Re:Fwd: Sylvia Stolz, un avvocato in galera per negazionismo ... attentato all'At. 21 della Costituzione?



credo che con il neonazismo che torna prepotentemente alla ribalta in italia ed europa mi pare strano prendere questo avvocato ad esempio delle liberta' negate nel vecchio continente.
in italia ci sono stati diversi casi di suicidio in carcere di giovani che eran stati arrestati per detenzione di modiche quantita' di fumo.
mi paiono casi assai piu' gravi.
per non parlare della pena di morte per chi lavora..

la liberta' di opinione non e' liberta' di osannare il nazismo o il fascismo.
un paese democratico e civile proprio perche' tale deve negare di poter inneggiare a partiti o opinioni che sono la negazione della liberta' e della democrazia e anzi rappresentano la violenza e l'orrore della prevaricazione.
altrimenti ci si ritrova come in italia ove gli stragisti i piduisti tornano in primo piano o diventano senatori a vita continuando a tramare ricattare e nascondere tante morti tante ingiustizie e segreti da loro tramati e prodotti.

la democrazia nasce negando il fascismo e sconfiggendo il nazismo e se vuole continuare ad affermarsi deve continuare a negarli.
mentre in italia lo squadrismo si e' riaffermato e produce violenze con aggressioni verso i deboli e i diversi e anche da parte del governo ce' un fascismo istituzionale che produce incivilta' e repressione come nella lega ma anche nella sinistra che ha scatenato una campagna contro i lavavetri e creo' i cpt...lagher moderni.

in germania da questo punto di vista sono piu' civili e avanzati.oltretutto trovo difficile poter entrare nell'ambito della specifica vicenda senza citare tutto l'iter e i particolari dei fatti..

e chi nega il nazismo e i suoi crimini per quanto mi riguarda
puo' marcire in galera.







> 
> Sylvia Stolz, un avvocato in galera per negazionismo	 	
> giovedì 18 dicembre 2008
> 
> http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=2731&Itemid=80
> 
> di Claudio Moffa
> 
> Sylvia Stolz è ormai in prigione da quasi un anno nel carcere di  
> Heidelberg, Germania, sotto l’accusa di “negazionismo” dei crimini  
> nazisti. Ma differentemente da David Irving – il noto storico inglese  
> che nel 2005 di passaggio per l’Austria venne condannato per lo stesso  
> reato a tre anni e fu liberato “appena” un anno dopo grazie all’abiura  
> delle sue tesi  – e di altri personaggi che si sono voluti cimentare  
> con il rischioso discorso dell’ “Olocausto”, la Stolz non vanta alcun  
> titolo di studiosa, e non è nemmeno una dilettante più o meno  
> ideologizzata di storia della II guerra mondiale.
> 
> Sylvia Stolz infatti è un avvocato, e in questa veste aveva incontrato  
> due altri condannati in Germania per reati di opinione, il tedesco  
> Germar Rudolf e il fiammingo Siegfried Verbeke, prima di decidere di  
> difendere di fronte a un Tribunale tedesco un terzo “negazionista”,  
> Ernest Zundel: una storia incredibile, quella di Zuendel, che inizia  
> in Canada dove l’oggi 67enne scrittore viveva ed aveva vinto una causa  
> in cui era stato accusato di falsificazione storica; prosegue poco  
> dopo con un misterioso incendio della propria casa, da cui la sua fuga  
> di fatto negli Stati Uniti e infine – ecco l’ultimo capitolo –  
> l’estradizione coatta in Germania, dove viene  condannato a cinque  
> anni di galera per quelle stesse tesi già “assolte” dalla corte di  
> Toronto.
> 
> La Stolz ha difeso Zuendel e ha pensato quel che pensa qualsiasi bravo  
> avvocato: che bisogna in qualche modo anche entrare nel merito del  
> reato contestato, dimostrando non la “verità” storica (non dovrebbe  
> essere questo il compito di quale che sia Tribunale) ma la piena  
> legittimità di un dibattito su quale che sia questione storiografica.  
> Così dice anche la Costituzione tedesca. Ma è a questo punto che  
> l’articolo 130 del Codice Penale tedesco – che in combinato con il 226  
> punisce con la prigione da 1 a 5 anni chiunque “neghi” crimini quali  
> quelli definiti dall’ormai abusatissimo Tribunale di Norimberga – ha  
> travolto anche lei: tre anni e mezzo di prigione, e la sospensione per  
> ben 5 anni dalla professione di avvocato. Una morte civile, motivata  
> con espressioni di sapore inquisitorio: la condannata, ha sentenziato  
> il giudice Rolf Glenz, avrebbe usato il processo Zuendel per sostenere  
> lei stessa le tesi negazioniste, tanto è vero che “ha un riflesso  
> istintivo per rilasciare dichiarazioni di estrema destra”
> 
> Comunque la si voglia mettere, il caso Stolz è di una gravità inaudita  
> per i principi di un’Europa che ciancia ogni giorno di libertà e di  
> democrazia da esportare in tutto il mondo. Si può dubitare per eccesso  
> di zelo o per moderatismo convinto di qualche opinione della giovane  
> legale, su Obama – da lei definito un pupazzo – o sulla inutilità  
> della “rappresentanza parlamentare”: ma chi l’ha visitata in carcere  
> come Gerard Menuhin, figlio del famoso violinista Yehudi Menuhin - un  
> ebreo “contro” per parafrasare il titolo di un film di Francesco Rosi  
> - ha riferito di pasti assai poco gradevoli, di letture obbligate di  
> Hegel, e insomma di condizioni di detenzione che sfiorano un possibile  
> sadismo carcerario, una malattia che forse colpisce con più piacere i  
> colpevoli di “negazionismo” che l’assassino della cella accanto.
> 
> Ma, fatta la tara alle dure e comunque ben comprensibili denunce  
> dell’avvocato Stolz, la vergogna per l’Europa delle libertà civili e  
> dei principi garantisti resta: a un primo livello c’è la codificazione  
> del reato di “negazionismo” contenuta nell’art. 130 (che vuol dire  
> “negare”? Quali i confini fra la banalizzazione del crimine storico, e  
> la sua contestualizzazione? Chi decide della verità storica, il  
> giudice?) e quella ancora più magmatica di “genocidio” dell’art. 226,  
> copiata più o meno letteralmente dalla Convenzione sul genocidio del  
> 1948: il fatto è che in una casistica così ampia come quella indicata  
> dalla locuzione per la quale si avrebbe “genocidio” quando c’è il  
> “tentativo di distruggere in tutto o in parte” un gruppo etnico,  
> religioso etc. può rientrare qualsiasi, ma proprio qualsiasi conflitto  
> odierno, anche e soprattutto in considerazione dell’enorme sviluppo  
> tecnologico degli armamenti degli ultimi decenni. Tutto dunque si  
> sposta sul piano massmediatico: è la grande stampa e chi la controlla,  
> prima ancora dei Tribunali, a decidere di volta in volta quel che è e  
> quel che non è “genocidio”. C’è genocidio nel Darfur del Sudan  
> islamico; non c’è genocidio nel Congo orientale occupato dal Ruanda  
> pro-americano. C’è genocidio nella Jugoslavia di Milosevic; non  
> nell’Iraq occupato e bombardato da americani e inglesi. E’ genocidio  
> quello ovvio di Hitler; non è genocidio “al minuto secondo”, di  
> Hiroshima e Nagasaki.
> 
> 
> Su un piano più specifico il caso Stolz presenta i tratti inauditi di  
> un processo e condanna di un avvocato nell’esercizio delle sue  
> funzioni. Nel convegno su “Le opinioni imbavagliate” del 7 luglio  
> scorso, promosso dal Comitato 21 e 33 presso l’Ordine degli Avvocati  
> di Roma, due avvocati, Francesca Romana Fragale e Elisabetta Rampelli  
> dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura hanno evocato e stigmatizzato  
> una strana tendenza presente in alcuni casi giudiziari italiani, ad  
> attribuire al legale lo stesso tipo di reato contestato al proprio  
> assistito. Fragale in particolare sottolineava, con tanto di citazione  
> da un testo di diversi secoli fa, che i processi dei tempi  
> dell’Inquisizione funzionavano proprio così e finivano perciò per  
> impedire una vera difesa dell’incolpato di turno.
> 
> 
> Ecco dunque il terzo livello della questione, il preoccupante scenario  
> che sembra diffondersi sempre più in tutta l’Europa come ricordava un  
> paio di settimane fa Mellini: un Europa laica di fronte alla Chiesa  
> cattolica che chiede di includere nella propria Carta costituzionale  
> il tema delle “radici cristiane” della sua civiltà; e che sicuramente  
> ha un tasso di democrazia elevato rispetto a tante altre realtà del  
> pianeta. Ma che tuttavia, quando si affronta un quale che sia tema  
> legato alla tragedia della II guerra mondiale, fa riemergere i tratti  
> di un dogmatismo e di un’intolleranza inquietanti. C’è invero da  
> rabbrividire a sentire un deputato del PD sostenere, con riferimento  
> al pur criticabile filone negazionista, che "in Italia c'è un  
> problema, che è l'art. 21 della Costituzione che difende la libertà di  
> espressione".
> 
> Sarebbe opportuno considerare con attenzione la gravità della  
> situazione: la possibilità cioè – è uno schema apparentemente  
> impossibile, e tuttavia confermato da una pluralità di episodi  
> repressivi degli ultimi anni – che la democrazia europea sia in  
> qualche modo “a macchia di leopardo”, perché non diffusa a tutto  
> campo, ma segmentarizzata e esistente solo su alcuni scacchieri  
> tematici. Una democrazia cioè che si accompagna a una sorta di   
> “totalitarismo settoriale”, alimentato da forme di misticismo molto  
> pericolose che riguardano la storia recente e meno recente del  
> continente: che non è ben percepito dalla massa solo perchè poco se ne  
> parla, ma che nondimeno è tale, visto che – come nel caso Stolz -  
> sfocia alla fine nella violazione plateale dei più banali e basilari  
> principi dello Stato di Diritto.
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