Capital. Il nome della conglomerata di Pechino è spuntato fuori anche sul dossier Abertis, colosso spagnolo delle autostrade su cui hanno messo gli occhi i Benetton con Atlantia.

    Ma tornando alla Deutsche Bank sulla quale continua a pesare l'ombra del portafoglio di derivati, il gruppo cinese ora detiene la quota di azionista di maggioranza attraverso la società di gestione patrimoniale C-quadrat di Vienna, è sbucato nel capitale di Deutsche Bank a febbraio con un 3% e l'intenzione di arrotondarlo fin sotto al 10%, in veste di socio stabile dell'istituto di credito. La quota era salita al 4,76% in marzo, partecipando alla ricapitalizzazione voluta dall'ad britannico John Cryan.

 

Vai al sito www.avantionline.it/

    

     

Da l'Unità online

http://www.unita.tv/

 

Secondo un comunicato apparso sul numero di ieri, l'Unità oggi non esce a causa dello scontro tra giornalisti e proprietà. L'ammini­stra­tore delegato del quotidiano avrebbe vincolato il pagamento degli stipendi di aprile al ritiro dell'istanza di pignoramento da parte degli ex col­laboratori del giornale. Su di essi i dipendenti dell'Unità dovrebbero premere affinché rinuncino ai loro diritti, secondo l'Editore.

 

L’assemblea delle lavoratrici e

dei lavoratori dell’Unità comunica:

 

«Volete che vi paghiamo gli stipendi? Convincete i vostri ex colleghi a rinunciare ai loro diritti. Anche questo accade all’Unità, il giornale dei lavoratori, fondato da Antonio Gramsci. Le provocazioni della proprietà sono diventate ormai, da tempo, il nostro amaro pane quotidiano. Ma quest’ultima ha superato ogni limite e rischia di diventare un pericoloso precedente nel mondo dell’editoria. Alla richiesta del Cdr di sapere quando sarebbero stati pagati gli stipendi di aprile, la risposta dell’amministratore delegato de l’Unità srl, è stata: "Appena farete ritirare il pignoramento dalle vostre colleghe"».

       

     

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Valentino Parlato, il saluto a

un padre de "Il Manifesto"

 

di Federico Marcangeli

 

E' morto all'età di 86 anni Valentino Parlato, uno dei padri de il mani­fe­sto. Nato a Tripoli nel 1931, si trasferisce in Italia 20 anni dopo, espul­so dal neo-protettorato inglese per la sua militanza politica. Di questa sua esperienza ha dichiarato: "Ero studente in Legge: se fossi sfuggito a questa prima ondata sarei diventato un avvocato tripolino e quando Gheddafi mi avrebbe cacciato, nel 1979, insieme a tutti gli altri, mi sarei ritrovato in Italia, a quasi cinquant'anni, senz'arte né parte. Sarei finito a fare l'avvocaticchio per una compagnia d'assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo. L'ho veramente scampata bella".

    Partecipa attivamente per anni nel PCI e lavora per varie testate tra cui l'Unità e Rinascita. Nel Giugno del 1969 è tra i fondatori del Manifesto, diventando una personalità importante dell'estrema sinistra italiana. Nello stesso anno iniziano gli attriti con la dirigenza del PCI, che lo porteranno nel mese di settembre ad essere radiato. Il punto di attrito fondamentale fu l'invasione della Cecoslovacchia da parte dell'unione sovietica. In quell'occasione i comunisti italiani non condannarono ufficialmente l'avvenimento, suscitando le ire di Parlato e dei suoi compagni: Natoli, Rossanda e Pintor (tutti cacciati).

    Nel 1971 il Manifesto si trasforma in un quotidiano e con mille difficoltà compie la sua storia quarantennale fino alla recente messa in liquidazione coatta amministrativa. Parlato lo ha diretto a più riprese fino al 2010. In una recente intervista a La Repubblica ha tracciato un suo preciso punto di vista sulla situazione attuale. In primo luogo un'analisi della sinistra che "non si è accorta che tutto attorno a noi è mutato. Il lavoro umano purtroppo è meno importante di una volta, le cose, le macchine, si sono presi un vantaggio sulle persone. I modi di produzione sono cambiati ma non riusciamo ancora ad analizzarli. Soprattutto è in crisi la speranza. Quando avevo vent'anni, nel Dopoguerra, uno come me aveva la speranza concreta di costruirsi un futuro. Mi guardo attorno e vedo una grande stanchezza. Oggi so già che mio nipote di 9 anni avrà la metà delle mie possibilità di allora".

    Infine una battuta su Trump, nemico delle sinistre mondiali a cui Parlato sembrava affidarsi per risvegliare il torpore globale: "la sua affermazione mi fa piacere. Provocherà dei conflitti, ma almeno scuoterà questa immobilità mortale e spingerà la sinistra a tornare a sporcarsi le mani".

    Dopo tutto basterebbero molte meno parole per ricordare questo giornalista e politico. Le ha riassunte bene il suo quotidiano: "Comu­ni­sta per tutta la vita, ha militato nel Pci fino alla radiazione, lavorato a Rinascita, fondato e difeso il manifesto in tutta la sua lunga storia".

      

               

Cultura

 

Mandi, Leo

 

In morte di Leonardo Zanier (1935-2017) un comune amico e com­pagno, Gigi Bettoli, mi chiede di scrivere qualcosa in ricordo del grande poeta carnico. Compito non facile.

 

di Andrea Ermano

 

L'ultima volta che ho visto Leonardo Zanier nella sua casa di Maran­za­nis, in Carnia, è stato il primo maggio di tre anni fa. La sua compagna, Flora Ruchat, era morta dopo lunga malattia un anno e mezzo prima, in una sera d'ottobre, all'Unispital di Zurigo. E quella sera ricordo che, ac­compagnato dal figlio Luca, lui aveva voluto incontrarmi al Coopi. Flo­ra Ruchat-Roncati (1937-2012) era una grande donna, un architetto di genio, una personalità eccezionale. Lo aveva lasciato in una pro­stra­zione quinziana. Ma Zanier voleva rimanere combattivo. E stava preparando una presentazione a Roma della nuova edizione arabo-francese-italo-friuliana di Libers... di scugnî lâ.

 

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Primo maggio 2014, Leo Zanier

nella sua casa di Maranzanis

 

Quasi esattamente quarant'anni prima, nella primavera calda del 1972, ci eravamo conosciuti a Tolmezzo dove noialtri, studenti alle prime armi, provavamo una pièce teatrale ispirata alle sue poesie. Erano i mesi della lotta per la salvaguardia del Calzaturificio Artha la cui proprietà, una volta attinto a importanti finanziamenti pubblici, aveva chiuso i battenti mettendo sul lastrico tutte le maestranze.

    Noialtri liceali solidarizzavamo. Scendemmo in piazza con i la­vo­ra­tori. Partecipammo a varie forme di protesta sindacale, tra cui una tenda allestita in piazza per "sensibilizzare" la popolazione circa la ne­cessità di difendere il lavoro e di sconfiggere la piaga dell'emigra­zione. Di qui l'esperimento teatrale in cui le poesie zanieriane – e soprattutto Dedica – costituivano la principale ispirazione. Eravamo giovanissimi. Ricordo che tra noi bazzicavano future personalità del mondo della comunicazione, della cultura e della politica: futuri giornalisti come Alberto Terasso, future rettrici d'uni­ver­sità come Cristiana Compagno, futuri governatori di Regione come Renzo Tondo.

    Quale bilancio deve trarre la nostra generazione di fronte ai massicci flussi migratori nuovamente in atto?

    In vita sua Zanier ha scritto tante cose, tra cui otto raccolte di poesie, nelle quali traspare una prepotente capacità di toccare i nervi più profondi del nostro sentire. Se «la poesia – come diceva Paul Celan –  si espone, non s'impone», bisogna riconoscere che in Zanier a esporsi è un'autenticità vertiginosa. Ma anche vertiginosamente spiritosa: Che Diaz… us al meriti!

 

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"Che Diaz… vi rimeriti" (1979) - Il progetto grafico di Altan

per la raccolta zanieriana sull'epos della Grande guerra

 

Altrimenti non si spiegherebbe in che modo una produzione lirica sedimentatasi per lo più nel friulano iper-minoritario parlato da un pugno di persone nelle valli dell'alto Degano abbia finito per vedersi tradotta nelle principali lingue del mondo, dilagando dentro la coscienza di miriadi di lettrici e di lettori.

    Ma in vita sua Zanier non ha solo "scritto", ha anche "fatto": ha mes­so in piedi la più importante scuola di formazione per adulti a nord del­le Alpi, ha contribuito ad avviare diversi progetti dell'UE contro la po­ver­tà e la marginalità, ha ideato e fondato la struttura dell'Albergo dif­fuso nella sua Comeglians. E la lista sarebbe ancora lunga. La sua bat­taglia più importante, negli anni Sessanta, Zanier l'ha combattuta come pre­si­dente delle Colonie Libere Italiane in Svizzera, la maggiore orga­niz­za­zione di massa dell'emigrazione quando infuriavano le cam­pagne d'odio guidate dai nostalgici del manganello e delle camicie brune.

    Se oggi gli "eroici" nipotini di Hitler e di Mussolini danno fuoco alle baracche dei rifugiati, neanche allora emigrare era propriamente uno scherzo: sui tram, nelle strade, nelle scuole e nei locali pubblici dei variegati "Nord" sparsi per questo continente sempre in bilico sull'orlo del razzismo il clima anti-meridionale (e in quell'epoca gli "albanesi" eravamo noi italiani) conduceva spesso a pestaggi brutali che talvolta trovavano il loro epilogo in ospedale o all'obitorio.

    Fu soprattutto grazie a esponenti della sinistra comunista (Leo Za­nier, Sandro Rodoni e Giuliano Pajetta) non meno che della sinistra socialista (Ezio Canonica, Emilie Lieberherr e Loris Fortuna) che l'on­data xenofoba fu, allora, sconfitta. Sappiamo fare di meglio noi oggi?

    Le poesie di Zanier posseggono una forza incredibile, un impatto che aumenta con il tempo. E questo vale a partire della sua opera pri­ma, testo veramente classico al quale sempre nuovamente sento l'esi­genza di tornare pur conoscendo e apprezzando tutta l'opera di Leo.

    Libers... di scugnî lâ. ("Liberi… di dover partire") uscì nel 1964 presso l'editore Del Bianco di Udine. Seguirono numerose riedizioni, inclusa quella patrocinata presso Garzanti da Tullio De Mauro, di cui ricordo le parole di alta stima. Ricordo un'omerica cena insieme ai filosofi Pier Aldo Rovatti e Helmut Holzhey, le affollatissime presenta­zioni di suoi libri, cui mi chiamò a parlare insieme alla telegiornalista tici­nese Tiziana Mona e al filologo Rienzo Pellegini. Né di­mentico l'ispirazione che Zanier seppe trasmettere a uno straordinario in­tel­let­tuale, Giorgio Ferigo, scomparso prematuramente nel 2007.

    Non posso dare conto qui di una vita così splendida e ricca di così tanti affetti, di così tanti conseguimenti.

 

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Libers... di scugnî lâ nell'edizione

arabo-francese-italiana-friulana

 

Ritorno a Libers... di scugnî lâ. Leonardo era molto fiero della versione più recente, quella in arabo, approntata dal professor Ayad Alabbar per Effigie Editori nel 2012: «Più che poesie in lingua friulana nella loro declinazione carnica, è un'aspra sintesi della costrizione, della dispera­zione e della speranza che sono sottese al mondo dell'emigra­zio­ne», si legge nel breve testo del risvolto, certamente ispirato da Zanier stesso. «Scritto da un emigrante figlio di emigranti, il testo viene qui affian­ca­to dalle traduzioni in italiano, arabo e francese. Si vorrebbe in tal modo offrirlo a tutte quelle migliaia di uomini e donne immigrati in Italia da altri mondi, in fuga dalla fame o dalle guerre. È un percorso riconosci­bile in quello di molti nostri connazionali, partiti nel secolo scorso in cerca di fortuna, lontano dalla propria terra e dai propri cari».

       

     

Freschi di stampa, 1917-2017 (8)

   

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell’anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

 

Il Rimpatrio dei "senza patria" e il

tailleur della "rivoluzionaria russa"

 

L'ADL del Primo Maggio 1917 è dominato, in prima pagina, da un comunicato del Partito Socialista Italiano nella Svizzera che esorta le lavoratrici e i lavoratori a sostenere la mobilitazione internazionale per la pace, contro guerra e contro sfruttamento:

    «Abbandoniamo il lavoro, tutti! (...)

    Urliamo l'imprecazione ai massacratori della umanità, tutti.

    Il socialismo vuole la pace per la giustizia.

    Primo Maggio 1917!

    Lavoratori, Lavoratrici!

    Nei cortei e nei comizi, nelle case, per le vie, tutti!

    Abbasso la guerra! Evviva il Primo Maggio! Evviva il Socialismo! Evviva l'Internazionale operaia!

    Vogliamo la pace! Evviva la Rivoluzione sociale!»

    Così si conclude l'appello della Commissione Esecutiva socialista, sovrapposto a una cornice tipografica rossa, in stile liberty, contenente una lirica dedicata alla giornata dei lavoratori e alla Giustizia "dea vendicatrice".

    Il testo di maggior contenuto e interesse storico si trova sulla "spalla" della prima e gira poi in seconda trattando del «Rimpatrio dei "senza patria"», così recita il titolo. Si parla, apertis verbis, del rientro in Russia degli emigrati politici russi dopo la Rivoluzione di Febbraio.

    «Diceva a questo proposito Tschendze, deputato socialista e presidente del Consiglio dei delegati operai – cioè l'esponente massimo delle lotte e delle aspirazioni proletarie della Russia odierna – che il popolo russo attraversa una delle più belle ore sue, perché stanno tornando ora i più valorosi figli suoi.»

    Lenin è rientrato da due settimane, mentre solo in Svizzera sono alcune centinaia gli esuli russi che trattano per poter anch'essi fare rientro in patria. Il testo, firmato "ab", sigla di Angelica Balabanoff, passa a ricordare i sacrifici dell'opposizione antizarista:

    «Nella Russia non può sventolare la bandiera rossa, non può risuonare un inno rivoluzionario senza che siano ricordati coloro che, per aver innalzato l'una e aver fatto risuonare l'altro, hanno dovuto, sul patibolo, nelle casematte, nei lavori forzati, negli ergastoli e nell'esilio, scontare il delitto d'aver voluto dare al popolo russo quella libertà e quella pace, per la cui conquista esso ha affrontato ora il più acerrimo e il più ignominioso nemico di ogni libertà: lo czarismo russo».

    Che le trattative per il rientro fossero ormai a buon punto, lo si deduce dallo stile dell'articolo, che prelude a un commiato di Angelica dai suoi lettori e dai suoi compagni di lingua italiana.

    «Col rimpatrio dei "senza patria" verrà a mancare, nei paesi europei, un elemento caratteristico. Già se ne rammarica qualche esteta. Non si vedranno più nelle Università, nelle assemblee, nelle strade, quei "tipi originali" di donne e di uomini...

    La maggior parte di questi emigrati hanno condotto una vita appartata, circondata da un'aureola... di originalità.

    La loro stranezza consisteva nella loro grande, assoluta spregiudicatezza, nella ribellione a tutte le forme della schiavitù, a tutti i vieti convenzionalismi. (...) ribelli della morale corrente, basata sull'interesse e sulla schiavitù, ribelli al dogma della religione, dell'opinione pubblica, gelosi di una cosa sola: della propria coerenza, indifferenti, perché superiori, ad ogni giudizio borghese.

    Erano dei precursori in tutto. Molto prima che l'evoluzione capitalistica – coronata dalla bolgia imperialista – avesse reso la donna uguale all'uomo nel campo economico e politico, la donna rivoluzionaria russa si era conquistata la piena uguaglianza individuale nella politica come nei rapporti fra uomo e donna (...). La rivoluzionaria russa non volle essere seconda a nessuno nelle battaglie per l'emancipazione dell'umanità, come essa esponeva il suo corpo alle sferze profanatrici del dispotismo, pur di non retrocedere nella lotta per il santo ideale, così a pari degli uomini il suo capo veniva cinto dell'aureola del martire e dell'eroe.

    Per arrivare a questo, la rivoluzionaria russa dovette abbattere que­gli ostacoli, e spezzare quelle catene che la donna in genere fanno schiava.

    Non si rassegnò ad essere una schiava legata all'uomo con vincoli esteriori, sebbene volle e seppe esserne la compagna uguale e libera».

    Come si vede, qui il testo assume contorni autobiografici di notevole interesse anche per la storia dei costumi, nel momento in cui esso contiene una sorta di autocoscienza ante litteram da parte di una protagonista del movimento delle donne, la cui Internazionale nel 1909 aveva fondato insieme a Clara Zetkin, a Rosa Luxemburg e ad altre storiche esponenti del femminismo socialista.

    Angelica si sofferma qui sul significato antiborghese e anticonformista dell'originalità che caratterizzava i "senza patria" russi. Ma non si tratta semplicemente di una divagazione, il testo va inteso anche e non da ultimo in senso apologetico, contro la campagna di vera e propria diffamazione portata avanti dai nemici politici dell'oggi, e tra questi in modo particolare si distingueva il futuro duce.

      I "rivoluzionari guerraiuoli", i sostenitori della "guerra come igiene della storia" non risparmiano le più volgari illazioni maschiliste contro la Balabanoff, come si deduce da un altro articolo sulla stessa pagina:

    «Osano tentare di profanare Lei, la migliore fra tutti noi. Indegni! I De Falco, i Mussolini (…) i venduti alla borghesia ed ai fornitori militari, le coscienze traviate, e le anime luride, tentano di mordere alla nobile figura di Angelica Balabanoff. Indegni, e miseri!

    Tutto ciò è vano.

    Nella vostra vita conosceste l'inganno e d'inganno volete lordare coloro che l'inganno non conobbero mai. Conosceste il mendacio, la corruzione, la compra-vendita delle coscienze e lo spionaggio... Indegni e miseri!»

    Così si legge nel commento in seconda intitolato "Omaggio", un testo attribuibile a Misiano, che mostra molto bene il livello di scontro verbale, e non solo verbale, tra i pre-fascisti al seguito di Mussolini e i vecchi esponenti del socialismo italiano d'emigrazione.

    Uno dei temi, che traspare abbastanza chiaramente, riguarda l'ipocrisia morale e la morale sessuale cattolica, delle quali Angelica poco si curò essendo una donna libera che improntava i propri rapporti personali a un'etica della sincerità e della lealtà interpersonale.

    Ma sono tempi di guerra e persino un ossessivo affetto di dongiovannismo, quale Mussolini indubbiamente fu, non disdegnava l'impiego di ogni mezzo, incluse gli sputtanamenti moralistici a mezzo stampa contro certe signore pacifiste e di troppo liberi costumi, pur di continuare la sua propaganda guerra: prove di clerico-fascismo, si potrebbe dire oggi, a cent'anni da quegli eventi senza dubbio penosi.

    Per Angelica Balabanoff, che con i giovane Mussolini aveva avuto una lunga relazione sentimentale oltre che un'intensa collaborazione politico-giornalistica alla direzione dell'Avanti! milanese, questi bassi attacchi del futuro duce non potevano riuscire completamente indolori.

    Non nominò mai più in vita sua i trascorsi sentimentali e trent'anni dopo, finita la Seconda Guerra mondiale, rientrerà a Roma, capitale della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista, indossando un tailleur rosso fuoco, nella esibita soddisfazione di poter camminare per le piazze della Città Eterna, lei, donna libera e fedele ai propri ideali, mentre "l'Innominabile" è stato inghiottito dall'abisso della Storia.

 

8. continua

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

     

 

 

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