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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

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Direttore: Andrea Ermano

 

Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 19 febbraio 2015

   

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IPSE DIXIT

 

L’Italia 1 - «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.». – Costituzione della Repubblica italiana, Articolo 11

 

L’Italia 2 - « L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra. Questa è la strada, la strada della pace che noi dobbiamo seguire». – Sandro Pertini

 

Cinquemila - «Se hai 5000 uomini “pronti”, fagli riparare le scuole, ché quelle non sono “pronte”». – Crozza

 

   

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EDITORIALE

 

Lezione magistrale

 

di Andrea Ermano

 

Roma. Interno giorno. Senato della Repubblica. Lezione magistrale del professor Emanuele Severino sulla Democrazia nel XXI secolo. Segue dibattito. Al quale dibattito interviene Gabriella Bonacchi della Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco. La professoressa Bonacchi pone in questione il concetto di "democrazia procedurale" con cui Severino designa l'attuale sistema politico "che non cerca più la verità, ma vuole solo il consenso degli elettori". Per Severino questa "democrazia procedurale" è uno dei tanti fenomeni dominati dal nichilismo contemporaneo, che egli definisce "la pazzia estrema dell'Occidente".

 

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Roma 12.2.2015 – La Lectio magistralis di

Emanuele Severino al Senato della Repubblica

vai al video su Radio Radicale

 

 

Un momento. Mica è detto che la nostra democrazia sia meramente "procedurale", cioè nichilista cioè affetta dalla pazzia estrema dell'Occidente, eccepisce Bonacchi: qui non si tiene conto sufficiente dell'Idea di Costituzione, insita nelle nostre democrazie antifasciste, cui inerisce, infatti, una forte dimensione anti-nichilista.

    L'osservazione non piace al decano dei filosofi italiani. Che risponde con durezza "alla cara amica, che è la consorte del professor Marramao". Oibò! Che senso ha ridurre a "moglie di xy" una studiosa con i capelli bianchi, sulla sessantina, che ha fatto anche un paio di libri piuttosto seri? Severino evita di menzionarla per nome. Probabilmente in quel momento non se lo ricorda, il nome. Calo degli zuccheri? Sì, vabbè, però Aristotele diceva che queste dimenticanze di nomi sono indizio di animo cattivo. Forse esagerava. Certo è che a uno studioso-uomo non capita di sentirsi appellare come "il caro amico e consorte della professoressa xy". O no?

    A parte questa brutta gaffe, Emanuele Severino metterà però il dito nella piaga del (rottamando) Senato. E così, sul costituzionalismo perorato da Gabriella Bonacchi, ha gioco facile a esclamare secco e sardonico: «Ma… oggi non si considera più la Costituzione come alcunché d'intoccabile… E allora, questa "toccabilità" – toccabilità! – della Costituzione è congruente con la democrazia procedurale. Lei mi ha portato una conferma!».

    E dunque? Dunque, la rottamazione decostituzionale in atto rappresenta un esempio evidentissimo di democrazia meramente "procedurale" cioè di relativismo radicale cioè di nichilismo cioè di "pazzia estrema".

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Roma. Interno notte. Camera dei Deputati. È trascorso un giorno dalla lezione di Severino e il capo dell'esecutivo nonché segretario del PD riassume, ignaro, il concetto di toccabilità della Costituzione nel seguente Twitter: "La riforma sarà sottoposta a referendum. Vedremo se la gente starà con noi o con il comitato del no guidato da Brunetta, Salvini e Grillo".

    Vedremo? Per intanto il Parlamento italiano appare trasformato in un bivacco.

 

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Roma 13.2.2015 – Camera di deputati “nominati”,

qui in funzione costituente, con Rottamatore.

 

Commenta Emanuele Macaluso: «Non ci sono stati mai scontri durissimi su leggi costituzionali che cambiano addirittura l’assetto della Repubblica, approvate in una seduta fiume e in una notte solo dalla “maggioranza” di governo, con la presenza di un numero di deputati inferiore alla metà. È vero, in questo ventennio abbiamo visto l’obbrobrio delle leggi costituzionali approvate dalle maggioranze di governo di centrosinistra (la Bassanini) e di centrodestra (la Calderoli), ma sappiamo che fine miserevole hanno fatto entrambe».

    Ora, le Carte fondamentali europee, la Carta dell'ONU e il pensiero costituzionalista a esse sotteso rappresentano i maggiori esiti politici emersi in positivo dalla Seconda guerra mondiale, con buona pace di certe agenzie di rating che vivono in permanente delirio di onnipotenza e mal sopportano qualunque intralcio all'anarchia del turbo-capitalismo planetario.

    Dopodiché, anche la più bella Costituzione del mondo – quella a sostegno della quale gli elettori del centrosinistra bersaniano “Italia Bene Comune” votarono nel 2013 – può certo essere riformata. Ma s'è visto mai che la Lega calcio, volendo cambiare il Regolamento, lo metta in palio come trofeo di una partita tutti contro tutti, introducendo magari la clausola per cui, in caso di parità, i giocatori, gli arbitri e persino i guardialinee a un certo punto estraggono chi mazze da baseball, chi racchette da hockey, e giù botte da orbi per "decidere" il risultato?!

    Trentacinque anni di fallimenti bicamerali stanno lì a dimostrare che il Consiglio dei Ministri, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica erano e restano troppo affaccendati in mille altre faccende per potersi davvero misurare anche con la Grande Riforma. Però…

    Però, nei cassetti del Parlamento italiano sonnecchiano diversi disegni di legge per l'istituzione di una Costituente. E Matteo Renzi bene farebbe a investire il consenso di cui gode, onde promuovere un percorso costituente vero, sulla base di un mandato esplicitamente conferito dal popolo italiano a un’Assemblea eletta con sistema proporzionale e incaricata di produrre entro otto mesi una riforma della Costituzione da sottoporre a referendum confermativo finale.

    Scherzano col fuoco quelli che, invece, aggrovigliano i rapporti tra minoranze maggioritariamente manipolate e maggioranze mediaticamente silenziate nel Paese. Scherzano col fuoco quelli che contaminano mille volte il potere esecutivo con il potere legislativo a colpi di nomine e ricatti. Scherzano col fuoco soprattutto quelli che pensano di riuscire a esaurire il potere costituente dentro al potere costituito.

    Pazzia estrema.

    Nelle Costituzioni antifasciste europee è immagazzinata la Lectio magistralis di vicende storiche grandi e tremende.

      

    

Em.Ma - In corsivo

https://www.facebook.com/emmacaluso

 

LA LEGA “PROBLEMA” PER

FORZA ITALIA. E PER IL PD

 

La Lega sull’Europa, e su altri essenziali valori costituzionali, dice le stesse cose delle destre estremiste e fascisteggianti che circolano in Italia, Grecia, Germania, Ungheria e anche in Francia.

 

di Emanuele Macaluso

 

La politica italiana è sempre più caratterizzata da contraddizioni, equivoci e opportunismi indecenti.

    Oggi ciò che colpisce sono le parole sprezzanti usate dal capoccia della Lega, Matteo Salvini, nell’annunciare che non andrà al Quirinale: “Che ci vado a fare – ha detto – a chiedergli il numero del parrucchiere”? Leggo che al Quirinale andranno soltanto i capigruppo della Lega. Mattarella è uomo saggio e saprà come regolarsi. Io, in verità, non avrei ricevuto i due soci di Salvini.

    La Lega sull’Europa, e su altri essenziali valori costituzionali, dice le stesse cose delle destre estremiste e fascisteggianti che circolano in Italia, Grecia, Germania, Ungheria e anche in Francia. Il razzismo antimeridionale, tipico della Lega, è stato temporaneamente accantonato per motivi elettorali, ma trasuda da ogni atto e parola di Salvini.

    A questo punto c’è un nodo politico: l’equivoco comportamento di Forza Italia che è alleata con la Lega nelle Regioni e nei Comuni e, al tempo stesso, vorrebbe riannodare un’alleanza con il PD. C’è addirittura chi propone un governo PD-FI. E anche nel PD c’è chi vuole riagganciare Forza Italia, almeno per fare le riforme costituzionali. Mi domando: siamo in una democrazia parlamentare o in un mercato?

    Le alleanze, anche temporanee, nelle istituzioni repubblicane, dovrebbero avere come riferimento un punto fermo e irrinunciabile: i valori sanciti dalla Costituzione. La Lega è fuori da questo recinto e chi si allea con essa non dovrebbe trovare posto accanto al PD. È così o no?

 

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SPIGOLATURE 

 

Tra il Palazzo e il West

 

di Renzo Balmelli 

 

MALASANITA'. Nelle poche ore di vita di Nicole, nella sua morte tanto assurda, nel destino della bimba catanese venuta al mondo e subito volata via come in un soffio, nella brevissima esistenza di quel respiro appena sbocciato e strappato ai genitori nel più crudele del modi, si sostanzia una tragedia dell'inciviltà troppo difficile da accettare. Perché – ce lo chiediamo prendendo a prestito le parole di Paolo Di Stefano – che Paese è mai quello in cui una neonata muore per non avere trovato un ospedale disponibile. Che Paese è mai quello in cui i buffoni della politica si azzuffano in Parlamento come in una locanda del vecchio West, offrendo uno spettacolo al limite dell'indecenza, mentre fuori si consuma il dramma della malasanità. Dite, che Paese è mai questo.

 

SPACCATURA. Più che breve, è stata una luna di miele mai consumata quella tra il nuovo padrone di casa del Quirinale e le forze dell'opposizione che mordono il freno e ancora masticano amaro per il "matrimonio che non s'aveva da fare." In testa al corteo degli "indignati" troviamo, manco a dirlo, la Lega e il suo leader, il " lepenista" Salvini, che hanno assunto un atteggiamento ostile, irrispettoso e liquidatorio nei confronti di Mattarella: un approccio pregiudiziale, carico di brutti presagi, che esaspera la spaccatura in concomitanza con la grave crisi libica. Nonostante la pena abbreviata, si agita meno, invece, l'ex Cavaliere che al cospetto del Ruby-ter, gli assegni alle "olgettine" ed i segreti attorno ai festini di Arcore teme, forse, di essere riacciuffato da suo ingombrante passato.

 

PAURA. Come in un mosaico impazzito, le immagini che in un wagneriano crescendo da crepuscolo degli Dei si concretizzano davanti ai nostri occhi tra guerre, terrorismo, razzismo e crudeltà medievali, compongono un quadro frammentato in cui ogni tassello si carica di oscuri arcani. La ferocia dei tagliagola che fa paura a tutti si sovrappone agli spaventosi e sanguinosi rigurgiti di antisemitismo, la catastrofe umanitaria dei migranti fa il paio con i blindati sepolti sotto la neve in Ucraina, spettrale riproposizione in chiave moderna di altre, terribile campagne di Russia. E' stato detto mille volte e non basta mai: l'unica cosa che l'uomo impara dalla storia è che non impara nulla dalla storia. Chissà quando riusciremo a ficcarcelo nella zucca.

 

PALUDE. Nessuno rimpiange il regime di Gheddafi. Ma dalla scomparsa del colonnello non vi è traccia dei cambiamenti epocali sui quali si doveva fondare la rinascita della Libia per farne una nazione moderna, con un ruolo centrale per lo sviluppo dell'intera regione. il Paese è precipitato in mano alle tribù, privo di un vero governo e sempre più simile a una terra di saccheggi in cui spadroneggiano bande armate fuori controllo e sulla quale incombe l'ombra minacciosa dell'IS che trova nel caos e l'anarchia un propizio brodo di coltura. Pesantissima è l'eredità delle dissennate strategie occidentali in questa ribollente area del pianeta da cui arriva l'ennesima conferma: la conferma che la democrazia non fiorisce sulla bocca del cannone e men che meno nella palude del fanatismo di nero vestito.

 

EMERGENZA. Chissà se quando Berlusconi faceva il baciamano al rais o quando inglesi e francesi alzavano in volo i loro caccia con il neppur tanto segreto intento di conquistare un posto in prima fila al mercato del greggio libico, si sono resi conto dell'abisso che si andava spalancando alle porte dell'Europa. E chissà se l'Italia, unico Paese del G8 a essere bagnato soltanto dal Mediterraneo, riuscirà , per storia e influenza culturale, a far valere le sue responsabilità in uno scenario che fa tremare mezzo mondo . Sono questioni cruciali che si pongono con urgenza mentre la diplomazia , seppure con qualche affanno, mostra di prediligere una soluzione politica per affrontare l'emergenza senza isterismi, senza la nostalgia di tambureggianti occupazioni al canto di " Tripoli bel suol d'amore".

 

MORO. Quando si rievoca l'opera di Leonardo Sciascia, il discorso, prima o poi, finisce col ruotare attorno al caso Moro. " L'affaire", come lo definì lo scrittore. Sulla morte del leader democristiano, un po' come l'uccisione di Kennedy a Dallas, non si è mai saputo nulla di veramente convincente, tranne che quel tragico capitolo resta uno dei grandi e irrisolti misteri italiani. A 25 anni dalla scomparsa di Sciascia, Adelphi ha appena pubblicato il secondo volume delle opere complete dello scrittore siciliano che dedica ampie riflessioni all'inchiesta su via Fani. Con questo scritto, che gli valse non poche critiche, Sciascia, convinto che l'eliminazione di Moro convenisse a molti, torna sulla sua ipotesi secondo la quale la verità è sotto gli occhi di tutti, ma proprio per questo nessuno la vede.

    

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

  

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Immigrazione: Un errore

collegare sbarchi e terrorismo

 

Non va confuso, a giudizio del segretario del Silp, il tema dell'immigrazione – spesso fatta di richiedenti asilo – con il fenomeno terroristico, che è più da temersi sul fronte interno, alla luce degli episodi francesi e danesi.

 

Non va confuso, a giudizio del segretario del Silp, il tema dell'immigrazione – spesso fatta di richiedenti asilo – con il fenomeno terroristico, che è più da temersi sul fronte interno, alla luce degli episodi francesi e danesi

    “Mettere in correlazione gli sbarchi di questi giorni con la minaccia terroristica sarebbe, oltre che un errore, anche un modo per non risolvere un problema delicato e sempre più attuale che non può più riguardare solamente il nostro paese”. Ne è convinto Daniele Tissone, segretario generale del Silp Cgil, secondo il quale non vi è, allo stato, “alcun elemento che ci possa consentire di sostenere che i terroristi si servano dei barconi per raggiungere il nostro paese”.

    Ciononostante, prosegue Tissone, potrebbero sempre determinarsi, in futuro, situazioni nuove, “anche se non si comprende perché potenziali terroristi rischierebbero la propria vita utilizzando tali mezzi, che, come si è visto, hanno condotto alla morte centinaia di persone”.

    Non va pertanto confuso, a giudizio del segretario del Silp, il tema dell'immigrazione – spesso fatta di richiedenti asilo – con il fenomeno terroristico, che è più da temersi sul fronte interno, alla luce degli episodi francesi e danesi che hanno visto protagonisti cittadini europei. “Esiste semmai – conclude Tissone – un rischio da emulazione, mentre sul versante degli sbarchi necessita un piano urgente, con un efficace corridoio umanitario che veda la partecipazione di più soggetti e che non può venire gestito unicamente dal nostro paese”.

        

    

Economia

 

Washington – I documenti USA

sui finanziatori dell’11 Settembre

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Il 7 gennaio, mentre a Parigi i giornalisti di Charlie Hebdo venivano massacrati dai terroristi islamici, a Washington si teneva un’importante conferenza stampa sulla necessità di rendere pubbliche le 28 pagine della Relazione d’Inchiesta del Congresso americano del 2002 che rivelerebbero i finanziamenti dell’Arabia Saudita ai terroristi dell’11 Settembre. Queste pagine furono secretate dal presidente George Bush. Purtroppo lo sono ancora.

    La citata conferenza stampa è stata tenuta dall’ex senatore democratico Bob Graham insieme a due deputati, il repubblicano Walter Jones e il democratico Stephen Lynch, e alla co-presidente dell’Associazione delle Famiglie e dei Sopravvissuti dell’11/9, la signora Terry Strada.

    Secondo noi si tratta di un evento politico di grandissima rilevanza che può contribuire a rendere più efficace la lotta al terrorismo e al fondamentalismo. Purtroppo la grande stampa europea ed internazionale lo ha ignorato. E’ davvero singolare se si considera che si dice a gran voce di voler colpire alla radice i sostenitori ed i finanziatori del terrorismo.

    Bob Graham, che è stato anche governatore della Florida e membro del Senato Federale per tre mandati, nel 2001-2 era presidente della Commissione d’Intelligence del Senato.

    Dopo l’attentato alle Torri Gemelle fu copresidente della Commissione d’Indagine conoscitiva attivata dalle Commissioni di Intelligence del Senato e della Camera.

    Nel dicembre del 2002 venne redatto un rapporto di oltre 800 pagine. Quando però sei mesi dopo tale documento fu declassificato, si scoprì che 28 pagine mancavano. Proprio quelle che spiegavano il ruolo dell’Arabia Saudita nel finanziamento dei terroristi e dell’attentato dell’11/9.  

    Va sottolineato che allora una maggioranza bipartisan di senatori e deputati, tra cui anche Joe Biden, attuale vice presidente, John Kerry, oggi Segretario di Stato e Hillary Clinton, si appellarono a Bush affinché le rendesse pubbliche, in quanto non pregiudizievoli per la sicurezza nazionale. Non vi riuscirono.

    Perciò in questi anni il senatore Graham non ha mai smesso di chiederne la pubblicazione. Egli ne conosce bene il contenuto avendolo redatto e sottoscritto. Più volte ha portato alla luce dettagli importanti del coinvolgimento saudita nell’11/9. Ma, fintanto che il Presidente americano non le rende pubbliche per decreto, egli è tenuto al segreto sul contenuto delle 28 pagine.

    Sic stantibus rebus, reputiamo che il contributo migliore alla verità sia citare parti dell’intervento svolto a Washington dal senatore Graham. “I Sauditi, ha detto,  sanno quello che hanno fatto. Non sono persone che non conoscono le conseguenze delle azioni del loro governo. I Sauditi sanno che noi sappiamo quello che hanno fatto. Persone del Governo americano hanno letto le 28 pagine e hanno letto anche tutti gli altri documenti che sono stati fino ad oggi secretati. E i Sauditi lo sanno.”

     “Quale potrebbe essere la reazione dei Sauditi che osservano come gli USA abbiano assunto una posizione di passività o di vera ostilità a che questi fatti siano resi pubblici? ”, ha chiesto il senatore.

     “Bene,  ha aggiunto Graham, per prima cosa essi hanno continuato e forse accresciuto il loro sostegno allo wahabismo, una delle forme più estremiste dell’Islam, a livello mondale ed in particolare nel Medio Oriente. In secondo luogo hanno sostenuto il fervore religioso delle organizzazioni che portavano avanti queste forme estreme di Islam con appoggi finanziari e di altro tipo. Queste comprendono moschee, madras e strutture militari. Al Qaeda era una creatura dell’Arabia Saudita e gruppi regionali come quello di Shabaab, (la cellula somala di Al Qaeda) sono stati in gran parte creature dell’Arabia Saudita; e adesso l’ISIS è l’ultima creatura… l’ISIS è una conseguenza non una causa, è una conseguenza dell’espandersi dell’estremismo in gran parte sostenuto dall’Arabia Saudita:.” Il senatore americano ha poi detto: ”La conseguenza della nostra passività nei confronti dell’Arabia Saudita ha fatto anche tollerare una moltiplicazione di organizzazioni violente, estreme e fortemente dannose per la regione mediorientale e una minaccia a tutto il mondo, come abbiamo visto questa mattina a Parigi.”

    Trattasi di accuse molto gravi che, data l’autorevolezza della fonte, richiedono il massimo di chiarezza.

    Alla conferenza i deputati Jones e Lynch hanno annunciato di aver presentato alla Camera una risoluzione, la H Res. 14, per richiedere al Presidente Obama di togliere il segreto alle suddette 28 pagine.

    Sia il testo della legge che il video della conferenza stampa sono disponibili sui siti dei due parlamentari, www.jones.gov e www.lynch.gov .

    La signora Terry Strada, da parte sua, ha ribadito che “tutti sanno che Al Qaeda e Osama bin Laden ci hanno attaccato l'11/9, ma questa è solo metà della verità. Crediamo che l'altra metà stia nelle 28 pagine redatte dalla Commissione d'Inchiesta”. “Dobbiamo declassificarle e denunciare i finanziatori dell'attacco terroristico e intraprendere azioni contro di loro”, perché, ha aggiunto, “le famiglie delle vittime e dei sopravvissuti dell’11/9 hanno il diritto di conoscere la verità”.

    A questo punto sarebbe opportuno che non solo i singoli Stati ma anche l’Unione europea sollecitassero l’Amministrazione Obama per ottenere il massimo di trasparenza su una vicenda tanto dolorosa quanto inquietante.

       

            

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Titolo

 

Intervento di Pia Locatelli alla Camera dopo la relazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sulla crisi libica

 

di Pia Locatelli, deputata del Psi

Presidente emerita dell’Internazionale Socialista Donne

 

Ringrazio il ministro Gentiloni per essere tempestivamente venuto in Aula a fare chiarezza, affermazioni raccolte fuori dal contesto possono essere facilmente travisate e ingenerare confusione. Bene quindi che la questione Libia sia stata riportata nell’unico ambito che le compete: quello istituzionale, sia a livello nazionale sia a livello internazionale.

    Tre brevi considerazioni: la prima riguarda l’atteggiamento delle forze parlamentari, quasi sempre assunto nelle democrazie mature:  in politica estera si deve fare tutto il possibile per non dividersi. Di fronte a una minaccia esterna, la posizione del nostro Paese deve essere univoca. La strumentalità per raccogliere consensi non è accettabile.

    La seconda considerazione riguarda l’enorme capacità comunicativa dell’Is e di contro la nostra inadeguatezza: loro sono riusciti a far credere che il “Califfato” ha conquistato il  territorio libico, si tratta invece di realtà locali che hanno dichiarato di “sposare” la causa dell’Isis, nulla di più; noi siamo riusciti a farci qualificare come il Paese delle crociate, essendo un Paese laico che non vuole crociate, né le loro, né le nostre. Quindi maggiore cura nella comunicazione.

    L’ultima considerazione riguarda il da farsi. Con convinzione noi socialisti affermiamo che l’escalation militare in Libia è opzione estrema e di ultima istanza;  prima  va sostenuta la capacità del popolo libico di autodifendersi e autosostenersi, e quella dei Paesi arabi vicini di intervenire, nelle declinazioni da lei elencate.

    Questa linea di condotta ci “mette al riparo” da due possibili problemi: che sia rievocata la spinosa questione del colonialismo italiano e che sia fomentata la retorica islamista che invoca la guerra agli stranieri crociati per raccogliere consensi. Soprattutto, evita di creare le condizioni di una “guerra asimmetrica”, che sono proprio quelle ricercate dai gruppi insorgenti per massimizzare il loro potenziale offensivo.

    Infine, come già detto dal collega Marazzitti con riferimento a Romano Prodi, ricordiamo che l’Italia ha personalità con grande esperienza internazionale,  autorevolezza, riconoscimento da parte delle numerose parti in causa libiche, che possono svolgere un grande ruolo di mediazione/raccordo dei diversi fronti libici non Daesh. Utilizziamo queste risorse, non sbagliamo ancora una volta.

 

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Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

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FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

La guerra ibrida del Cremlino

 

di Giuseppe Perri

 

La Russia di Putin ha recentemente inventato un nuovo tipo di guerra moderna, la “guerra ibrida”. Lo ha dovuto fare anche per motivi oggettivi poiché uno dei capisaldi delle relazioni internazionali degli ultimi settant’anni (ribadito dal trattato di Helsinki) è l’intangibilità delle frontiere.

    La politica energetica russa e la ricostituzione della potenza e del prestigio dello Stato russo portano invece a una sovversione dell’ordine nello spazio post-sovietico: è già avvenuto in Moldova con la Transnistria e in Georgia con l’Abkhazia e l’Ossezia del sud; sta accedendo in Ucraina, con la Crimea e il Donbas, potrebbe avvenire tra poco nei Paesi baltici.

    Questa guerra “ibrida” è tale per i mezzi usati (uso di soldati russi senza mostrine ovvero i cosiddetti “omini verdi”, presenza di truppe irregolari di “separatisti”, distribuzione di passaporti russi tra la popolazione civile, ecc.) e soprattutto nei tempi: per far digerire alla comunità internazionale una modificazione territoriale sostanziosa oppure la fine di un’entità statale, occorre diluire molto nel tempo questi effetti, in modo tale che l’opinione pubblica mondiale sia posta di fronte al fatto compiuto o che neanche se ne avveda, presa com’è dagli attuali ritmi convulsi del villaggio globale.

    In questo quadro, gli accordi intermedi, da smentire poi nei fatti, le tregue, gli “stop and go”, sono un elemento di normalità. Non esistono quindi accordi davvero duraturi nel quadro della guerra “ibrida”, peraltro ingaggiata da una superpotenza nucleare, che può quindi facilmente smentire se stessa o gli accordi presi da “separatisti” amici. D’altra parte, fu proprio nel corso di un lungo conflitto di questo genere che la Russia strappò l’Ucraina alla Polonia nel Sei-Settecento, per poi impadronirsi della stessa Polonia e del Baltico.

    Gli accordi di Minsk del 12 febbraio (che, non a caso, sono in realtà i Minsk II, perché un primo accordo era già stato raggiunto mesi fa, ma esso è stato cancellato dagli eventi) prevedono alcune importanti clausole che minacciano di costituire un’occasione per la ripresa – tra qualche mese o nell’espace d’un matin – del conflitto. L’Ucraina ha dovuto accettare l’amnistia per gli insorti, la creazione di milizie locali, una futura cooperazione transfrontaliera tra Donbas e Russia, l’autonomia linguistica (il che vuol dire monopolio del russo) del Donbas; soprattutto, ha dovuto promettere una riforma costituzionale federalista e uno statuto speciale per il Donbas. Alcune di queste cose sarebbero teoricamente giuste, ma saranno sicuramente usate sia per togliere sovranità decisionale al governo centrale ucraino, sia come casus belli per una ripresa delle ostilità, sia come precedente da imporre ad altre importanti regioni frontaliere, come quella di Charkiv.

    D’altra parte, l’opzione annessionista non era in cima alle priorità di Mosca, che teme la proverbiale ingovernabilità del Donbas (che rappresenta una sorta di Corsica est-slava) e il carico finanziario che comporterebbe amministrarlo direttamente, visto che è sede di un’industria pesante e mineraria che sopravvive solo grazie alle sovvenzioni statali. Infatti, gli accordi prevedono sia il ripristino del pagamento di stipendi e pensioni sia il ritorno dei finanziamenti centrali ucraini all’economia del Donbas. Sembra che per ora (a meno che non maturi a Mosca una linea più dura) un’invasione e un’annessione russa del Donbas sarebbero compatibili solo con l’annessione dell’intera (fantomatica) Novorossija, che va, nei piani del Cremlino, da Odessa fino a Charkiv. E se Mosca non sarà in grado di annettersela per intero, farà di tutto perché un’entità di questo genere nasca all’interno di un menomato Stato ucraino.

    S’illudeva, infine, chi pensava ad un coinvolgimento americano nel conflitto: Obama e i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale non hanno alcuna voglia di dare armi agli ucraini e aprire un fronte lungo il confine della superpotenza nucleare russa (non ci sono precedenti storici e potrebbe rivelarsi un boomerang nella sfera d’influenza degli Usa); è evidente che, nonostante una parte del governo Usa e i repubblicani siano molto più interventisti, Obama consideri più importante il fronte Isis e tema gli effetti strategici di un impegno su più teatri.

    La partita è ancora lunga, insomma. E l’iniziativa resta nelle mani del Cremlino.

           

   

ITALICUM

 

MA QUESTO MOSTRO

NON E’ MITE (2/3)

 

Che la legge elettorale partorita dal patto del Nazareno sia un po’ mostruosa lo riconoscono anche i più benevoli. Pochi si sono accorti che questo mostro non è per nulla mite.

 

di Luciano Belli Paci

 

Il premio di maggioranza ed il ballottaggio eventuale: incostituzionalità al quadrato. - La Corte Costituzionale con la sentenza n° 1/2014 ha cassato il premio di maggioranza previsto dal Porcellum perché “tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.). Esso, infatti, pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi”. La sentenza, citando espressamente la giurisprudenza dell’Alta Corte tedesca, sottolinea chequalora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare”. Su questi presupposti è stata dichiarata l’incostituzionalità del premio di maggioranza perché “determina una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente”.

    Giova osservare che in nessuna delle democrazie occidentali esiste un “premio di maggioranza” che, in una elezione su base proporzionale, trasformi la maggioranza relativa in maggioranza assoluta dei seggi.  L’unico esempio simile è quello della Grecia, dove però il premio alla lista prima classificata è in misura fissa, 50 seggi, e non necessariamente assegna la maggioranza in parlamento.  Tutti gli altri sistemi maggioritari si innestano sui collegi uninominali, ponendo così l’elettore di fronte ad una scelta consapevole che ha in palio esclusivamente l’eletto di quel singolo collegio.

    La convivenza tra proporzionale e “premio”, prima del Porcellum, ha avuto in Italia due infelici precedenti: la “fascistissima” legge Acerbo del 1923 e la “legge truffa” del 1953, mai di fatto applicata, che rafforzava col premio la coalizione che avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei voti.  Se quella era una truffa, chissà quale fattispecie del codice penale si dovrebbe usare per il Porcellum e per l’Italicum !

    La legge concepita al Nazareno e poi più volte rimaneggiata prevede un premio che varia in misura tale da far ottenere il 55 % dei deputati, ma inserisce la soglia minima del 40 % per l’attribuzione del premio ad una singola lista (non più alla coalizione), prevedendo che in caso di mancato raggiungimento di tale soglia si dia luogo ad un secondo turno di ballottaggio tra le prime due liste.

    Un caso davvero unico al mondo, che stravolge i principi democratici più elementari.

    Nelle democrazie conosciute le regole sono semplici.  Se si vota con il cosiddetto maggioritario “secco” a un turno, il primo classificato vince anche con la maggioranza relativa (ma sempre nei collegi uninominali, uno per uno).  Nel nostro caso, poiché la sentenza della Consulta impone l’adozione di una soglia minima e l’impianto della legge è proporzionale, è chiaro che per rispettare la prescrizione si sarebbe avuta l’attribuzione del premio solo al raggiungimento del quorum, mentre in difetto sarebbe rimasta la ripartizione proporzionale (salvo eventuali sbarramenti).

    Se invece si vota con un sistema a doppio turno, ovunque nel mondo, dalla Francia al Cile, dal Brasile alla Tunisia, innanzitutto il ballottaggio riguarda solo cariche uninominali e mai l’attribuzione ad un partito della maggioranza parlamentare, e poi c’è una regola-base: se nessuno ottiene la maggioranza assoluta al primo turno, si deve andare al ballottaggio.

    Solo in Italia, benché da più di 20 anni pratichiamo il doppio turno per l’elezione dei sindaci e siamo tutti ben consapevoli del fatto che anche il 49,99 % dei voti non basta per vincere al primo turno, proprio quelli che per anni hanno sostenuto il modello del “Sindaco d’Italia” vogliono imporre un’inedita democrazia minoritaria, nella quale con il 40 % (cioè avendo contro il 60 % !) si vince senza dare agli elettori il diritto di scegliere col ballottaggio quale delle minoranze far prevalere.  Ergo, al motto “la maggioranza vince” si deve sostituire quello opposto: “la minoranza vince”.   Con il che la “compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea”, la “lesione dell’eguale diritto di voto” e la “alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica” che rendevano illegittimo il Porcellum non solo non sono state rimosse, ma per certi aspetti risultano perfino aggravate.

 

(2/3 – continua)

       

        

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Riuscirà Renzi-Giufà

a distruggere la scuola?

 

di Giorgio Morale

 

La scuola italiana attende due date a fine febbraio: un incontro del PD sulla scuola il 22 febbraio e la presentazione di un decreto legge il 28 febbraio: la traduzione legislativa del documento di Renzi “La Buona Scuola“.

    Nonostante il rifiuto del mondo della scuola e il quadro fortemente critico del piano governativo fornito dalla trasmissione tv  Presa Diretta, il sottosegretario all’Istruzione assicura: niente ripensamenti.

    E intanto una proposta alternativa che parte davvero dal basso (la LIP – Legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica, sottoscritta da 100.000 persone, che il 30 gennaio ha compiuto 10 anni) continua a essere ignorata dal Governo.

    In questa puntata di vivalascuola presentiamo un intervento di Marcello Belfante sulla "Buona Scuola" di Renzi:

 

https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2015/02/09/vivalascuola-189/

 

Seguono un punto della situazione sulla “riforma“ e le notizie della settimana scolastica.

       

        

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

LETTERA

 

Come posso sostenere l’ADL?

 

Ho scoperto solo oggi l'ADL. Non so per quale ragioni mi è arrivato questo messaggio al quale rispondo con grandissimo piacere. Continuate a trasmettermi regolarmente il giornale. E ditemi che cosa dovrei fare per essere annoverato tra i suoi sostenitori.

 

Saluti socialisti

Filippo, e-mail

 

Grazie! Una forma di sostegno praticata da molti compagni è la diffusione. Basta stampare l’ADL e metterlo a disposizione di altri potenziali lettori in un luogo pubblico.

 

Saluti socialisti

La red dell’ADL

        

     

LETTERA

 

Sì al servizio civile per i migranti

 

Condivido pienamente la vostra idea di un servizio civile.

 

Saluti cordiali

Augusto, e-mail

       

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

Allegato Rimosso
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