[Diritti] ADL 170316 - Se stai giocando



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894

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Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 16 marzo 2017

  

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IPSE DIXIT

 

Se stai giocando - «Se stai giocando a poker e non capisci chi è il gonzo di turno, è assai probabile che sia tu». – Barack Obama

 

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Bette Davis, Silvana Mangano, Alberto Sordi e Joseph

Cotten in Lo scopone scientifico di Comencini (1971)

 

Reagire in modo tattico? - «La globalizzazione economica, messa in moto negli anni Settanta da Washington con la sua agenda politica neoliberista, ha avuto come conseguenza un declino relativo dell'Occidente su scala globale… Le nostre società devono elaborare la percezione di questo declino globale e insieme a ciò la complessità sempre più esplosiva nella nostra vita quotidiana, connessa agli sviluppi tecnologici… Prima di reagire in modo puramente tattico bisogna sciogliere un enigma: come è stato possibile giungere a una situazione nella quale il populismo di destra sottrae alla sinistra i suoi stessi temi? Ci si deve chiedere perché i partiti di sinistra non vogliono porsi alla guida di una lotta decisa contro la disuguaglianza sociale… Si dovrebbero quindi rendere riconoscibili le opposizioni politiche, non­ché la contrapposizione tra il cosmopolitismo di sinistra – "libe­ra­le" in senso culturale – e il tanfo etno-nazionalistico della critica di destra alla globalizzazione.» - Jürgen Habermas

 

 

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

OLANDA, EUROPA

 

GLI XENOFOBI

NON PASSANO

 

I Liberali di Rutte battono gli anti-europeisti. Trionfo dei

Verdi, grave sconfitta dei Laburisti, tengono i Socialisti.

 

di Renzo Balmelli

 

Si temeva il peggio dopo la Brexit e le elezioni americane. Per fortuna così non è stato. L'Olanda culla della tolleranza e del pensiero razionale, l'Olanda che da Erasmo a Spinoza occupa un posto di primo piano nella storia della filosofia, non poteva tradire gli ideali che ne hanno fatto un punto di riferimento di intere generazioni. E nemmeno poteva abdicare da un giorno all'altro dalle responsabilità che al pari dell'Italia le vengono conferite dal ruolo di Paese fondatore dell'UE.

    Al primo significativo stress-test sulla reale tenuta della casa comune europea, gli olandesi hanno detto No al populismo e in pari tempo sono riusciti a sventare l'affermazione dello xenofobo e islamofobo Geert Wilders che però – e su questo aspetto si innesteranno gli indicatori dei futuri scenari – ha subito sì una sconfitta, ma non irreparabile. Tanto da fargli dire, con la tracotanza che gli è abituale, che Mark Rutte, il premier liberale uscente e vincitore delle elezioni, ancora non lo ha fatto fuori. Un avvertimento che ha il sapore della minaccia.

    Con la vittoria sulle forze reazionarie, i Paesi Bassi rimangono dunque una nazione pro europea e non fa ombra di dubbio che questa importante affermazione non mancherà di ripercuotersi anche in Francia e Germania, paesi cardine dell'UE, che vi troveranno svariate ragioni per guardare alle loro sfide con un altro stato d'animo. Tuttavia, se in queste ore Salvini e Marine Le Pen non hanno motivo di gioire, ciò non significa affatto che si debba abbassare la guardia. Il pericolo oscurantista che i loro movimenti rappresentano è lungi dall'essere scomparso.

    Occorre continuare a lottare per un'Europa aperta e libera, preparandosi ad affrontare altri scontri con la destra reazionaria i cui esponenti sicuramente non demorderanno né saranno disposti ad abbandonare il campo tanto presto. Se Wilders non è riuscito a vincere le elezioni nonostante il clima che l'ha fatto paragonare a Trump (e come lui sembrava capace di rompere qualsiasi tabù), questa e senz'altro una buona notizia. E' invece molto meno buono il crollo verticale dei Laburisti che escono dalla consultazione con le ossa rotte. Nell'atmosfera festosa del dopo-voto, la controprestazione del partito è un colpo durissimo, un graffio all'anima della socialdemocrazia olandese che lascia sul terreno non solo un'infinità di seggi, ma anche la possibilità di avere un ruolo determinante nel nuovo Parlamento attraverso le sue politiche sociali.

    Peccato, davvero peccato, perché l'Europa, che può tirare un sospiro di sollievo, ha assolutamente bisogno di tracciare una demarcazione chiara e netta dagli estremisti, operazione per la quale è indispensabile l'apporto etico, morale e culturale della sinistra.

    

            

Freschi di stampa, 1917-2017

 

"Perché impazzissero!"

 

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL del 1917, l’anno delle due rivoluzioni russe. Che la nostra redazione di allora poté "co­prire" con materiale di prima mano, grazie soprattutto ad An­gelica Bala­ba­noff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i so­cialisti italiani e russi intensamente impegnati, insieme al PS sviz­zero. nella grande campagna "Guerra alla guerra". Lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ot­tobre.

 

Sui siti dei giornali di mezzo mondo, la divina Scarlett Johansson si burla di Ivanka Trump, passandosi il rossetto sulla boccuccia, tenuta a "sedere di gallina", mentre lo specchio la riflette nell'immagine dorata di The Donald (interpretato da Alec Baldwin), che fa a sua volta il labbruccio.

 

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Sui siti scorre anche l’ennesima classifica dei top manager, Trump inclu­so, donde si apprende che i loro redditi milionari equivalgono a cen­tinaia di stipendi, pur ragguardevoli, dei loro dipendenti upper class.

    Intanto, la Qatar Airlines presenta una First class veramente sontuosa, con tanto di letti a due piazze, studiolo eccetera. Da domani, per lor signori, sarà ancor più confortevole viaggiare a diecimila chilometri di quota sopra testa dei poveri “relativi” e “assoluti”.

    Dulcis in fundo, ci sono le pagine della "cultura", dove il centenario della Rivoluzione russa di febbraio riporta in auge i professionisti dell'anticomunismo senza più un comunismo da combattere, i quali raccontano l'URSS del terrore di stato e descrivono la morte per fame durante i primi anni dello stato bolscevico. Senza dire però che l’Occidente non mosse un dito per alleviare le sofferenze e le morti di quelle carestie. Noi, l’Occidente, si continuò anzi a fomentare la guerra civile in Russia, guardandoci bene dall'inviare cibo al popolo affamato e proclamando invece l’embargo dei generi alimentari, mentre si continuavano a fornire armi ai contro-rivoluzionari.

    Ma le cause belliche delle due Rivoluzioni? Manca una riflessione su quel grande massa­cro che fu la Prima guerra mondiale, grande massacro "a monte" delle due Rivoluzioni: quindici milioni di per­sone sacrificate sull’altare del nazionalismo e del profitto guerrafondaio.

    Oggi ci sono esponenti di partiti democratici occidentali che non hanno il tempo di contrastare seriamente l'egemonia culturale delle destre populiste e dei super-ricchi e, afferma Jürgen Habermas, “ci si deve chiedere perché i partiti di sinistra non vogliono porsi alla guida di una lotta decisa contro la disuguaglianza sociale”. Preferiscono deridere la bandiera rossa… Il che non è proprio come burlarsi del familismo amorale dei Trump, o di qualche altro clan formato dai potenti (e dai parenti) di turno.

    Certo, la politica non si fa con i sentimenti, come diceva Pietro Nenni, e figuriamoci con i risentimenti. Ma la massima vale da monito per gli statisti, in quanto poi la politica sarebbe inconcepibile senza l'ingrediente dei sentimenti e dei risentimenti, i quali talvolta pren­dono il sopravvento su tutto. Ed è ciò che per l'appunto si deve evitare.

    Ora, la bandiera rossa è un simbolo di sentimenti da maneggiarsi con cura estrema. Perché i sentimenti che contiene potrebbero anche esplodere. Cento anni fa esplosero. Lo si può desumere dalle parole che qui di seguito riportiamo. Sono tratte dall'ADL del 17 marzo 1917:

    «Ah, se potessi schiudere quella tomba collettiva; se avessi la forza sovrannaturale di ridestare tutti coloro che giacciono in essa; se po­tes­si comprendere il mistero – purtroppo impenetrabile – dei dolori, del­le sofferenze infernali di tutti quei corpi e di tutte quelle anime per po­ter poi esporre a tutto il genere umano il quadro orribile di tanta cru­deltà, per poter colpire mortalmente la pace, la tranquillità della bor­ghesia delinquente che ha insanguinato orrendamente la santità del­la vita, della pace, dell'amore multiforme della multiforme società attuale!

     Ah, se potessi prendere gli organizzatori di questa orgia e condurli passo a passo su ogni singolo campo di battaglia, su ogni pietra alpina, per il fondo dei mari, per far loro toccare la carne lacerata, martirizzata dei combattenti... orrore spaventevole... Vorrei trascinare questi criminali legalizzati dagli Stati e dai monarchi, davanti a ogni vittima della guerra, perché fossero maledetti, torturati a colpi di spillo, perché sentissero il rimorso della propria coscienza, perché impazzissero!» (ADL 17.3.1917, p. 2).

 

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Belgio, 1915 – Artiglieria di sbarramento

durante una battaglia notturna a Ypres

 

L'impazzimento, in effetti, era già in corso, ma non s'impadronì solo dei monarchi, dei governi, dei dirigenti delle industrie europee e degli editori di giornali "d'informazione" che avevano scatenato la Grande guerra, magnificando "il conflitto che avrebbe posto fine a tutti i conflitti", glorificando la "sola igiene del mondo".

    Quel che stava accadendo fu, in realtà, un sanguinosissimo suicidio collettivo europeo cui seguì un ancor più sanguinoso impazzimento.

    L'articolo, da cui abbiamo tratto gli stralci di cui sopra, s'intitola "Morte ai carnefici!" ed è siglato con uno pseudonimo: Alma. Denun­cia la situazione nella quale milioni di ragazzi che non si conoscevano nemmeno e che non avevano la benché minima ragione per ammaz­zarsi a vicenda, erano stati costretti a farlo sui fronti della Prima guer­ra mondiale.

 

«Ares infiamma il mio sangue

distillando immagini convulse».

 

Questi due versi di Giorgio Colli intendono l'incendio della guerra dentro le vene e la mente di un giovane animo eroico.

    Ma l'incendio che essi manifestano non si spegnerà con la fine di una battaglia.

    Perché per sempre "Ares infiamma il mio sangue".

    E così fu anche in Europa dopo il 1918.

    Allorché gli apprendisti stregoni cercarono di "chiudere" il conflitto, temendo ormai il dilagare di una rivoluzione mondiale, esattamente in quel passaggio l'incendio divampò ancor di più.

    Effettivamente, la Grande guerra è il momento storico manniano «il cui inizio tante cose iniziò che ben difficilmente hanno già cessato d'iniziare».

 

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Rudolf Schlichter, Potenza cieca, (1937), due particolari

 

Quella generazione di ragazzi "combattenti e reduci", tornando dal fronte, entra in scena come protagonista del Secolo breve. Da loro inizia il bolscevismo, che provocherà il dilagare del fascismo europeo, il quale alimenterà a sua volta la paranoica escalation del terrore staliniano, il quale spingerà la fascistizzazione dell'Europa occidentale verso il suo apice di follia assoluta: l'hitlerismo.

    E qui, non c'è che dire: "Satana e Belzebù si sono fatti da maestri a vicenda", come scrive Peter Sloterdijk.

     Quando tutti quei giovani "combattenti e reduci" tornarono dal fronte, trovarono davanti a sé la Storia universale. Con Ares che gl'infiammava le vene e i polsi.

    Si passò dai quindici milioni di caduti e dispersi della Prima guerra mondiale ai venticinque milioni di morti del totalitarismo durante gli anni Venti e Trenta, ai cinquantacinque milioni di vittime della Seconda guerra mondiale.

    Catastrofe immensa e tragica.

    Ma c'è chi ancora non ha capito questa durissima lezione della Storia.

   

        

SPIGOLATURE 

 

Forti tracce autoritarie,

se non fascistoidi

 

di Renzo Balmelli 

 

ANAGRAFE. Avere sessant'anni e talvolta dimostrarli tutti. Nel passare da una metamorfosi all'altra, da un allargamento all'altro, l'anagrafe non pare del tutto benigna con l'Europa che si accinge a commemorare l'importante compleanno in condizioni che fino al voto dell'Olanda non sembravano del tutto eccellenti, ma che adesso denotano se non altro incoraggianti segnali di miglioramento. A volte l'UE è parsa impacciata e incapace di esprimere un'eco unica di fronte alle sfide sempre più tracotanti che le vengono portate da chi aspira a cancellarla. In taluni Paesi della Comunità ci sono oggi forti tracce autoritarie, se non addirittura fascistoidi, per nulla omogenee ai principi di democrazia e pluralismo su cui si fonda l'Unione. A questo punto non fa ombra di dubbio che le manifestazioni capitoline per il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma dovranno andare ben oltre il semplice aspetto celebrativo al fine di attenuare sempre più i sintomi della crisi in cui l'Europa dei 27 si stava dibattendo e dalla quale ha mostrato di potere uscire mettendo in campo tutte le sue risorse come è avvenuto appunto nel regno di Guglielmo Alessandro.

 

DOVERE. Cosa possiamo aspettarci se il presidente di una Nazione al crocevia della civiltà tra oriente e occidente ha l'impudenza di utilizzare l'insulto di " nazista" rivolto all'Olanda, ossia al Paese che di quell'abominio subì persecuzioni bestiali? E' come uccidere Anna Frank una seconda volta. E cosa pensare di quel politico italiano che a proposito degli immigrati assicura che una volta al governo " li andremo a prendere casa per casa". Senza assolvere in nessun modo le violenze usate contro di loro e riconoscendo ad ognuno il diritto di difendere la libertà di parola, sono espressioni che è un dovere chiamare con il loro nome: istigazione all'odio. Sono parole - ha detto Cecile Kyenge - che hanno un significato nella storia europea. E che significato! Come non essere d'accordo con l'ex ministro.

 

PRAGMATISMO. Colei che la destra nostrana non ha mai smesso di indicare con un epiteto irripetibile, sarà la prima leader europea del dopo Brexit a varcare la soglia della Casa Bianca ora presidiata da Donald Trump. Quasi fosse una congiura del fato, anche il maltempo ci ha messo lo zampino per sottolineare quanto delicata sia la missione di Angela Merkel . Una imprevista tempesta di neve che ha ritardato il viaggio di alcuni giorni non è infatti proprio lo sfondo ideale per dare un tono disteso al colloquio con l'uomo più potente del mondo, che distorce allegramente la realtà e si trastulla con la politica. Alla Cancelliera servirà tutto il suo pragmatismo, che forse potrebbe anche non bastare, per evitare che l'approccio fallisca portando acqua al mulino del populismo in grande spolvero sulle due sponde dell'Atlantico.

 

RIARMO. Resa celebre da tante storie e da svariate pellicole, la famosa valigetta con il codice nucleare non è una prerogativa di Washington. Dalle 7.500 della Russia, passando dalle 7.200 degli Stati Uniti e finendo con le dieci della Corea del nord, la mappa delle testate atomiche propone uno scenario tutt'altro che rassicurante. Molto probabilmente, a dispetto delle verifiche, le cifre sono indicate al ribasso e si intrecciano con quelle di dimensioni ancora più vistose relative alla corsa al riarmo e alla quantità di ordigni convenzionali che presentano l'immagine di un mondo armato fino ai denti. A tale proposito gli ultimi rapporti parlano di un mercato superiore ai cento miliardi di dollari, l'unico che non conosce crisi tranne quelle che provoca sui vati fronti, comprendente aerei, navi, carri armati, missili e quant'altro può servire a distruggere uomini e case. Come testimoniano dolorosamente i venti di tempesta che soffocano la pace.

 

SIGLE. Farebbero di sicuro gola ai collezionisti di pin le sigle dei gruppi presenti nel Parlamento italiano che dall'inizio della legislatura, tra scissioni e cambi di casacca, si sono moltiplicati a un ritmo sostenuto. Nella cartina illustrativa pubblicata dal Corriere della Sera se ne contano infatti 25, quindici in più rispetto ai dieci della precedente. Basterebbe questa rappresentazione per intuire quanto non sia semplice muoversi nell'intricata babele di partiti e movimenti vari. Non solo l'ipotetico viaggiatore venuto dallo spazio, ma anche gli addetti ai lavori, per loro stessa ammissione, finiscono col trovarsi in difficoltà di fronte a una offerta tanto frammentata che se da un lato è espressione di grande vivacità democratica, dall'altro ha il suo contrappasso nel probabile rischio di perdersi nella selva delle sigle.

 

SPECIALE. Tra i vari centenari che si celebrano quest'anno, uno che non può essere ignorato ci riporta alle origini del jazz che si fanno risalire al 26 febbraio 1917 grazie all'intuizione musicale dell'italo-americano Nick La Rocca. Quel giorno venne infatti inciso il primo disco della sua "Original diexiland jazz band" che con quel nome avrebbe conquistato il mondo. Accanto alla tardiva riscoperta del suo ideatore figlio di siciliani, altri interpreti hanno accompagnato la nascita del jazz da Kid Ory, a King Oliver, da Bix Beiderbecke a Jelly Roll Morton, il pianista protagonista di una sfida leggendaria sulla nave del film di Giuseppe Tornatore tratto dal monologo di Alessandro Baricco. Nella sua lunga vita il jazz ha subito molte evoluzioni, ma il dixie originale di La Rocca, pioniere dell'improvvisazione e della genialità come tanti emigranti italiani nei campi più diversi, continua a occupare un posto speciale nel cuore degli amatori.

   

          

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Società senza lavoro? Il nulla

interposto tra noi e il disastro

 

Articolo pubblicato su "Social Europe Journal" il 15 febbraio 2017. Titolo originale: "Opporsi alla società senza lavoro". Occupazione e investimento per un "nuovo modello di sviluppo" emergono come questioni cruciali

 

di Laura Pennacchi, Fondazione Lelio e Lisli Basso

 

La crisi infinita del 2008 sta determinando una difficoltà nella crescita, una disoccupazione eccessiva, un aumento delle disuguaglianze. Tutto ciò sta stimolando interesse alle recenti tendenze del capitalismo verso la "stagnazione secolare". Il termine è stato coniato nel 1938 da Alvin Hansen, che ha sostenuto che la depressione degli anni trenta non è stata tanto una severa crisi ciclica quanto un sintomo dell’esaurirsi di una dinamica di lungo termine. Secondo lui, la spesa pubblica anti-ciclica non era sufficiente a stabilizzare l’occupazione, ma erano necessari grandi progetti collettivi, come l’elettrificazione delle aree rurali, lo sviluppo delle aree sottosviluppate, la conservazione e la protezione delle risorse naturali e identificare nuove opportunità di investimento e recuperare il dinamismo del sistema economico. Hansen ha sottolineato l’importanza dell’investimento pubblico per rigalvanizzare l’economia e riportare alla piena occupazione, cosa che ha richiesto nuovi interventi, la scoperta di nuove risorse e l’incremento di una popolazione declinante.

    Molte delle sue analisi sono diventate di nuovo centrali, poiché la barcollante ripresa economica (in alcuni Paesi) e la lunga stagnazione e le ripetute recessioni (in altri) dopo la crisi globale del 2007-2008 hanno causato una crescita enorme non del debito pubblico, ma di quello privato. Si è trattato dell’inevitabile deleveraging a seguito di tale crisi, che ha creato forti pressioni deflattive. In tali situazioni una messa a punto della politica monetaria e un uso abbondante di ulteriori strumenti "non convenzionali" si sono dimostrati, anche se provvidenziali, comunque inadeguati. Si entra inevitabilmente in una "trappola della liquidità" che tende ad approfondirsi costantemente con effetti minimi sul comportamento degli agenti. D’altro canto, il sostegno monetario e i crediti complementari via banche centrali funzionano stimolando una paradossale nuova crescita del debito che può gradualmente rafforzare il rischio di instabilità finanziaria ed economica. Questo è dimostrato dal fatto che il debito, l’eccesso di leverage delle banche, la possibilità che si creino bolle e i rischi che escano di controllo non sono affatto più bassi ora di quanto fossero, su livelli già alti, prima della crisi. Gli interventi di politica fiscale e gli investimenti pubblici diretti diventano dunque essenziali.

    La tesi di Hansen potrebbe anche essere stata smentita dall’ec­ce­zionale sviluppo dei successivi "trenta gloriosi anni" alla fine della seconda guerra mondiale, tuttavia conteneva alcuni elementi profetici. C’era qualcosa nelle preoccupazioni di Hansen che si dimostra assai fertile oggi ed è la sua ricerca, sottostante l’analisi della "stagnazione secolare", delle profonde ragioni dell’equilibrio della sotto-occupa­zione identificato da Keynes. Alcuni economisti come Michael Kalecki e Paolo Sylos Labini avevano cercato, già negli anni immediatamente successivi alla guerra, di andare oltre la debolezza della narrazione di Hansen, spostando il focus dal declino dell’inclinazione al consumo verso il rallentamento degli investimenti causato dal comportamento delle grandi aziende oligopoliste. Piuttosto che echeggiare la preoccu­pa­zione per quella che, già nella metà degli anni settanta, appariva come una riluttanza strutturale del capitalismo a investire, il Piano Rehn-Meidner dei socialdemocratici svedesi si è orientato su tali idee.

    Oggi qualche altro economista come Lawrence Summers invoca la necessità di una "politicizzazione" dell’investimento, facendo apertamente riferimento alla "socializzazione dell’investimento" di cui hanno parlato Keynes e Minsky. Il punto è che questo riproduce condizioni stupefacentemente simili a quelle studiate dai due econo­misti summenzionati: la distruzione degli asset finanziari netti danneg­gia tutti gli operatori, gli investimenti collassano, ma il profitto resta immutato e c’è una riduzione del reddito così come una di­soc­cupazio­ne di massa e una deflazione da debito. Per evitare che le forze destabilizzatrici prendano il sopravvento, Keynes e Minsky hanno teorizzato che l’intrinseca instabilità del capitalismo comporta non solo nuove regole, ma anche la necessità di stimolo fiscale pubblico su larga scala – proprio lo stesso intervento diretto dello Stato (o dell’EU nell’Europa odierna) che i neoliberisti, altrimenti soddisfatti dai tagli e dalle privatizzazioni, sono i primi a chiedere quando si tratta di salvare le banche e gli operatori finanziari.

    Oggi il tema dell’investimento torna insistentemente e mette a nudo la seria fallacia e inadeguatezza del Fiscal compact. Occupazione e investimento per un "nuovo modello di sviluppo" emergono come questioni cruciali. Ma se la creazione di nuovi posti di lavoro è un test decisivo, è allarmante che per le classi di governo europee – e italiane! – l’unica soluzione possibile sembrano essere il fare uso degli incentivi indiretti, basati sul mercato, e il ridurre la pressione fiscale. L’opzione di intervenire via spesa pubblica per rilanciare l’investimento e l’occupazione non è neppure presa in considerazione, anche se tutte le fonti concordano che, sulla base delle stesse risorse usate, i programmi di spesa sono più efficaci nello spingere la crescita dei programmi di semplice riduzione delle tasse. Nel report da me coordinato per accompagnare il Piano del lavoro 2013 del sindacato italiano Cgil, abbiamo calcolato che, con 5 miliardi, il settore pubblico in Italia – in tutte le sue varie forme, centrale e locali e con progetti seri, accuratamente organizzati – potrebbe creare direttamente 400 mila posti di lavoro in un anno.

    Gli stimoli indiretti e i generici trasferimenti di denaro o i bonus monetari non sono sufficienti – ancora meno se attraverso un’indiscri­mi­nata riduzione delle tasse – a rilanciare l’occupazione e a dare nuovo dinamismo all’economia. Abbiamo bisogno di grandi progetti colletti­vi, dal miglioramento territoriale e rinnovamento urbano, dallo svilup­po di nuovi networks alla rigenerazione ambientale. La discussione do­vreb­be ancora una volta centrarsi sul ruolo del "lavoro" e sugli "obiet­ti­vi del nuovo modello di sviluppo", che, come nell’opera del­l’in­di­men­ti­cabile Tony Atkinson, dovrebbe concentrarsi sulla "piena, buona oc­cu­pazione". Con la consapevolezza che la rivoluzionarietà del­l’o­biet­ti­vo del pieno impiego rispetto allo spontaneo funzionamento del capita­lismo è al suo massimo proprio quando il sistema economico non crea naturalmente lavoro e si sta preparando a una società senza lavoro. Lasciare spazio alla società senza lavoro significherebbe non interporre nulla tra noi e la catastrofe.

       

    

ECONOMIA

 

Trump e le infrastrutture:

quale modello di investimento?

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Ancora non si conosce il vero orientamento del presidente Trump per i settori dell’economia reale degli Usa.

    Cancellando le poche regole introdotte a suo tempo dal presidente Obama per contenere le spinte speculative, le sue decisioni riguardanti il mondo bancario e finanziario hanno deluso quanti si aspettavano i cambiamenti promessi in campagna elettorale.

    Dubbi e perplessità sorgono anche per quanto riguarda il finanziamento del vasto programma infrastrutturale annunciato, che prevede ben 1.000 miliardi di dollari di investimento.

    Si farà ricorso ad obbligazioni e a fondi pubblici mirati a specifici progetti a beneficio degli utenti, oppure verranno messi in campo dei partenariati pubblico-privati (PPP) in cui si garantiscono maggiori privilegi alla parte privata?

    Potrebbe sembrare una domanda secondaria ma non lo è per niente.

    Se il governo si farà carico dell’intero investimento, lo Stato evidentemente si aspetterà di essere ripagato attraverso una maggiore efficienza dei settori produttivi e dai tributi fiscali derivanti dall’aumento dei redditi e dei consumi. Se si privilegiano i partenariati, gli investitori privati incasseranno le tariffe pagate dai consumatori e, forse, giovandosi anche di una rilevante garanzia pubblica.

In Italia si conosce bene la differenza in quanto negli anni, si è, purtroppo, in gran parte privatizzata la distribuzione dell’acqua, che da bene pubblico è sempre più diventato un servizio gestito da privati. Lo stesso avviene per la gestione delle autostrade che hanno portato ricchi introiti ai privati a fronte di scarsi investimenti e di insufficienti manutenzioni della rete.

    Lungi da noi l’intento di criminalizzare il modello dei partenariati. Al contrario, esso può essere uno strumento molto valido se ben utilizzato e ben controllato. Occorre però riconoscere che non è il toccasana alternativo per tutti gli investimenti pubblici.

    Negli Stati Uniti si stima che la componente privata degli investimenti nei servizi di interesse pubblico produce su base decennale in media un profitto annuo tra l’8 e il 18%.

    Sono soprattutto i fondi di "private equity", controllati dalle banche, ad operare in questi settori. Molte città americane, come è noto, in passato hanno "delegato" ai privati la gestione di molti servizi pubblici.

In una situazione di tassi di interesse zero, le banche e i fondi finanziari scalpitano per investire nei progetti infrastrutturali e in certi servizi pubblici. Ecco perché il programma di Trump suscita grandi consensi da parte del sistema bancario.

    Indubbiamente la materia è complessa e ha notevoli riverberi. E’ noto, per esempio, che ogni investimento pubblico nelle infrastrutture genera un aumento del valore di mercato dei terreni e degli immobili già esistenti nella zona, generando effetti perversi nell’aumento dei prezzi delle case e degli affitti.

    Si ricordi che Trump è un immobiliarista che ha accumulato le sue ricchezze in questo settore. Perciò non vorremmo che in futuro gli Usa diventassero un gigantesco fondo di investimento immobiliare.

    Comunque speriamo che il presidente americano ci sorprenda positivamente e fughi con le sue scelte le non poche perplessità circolanti sulla natura del suo governo.

    

    

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

"Le donne guadagnino meno".

Sospeso eurodeputato misogino

 

Trenta giorni senza diaria (ovvero circa 10 mila euro), più dieci giorni di sospensione dai lavori parlamentari e un anno senza poter rappresentare il Parlamento europeo in qualsiasi delegazione parlamentare conferenza parlamentare o qualsiasi foro inter-istituzionale. L’eurodeputato – presente in aula durante la lettura delle sanzioni – si è unito ironicamente all’applauso della plenaria.

 

di Marilena Selva

 

"Sapete in che posto si sono piazzate le prime donne o ragazze alle Olim­piadi di fisica teoretica polacche? Ve lo dico io: all’800esimo! Sa­pete quante donne ci sono tra i primi cento giocatori di scacchi? Nes­su­na! È giusto che le donne guadagnino meno di me, perché sono più de­boli, più piccole e meno intelligenti… Quindi devono guadagnare di me­no, è così e basta". È quanto ha affermato durante un dibattito sul gap di genere nei salari l’eurodeputato polacco Janusz Korwin-Mikke.

    Parole non passate inosservate, ma stavolta l’Europarlamento non si è limitato a un rimprovero, è arrivata così la sanzione: trenta giorni senza diaria (ovvero circa 10 mila euro), più dieci giorni di sospensione dai lavori parlamentari e un anno senza poter rappresentare il Parlamento europeo in qualsiasi delegazione parlamentare conferenza parlamentare o qualsiasi foro inter-istituzionale. La ‘punizione’ è "senza precedenti" per l’istituzione Ue, ovvero la pena massima prevista dal regolamento comunitario.

    L’eurodeputato polacco era presente in aula durante la lettura delle sanzioni e si è unito ironicamente all’applauso della plenaria.

    Intervenendo prima dell’inizio della votazione a Strasburgo, Tajani ha annunciato la decisione di sanzionare Janusz Korwin-Mikke per le sue dichiarazioni contro la parità di genere.

    "Non tollererò un simile comportamento, specialmente quando si tratta di una persona che dovrebbe esercitare, con la dovuta dignità, le proprie funzioni in qualità di rappresentante dei popoli europei. Offendendo tutte le donne, l’eurodeputato esprime disprezzo per i nostri valori fondamentali", ha affermato il Presidente Antonio Tajani. Il presidente del Parlamento europeo si è quindi scusato con tutti coloro che sono stati offesi dall’intervento del 74enne Korwin-Mikke. Dopo l’intervento del deputato polacco, Tajani era stato immediatamente informato dell’incidente da diversi deputati.

Le prime ad andare su tutte le furie, però, sono state le eurodeputate, come la spagnola Iraxte Garcìa, che dopo averlo ascoltato è sbottata. "Ascolti signor deputato, secondo lei e le sue teorie io non avrei il diritto di essere seduta qui tra i deputati? So che questo la fa infuriare, lei è spaventato dal fatto che le donne oggi possano rappresentare i cittadini così come fa lei. Io sono qui per difendere le donne d’Europa da uomini come lei".

    Ma non è solo contro le donne che si è scagliato l’eurodeputato polacco, appartenente al partito di estrema destra Coalition for the Renewal of the Republic Freedom and Hope, in passato aveva infatti detto riguardo all’immigrazione: "Questa è una politica ridicola che in Europa ha causato un’inondazione di spazzatura umana. E sia chiaro: spazzatura umana che non vuole lavorare. L’America ha costruito il suo potere perché ha preso immigrati disposti a lavorare senza dare loro una ricompensa. Questa politica sta rovinando l’Europa".

 

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

Da l’Unità online

http://www.unita.tv/

 

Trump furioso. Giudice delle Hawaii

blocca il nuovo bando immigrazione

 

l testo è stato giudicato discriminatorio sulla base della nazionalità

 

Un giudice federale delle Hawaii ha bloccato temporaneamente, su base nazionale, anche il secondo bando sull’immigrazione del presidente Donald Trump la versione rivista e corretta del controverso provvedimento, a poche ore dalla sua prevista entrata in vigore.

    Il testo è stato giudicato discriminatorio sulla base della nazionalità: impedirebbe ai cittadini delle Hawaii di ricevere i parenti, recherebbe danno al settore turistico e limiterebbe la possibilità di accogliere studenti e lavoratori stranieri.

     “Il pericolo è chiaro, la legge è chiara, il bisogno per il mio ordine esecutivo è chiaro. Lotteremo e vinceremo” portando l’ordine esecutivo che limita l’ingresso negli Usa da alcuni Paesi a maggioranza musulmana “fino alla Corte Suprema”. Così Donald Trump si scaglia contro la decisione di un giudice federale delle Hawaii di bloccare temporaneamente su base nazionale anche la nuova versione del ‘bando’ presentato dall’amministrazione. Una decisione che il presidente Usa ha definito un “abuso senza precedenti”.

    Fino a lasciare intendere di preferire comunque il primo ordine ese­cu­tivo “quello che volevo. Questa non è altro che una versione an­nac­qua­ta”, ha detto. Il nuovo testo era stato presentato dal­l’am­mi­ni­stra­zio­ne Trump lo scorso 6 marzo dopo che l’ordine esecutivo firmato il 27 gen­naio scorso – un venerdì – scatenando il caos in molti degli aero­por­ti del Paese e innescando la protesta immediata, era stato sfidato in tribunale, impugnato da una manciata di stati prima, poi bloccato da un giudice federale di Seattle, in fine bocciato anche da una corte d’ap­pel­lo federale in California. A quel punto Trump aveva d’impulso mi­nac­ciato di andare fino in fondo (“Ci vediamo in tribunale” twittò subito), ovvero fino alla Corte Suprema. E non mancò di scagliarsi contro i giudici accusandoli di essere politicizzati.

    Ma smaltita la rabbia per lo smacco aveva poi poi prevalso la scelta di rivedere il testo, riscrivendo le parti considerate più controverse e promettendo a quel punto che nulla si sarebbe trovato più da obiettare. Così però non è stato, non per ora. Nonostante il ‘nuovo bando’ riduca da sette a sei i paesi a maggioranza musulmana interessati, cancellando dalla lista l’Iraq in risposta alle preoccupazioni espresse dal Pentagono circa le possibili ripercussioni nel rapporto con il governo iracheno in particolare per il suo impegno nella lotta all’Isis. La nuova versione inoltre non prevede più lo stop all’ingresso negli Usa per coloro in possesso di carta verde e visto.  Eliminata anche la parte in cui si garantiva un particolare trattamento per i cristiani.

 

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Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Luciano l’apota

 

Il lascito di Luciano Cafagna (1926-2012)

 

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Il 5 febbraio 2012 ci lasciava Luciano Cafagna: "Luciano l’apota", "colui che non beve", come lo aveva definito Gianni Toniolo celebrandone, nel 2006, l’ottantesimo compleanno, perché nella sua attività scientifica non aveva "mai bevuto le storie di ‘grandi balzi’, ‘decolli’, ‘discontinuità’".

    Mondoperaio, la rivista alla quale Cafagna ha collaborato per cinquant’anni, ha raccolto in un quaderno le riflessioni sui suoi scritti pubblicate nell’anno trascorso, insieme con gli atti della giornata di studio a lui dedicata che si tenne il 20 aprile 2012 presso l’Istituto dell’Enciclopedia italiana alla presenza del Capo dello Stato.

       

        

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Una sede tutta nuova

 

(Roma, 14 marzo 2017) - Una bella giornata di festa oggi alla Fondazione Pietro Nenni. Il presidente Giorgio Benvenuto, il vice presidente Carlo Fiordaliso e Maria Vittoria Nenni hanno tagliato il nastro della Fondazione completamente ristrutturata.

    Tra le personalità del mondo della cultura che hanno voluto essere presenti alla cerimonia: Rosanna Rummo, Direttore della Direzione Nazione Biblioteche e Istituti culturali del Mibac, Valdo Spini, presidente dell’Aici, la segretaria confederale UIL, Silvana Roseto, il presidente dell’Istituto di studi sindacali "Italo Viglianesi", Roberto Campo, presidente della Fondazione Di Vagno, Vito Mastroleo e il presidente della Fondazione Matteotti, Angelo Sabatini.

       

                    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

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LETTERA DA ROMA

 

Ecco perché scelgo di stare

con Gianni Cuperlo e Andrea Orlando

 

L’Europa mostra grandi crepe di deterioramento proprio nel periodo in cui maggiore è l’ineluttabilità della sua unità tra eguali per fronteggiare i falchi che stanno all’est e all’ovest, pronti a dividerne le spoglie. Gli europei pensano, sovente e a torto, che il loro avvenire sta alle loro spalle. Non c’è che l’oggi in tanti di loro. Come siamo potuti arrivare a ciò, a chiuderci in noi stessi, a considerare la libertà individuale come la sola atta a costruire il nostro avvenire a detrimento dei valori umani universali: l’eguaglianza, la fratellanza, l’attenzione a chi meno ha, alle sue disgrazie, al destino che lo aspetta, alle migliaia che affrontano il mare, a cui manca solo la valigia di cartone per assomigliare ai milioni dell’esodo di massa del dopo guerra italiano verso le terre d’Europa e del mondo. L’assunzione della libertà individuale a idolatria, il tratto della cultura dominante in tanta parte del nostro continente. Persino l’apologia della slealtà verso il prossimo.

 

Gianni Farina, deputato PD

        

    

LETTERA DAL LUSSEMBURGO

 

L'Europa o il caos

 

E' nota la folgorante frase con cui Pietro Nenni invito' gli italiani a votare per la Repubblica, oggi siamo di fronte alla stessa essenziale domanda e decisione, un'angoscia quasi esistenziale quella che dovrebbero provare i popoli europei di fronte a quanto sta accadendo al progetto europeo. O l'Europa si farà nella sua versione completa politica e federale o regnerà il caos nella regione geografica europea.

    Oggi l'Europa vive una fase di crisi estrema, crisi di credibilità, di legittimazione democratica, economica e comunicativa. Soprattutto l'aspetto comunicativo e culturale della costruzione europea é venuto a mancare negli ultimi anni. Si sono create fratture sociali che minano la stessa permanenza del progetto europeo. Pensiamo alla linea orizzontale che divide i paesi del nord da quelli del sud, austeri contro cicale possiamo dire, oppure la linea che divide metaforicamente i paesi occidentali da quelli orientali usciti dal regime sovietico, oppure pensiamo alla rottura fra i popoli e le burocrazie, le classi politiche, od alle nazioni che ostinate riemergono e reclamano potere e competenze sempre piu' importanti. L'Europa colpita dalla crisi economica non ha saputo e potuto orientarsi su un progetto diverso in vero, ma ha accettato il terreno di battaglia economico senza preoccuparsi di reagire a livello sociale culturale e politico. Il dominio dei mercati (che sono notoriamente globali) ha in tal senso esteso la sua forza anche e soprattutto sugli stati europei e l'Europa non ha saputo unirsi per reagire e governare il cambiamento. E' mancato un progetto educativo scolastico culturale e una adeguata campagna comunicativa per rendere l'Europa un progetto condiviso, compreso, capito, affinché cittadini europei si sentissero tali, un'identità condivisa. L'Europa resta pero' il progetto dei progetti, il fine ultimo cui tende il nostro continente, perché la CECA - la prima forma di unione europea - nasce per garantire la pace tra i contendenti francesi e tedeschi dopo la seconda guerra mondiale e prosegue con grandi balzi amministrativi in avanti, attraverso trattati e norme che entrano e si insinuano nei nostri ordinamenti giuridici fino a pervaderli, come oggi, in ogni dettaglio piu' di quanto pensiamo. Una costruzione giuridica economica molto avanzata, cui solo i demagoghi possono pensare di porre una retromarcia. 

    L'Europa è oggi necessaria perché il mondo é piu' grande, piu' collegato ed i grandi players come USA Cina India Brasile Russia esigono un interlocutore unito ed europeo, piuttosto che singoli e piccoli stati nazionali. La globalizzazione é un dato di fatto ma i popoli non sono pronti, spesso sono spaventati e, di conseguenza, reagiscono chiudendosi, votando contro, come se restando soli ed isolati si risolvessero i problemi.

    In questo scenario hanno trovato facile terreno di crescita movimenti e partiti che si ispirano al piu' conservatore dei nazionalismi, il mito della nazione, nato nel XVI secolo e giunto fino ad oggi e che tende a far coincidere lo stato con la nazione, cioè con l'insieme di lingua tradizione e cultura. Un mito che già Einstein definiva una malattia infantile dell'umanità e che Mitterrand preoccupato nella sua ultima seduta a Strasburgo apostrofò con le parole "il nazionalismo è guerra". Il binomio nazionalismo ed antipolitica ha pertanto causato un corto circuito nel progetto di integrazione europea e la Commissione non ha potuto e saputo reagire agli attacchi delle opposizioni nazionaliste ed antipolitiche, come non ha saputo riallineare gli stati membri spesso vittime di classi dirigenti tiepide sull'Europa, di corto respiro, che flirtano coi nazionalisti e sono guidati da classi dirigenti nazionali e poco avvezzi alla realtà europea.

    Prima che gli eventi precipitino, e siamo già vicini al burrone, occorre reagire, invertire la tendenza, creando quel senso di appartenenza all'Europa ed amore per un progetto che é il compito e la missione della nostra generazione, votata non solo a social media e playstation, ma alla realizzazione di un grande progetto di pace e benessere: gli Stati Uniti d'Europa.

    Spetta alla generazione erasmus soprattutto, ed a tutti coloro che vivono cross borders, realizzare il sogno europeo. Spetta specialmente, anche se non solo ovviamente, a chi l'Europa l'ha vissuta, capita, studiata veicolare il messaggio e la necessità di un'Europa unita. 

Spetta a tutti gli ex erasmus il compito storico di diffondere il messaggio europeo, parlare spiegare l'europa, la differenza culturale dei paesi membri, la loro bellezza, l'aspirazione all'unità culturale, sociale, della letteratura, della musica del teatro europeo, dello sport europeo, del cinema europeo, un lavoro immenso e bellissimo, che gli erasmus possono realizzare senza difficoltà.

    Occorre pertanto costituire un erasmus della politica, che avvicini i due mondi quello dei giovani europei e quello dell'impegno politico, necessario step per la realizzazione di un progetto politico come quello europeo. Scambi di lavoro fra istituzioni parlamenti e governi dei vari paesi membri, una proposta di legge arriverà a breve.

    Quote erasmus per consentire l'osmosi di conoscenze e best practices tra gli erasmus o italians o altri lavoratori cross borders affinché rientrino - anche temporaneamente - nei paesi di provenienza e lavorino presso pubbliche amministrazioni o privati e reimmettano conoscenze nella società.

    Occorre l'unificazione del sistema scolastico europeo, dei programmi educativi, le materie da insegnare, la costruzione europea, la cultura di altri paesi, la loro musica, letteratura, tradizioni, spiegate in modo dettagliato. Oggi il Trattato di Lisbona affida agli stati nazionali scuola e cultura, senza appello. Un errore attribuire solo il mercato unico alla competenza europea e la cultura a quella nazionale.

    Occorre l'istituzione di un servizio civile europeo, per tutti i cittadini, spendere un anno in un altro paese europeo é un'opportunità unica di conoscenza e apertura, contro le chiusure, si crea la base per una vera cittadinanza e identità europea (anche il servizio militare potrebbe essere un'opzione, molti paesi hanno creato un'identità intorno a questo).

    La necessità di trovare una lingua unica per l'Europa, che sia standard e consenta a tutti di parlarsi, dalla Finlandia alla Spagna, senza dover eliminare le lingue tradizionali che restano, come restarono in vita i dialetti regionali dopo l'unificazione d'Italia.

    In breve, la Commissione deve utilizzare il suo esiguo budget (forse é il caso di aumentarlo visto che il PIL di 500 milioni di europei é consistente) per propagandare e creare l'identità europea e veicolare la bontà la necessità ed i vantaggi dell'integrazione europea.

    I risultati economici non possono essere il solo elemento di unione, lo stesso Fischer ex Ministro degli Esteri tedesco ricordava che l'Euro é un progetto politico. I risultati economici non possono precedere l'unificazione politica e culturale perché da essi dipendono. I problemi migratori, di sicurezza interna ed esterna, la crisi bancaria sono derivati dalla mancanza di unità di azione europea, dalla mancanza di un'Europa unita  politicamente capace di esprimere una politica fiscale unica, una politica economica unica, una politica estera e di difesa unica e democraticamente fondata. Le istituzione non saranno rese democratiche se le classi dirigenti e le popolazioni non saranno rese europee, capaci di perseguire un interesse europeo, e non piu' nazionale. I 5 milioni di Erasmus in giro per l'Europa, i 2 milioni e mezzo di italiani emigrati in Europa, sono una buona base di partenza per creare un popolo europeo ed una classe dirigente europea capace di sconfiggere il rinascere di pericolosi nazionalismi. Per questo oggi ci sentiamo di dire che si avrà l'Europa o il caos! Avanti!

 

Leonardo Scimmi, Coord. Psi - Italiani all'estero (Europa)

        

   

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

     

Allegato Rimosso
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