Torino. Primo Maggio contro la guerra e il militarismo



Torino. Primo Maggio contro la guerra e il militarismo

Spezzone antimilitarista e libertario al corteo
ore 9
piazza Vittorio Veneto
Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori!
dopo il corteo pranzo e festa del Primo Maggio in corso Palermo 46

Contro la guerra - gli eserciti - gli stati - le fabbriche d’armi

Un Primo Maggio antimilitarista e libertario contro la guerra per la
Libia, le produzioni militari, il commercio d’armi, gli F35. La guerra si
combatte in Libia, si combatte nel mediterraneo contro profughi e
migranti: le armi si costruiscono a due passi da casa nostra. Alla Fiat
Avio, all’Alenia, alla Moreggia, alla Microtecnica. La dignità di chi
lavora impone che queste fabbriche chiudano, che il nuovo stabilimento di
Cameri per gli F35 non venga costruito: nel nostro paese servono scuole,
ospedali, case per tutti. È tempo che la riconversione dell’industria di
guerra entri nell’agenda del movimento dei lavoratori: l’opposizione alla
guerra non può limitarsi alla testimonianza, non può limitarsi
all’indignazione, deve farsi azione diretta contro tutte le produzioni di
morte.
L’Italia è in guerra. È in guerra in Libia, in Afganistan, nelle strade
delle nostre città.
Una guerra feroce con morti, feriti, deportati, prigionieri, campi di
concentramento.
Dalle basi nel nostro paese partono i cacciabombardieri diretti in Libia
dove i governi di Francia, Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti si
contendono il controllo delle risorse petrolifere del paese.
Da Lampedusa partono navi ed aerei verso i campi di concentramento
allestiti in aree militari abbandonate da decenni.
Lampedusa è l’emblema di una guerra che va avanti da lunghi anni,
l’emblema della frontiera, quella riga di nulla su una carta tutta azzurra
di mare, quella riga di nulla che separa i sommersi dai salvati.
Migliaia di giovani tunisini, gli stessi che hanno cacciato Ben Alì, si
sono messi in viaggio.
Il governo italiano ha tentato inutilmente di disfarsene ballando tra
Tunisi, Parigi e Berlino. Alla fine ha dovuto concedere permessi
temporanei a tutti i 22.000 arrivati sino al cinque aprile ed ha
cominciato a rinchiudere e deportare gli altri. Ma l’Unione Europea ha
detto no alla libera circolazione dei tunisini provenienti dall’Italia. Le
frontiere sono aperte per i capitali, chiuse per gli esseri umani.
I leghisti Castelli e Maroni si lamentano di non potere “ancora” sparare
ad immigrati e profughi.
Ma gli immigrati muoiono già ora, uccisi ogni giorno dalle leggi che
impediscono la libera circolazione delle persone.
Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune, un sudario che avvolge le
speranze di immigrati e profughi. Anche questa è guerra, guerra ai poveri.
I diritti umani, sui quali tante volte si tracciano discrimini di civiltà
e si giustificano le bombe, diventano carta straccia quando fa comodo.
Quando fa comodo ai padroni. Quando fa comodo avere gente disposta a
lavorare e testa bassa per paghe da fame, perché se perde il lavoro perde
il permesso. Il permesso di vivere.
L’ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo
mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e
Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti
umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo
stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo
italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d’Africa.
Alti funzionari dell’ENI vanno in Cirenaica per tutelare i propri
contratti. Nel frattempo dalla Libia partono barconi pieni di profughi dal
corno d’Africa. I primi dopo lo stop imposto dal trattato di amicizia
italo-libica, i primi dopo gli accordi criminali per i respingimenti in
mare. Gente in fuga da guerre e persecuzioni, che cercava asilo nel nostro
paese, ma è stata rimandata verso l’inferno. Il governo di Tripoli faceva
il lavoro sporco per conto del governo di Roma. Un servizio completo:
respingimenti, galere, abbandono nel deserto.
Celebrano i 150 anni dello Stato italiano con un tripudio di tricolori.
Soldati e bandiere. I nazionalisti di ogni dove fanno festa con divise e
vessilli: cambiano fogge e colori, ma la musica è sempre la stessa. Quella
delle marcette che accompagnano gli assassini di professione.
I soldati fanno le guerre, ammazzano, incendiano, distruggono, stuprano.
Le bandiere fanno sembrare belli e sacri i massacri. A Torino
“festeggiano” con ben 11 parate militari. La prossima sarà quella degli
alpini. Folclore e affari. Eppure quegli alpini sono gli stessi che
ammazzano in Afganistan, gli stessi che da due anni occupano anche le
nostre periferie.
Siamo in guerra. Il confine tra guerra interna e guerra esterna è divenuto
impalpabile. Si è frantumato nelle galere libiche per gli immigrati
respinti dall’Italia, tra le acque del Mediterraneo, nelle campagne di
Rosarno, nelle periferie delle metropoli, nelle gabbie per senza
documenti, dietro il filo spinato delle tendopoli.
La guerra va fermata, inceppata, boicottata. Quella interna, contro
rifugiati, migranti e poveri, come quella per la Libia. Per fermarla non
basta la testimonianza, non basta l’indignazione, occorre mettersi in
mezzo, praticando una solidarietà concreta con chi incappa nelle reti dei
cacciatori d’uomini. Servono robuste cesoie. Simboliche e reali. Per
spezzare il filo spinato e per rompere il muro d’odio e paura che ci sta
schiacciando.
Serve il boicottaggio attivo di chi lucra sulle guerre, di chi si
arricchisce costruendo, commerciando armi. Lavorare per la guerra è
lavorare per stragi ed assassini.
In Piemonte si vantano le glorie e i primati dell’industria aerospaziale:
sui siti si vedono lucenti aviogetti, meravigliose macchine. Macchine di
morte. Ogni volta che vi mostreranno le immagini della guerra, le case
sventrate, i bimbi uccisi, i feriti, i mutilati pensate che questo è il
lavoro di quelle macchine tanto belle. Le costruiscono a due passi da casa
nostra: fermiamoli. A Novara stanno per costruire uno stabilimento per
nuovi cacciabombardieri, gli F35. Fermiamoli.

Il Primo Maggio costruiamo insieme uno spezzone antimilitarista

Federazione Anarchica Torinese - FAI
Circolo Zabriskie Point Novara
Federazione Anarchica del Monferrato
Laboratorio Anarchico Perlanera – Alessandria
Collettivo Anarchico Studentesco Torinese - CAST