[Diritti] Perfetti o prefetti



ROMA  -  Finisce dunque nel peggiore dei modi. Con un giorno di furia e le esequie del boia delle Fosse Ardeatine così "private" che le immagini fanno il giro del mondo. Con un funerale che neppure comincia e un salma parcheggiata ai Castelli in attesa di ultima destinazione che diventano un fatto di ordine pubblico, incendiato dalla provocazione di neonazisti arrivati in collina con il trenino delle cinque e i caschi integrali, tanto per rendere chiaro il senso della loro gita. 

Con un sindaco che schiera a difesa del proprio comune i vigili del fuoco per impedire l'arrivo del feretro e un prefetto che vince la sua resistenza con un atto di imperio, convincendo per questo M5S e Sel a chiederne le dimissioni. Eppure, a sera, la voce di Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma, è quella di un uomo in pace con la propria coscienza. "Sono sconcertato ma sereno, glielo assicuro. Rispondo del mio operato al Governo con i fatti. E i fatti sono semplici. Mi trovavo di fronte ad una salma e alla legittima richiesta di una famiglia di esequie religiose. Che ho autorizzato in una struttura che aveva dato la sua disponibilità e in forma strettamente privata. Potevo forse negare una benedizione cristiana? I morti sono tutti uguali, quali che siano i crimini efferati di cui si sono macchiati da vivi".

La benedizione cristiana poteva essere anche dispensata nell'obitorio del Gemelli. Lì sì, in forma privata. Magari in ore più consone alla riservatezza che non le 5 del pomeriggio ai Castelli in un paese medaglia d'argento al valore per la Resistenza. O no?
"E crede che non ci abbia pensato? Era la prima delle soluzioni. Ma sono intervenute delle difficoltà che non sono dipese dalla mia volontà e che hanno reso quella struttura non disponibile".

Il "Gemelli" è l'ospedale dei vescovi. L'ostacolo è stato il no alle esequie del Vicariato?
"Lasci stare. Le dico che la struttura non era disponibile".

Il sindaco di Albano si è definito oltraggiato. Perché non lo ha avvertito di quello che sarebbe accaduto nel suo comune?
"Come ho detto, non intendevo violare la riservatezza che doveva avere la cerimonia, contribuendo in questo modo a creare un clima che altri hanno creato. Non volevo metterlo in difficoltà".

Salvo poi ritrovarsi a dover annullare di imperio la sua ordinanza che impediva il transito del feretro.
"Non avevo scelta. Il diritto alle esequie in una struttura privata prevaleva su qualsiasi altro invocato diritto".

Non le sembra che "privato" e "riservato", in questa storia, siano aggettivi incongrui? Davvero lei immaginava che l'avvocato di Priebke, i lefebvriani e la paccottiglia neonazista che gli hanno fatto da quinta avrebbero rinunciato a trasformare il funerale in un'altra cosa?
"Era prevedibile che la notizia sarebbe filtrata, certo. Ma non dovevo chiedere il permesso per qualcosa che non era nella disponibilità del sindaco. Dovevo solo garantire l'esercizio di un legittimo diritto della famiglia. E insieme impedire che una funzione privata diventasse un'altra cosa, come ho fatto negando l'ingresso a chi intendeva trasformarla in altro".

 


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