Torino. Manichini e striscione davanti a 2 commissariati. Calabresi assassino!



Torino. Manichini e striscione davanti a 2 commissariati. Calabresi assassino!

 

Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, a 39 anni esatti dall’assassinio di Pinelli, un manichino insanguinato con sopra il cartello “Pinelli ucciso” è stato gettato davanti al portone del commissariato di polizia del quartiere Barriera di Milano a Torino.

Nella stessa notte al cavalcavia tra corso Potenza e Corso Grosseto, di fronte al commissariato di polizia del quartiere Madonna di Campagna, è stato fissato uno striscione con la scritta “Calabresi assassino”. Al parapetto è stato anche legato un manichino insanguinato.

 

A quest’indirizzo trovate le foto scattate da un reporter di passaggio:

http://piemonte.indymedia.org/article/3668

 

Due compagni che passeggiavano sul cavalcavia godendosi la pioggia dicembrina sono stati fermati da una volante arrivata sgommando. In poco tempo sono sopraggiunte una mezza dozzina di auto di militari. Quelli del Commissariato si chiedevano “perché proprio da noi?” “ancora con questa storia? Sono passati quarant’anni”. Poi passavano a preoccupazioni più prosaiche del tipo “abbiamo nove marocchini da sistemare” oltre “agli alpini da congedare”. Sono passati 40 anni ma la criminalità del potere è sempre la stessa.

E “gli anarchici la memoria l’hanno lunga” ha gridato uno dei compagni ai poliziotti.

I due sono stati portati in questura. Inutile negare una certa apprensione quando un brigadiere accalorato ha preteso di aprire la finestra dei locali di via Grattoni. Per fortuna erano solo al secondo piano.

I compagni sono stati trattenuti per tre ore. Dopo le perquisizioni di rito, un po’ di domande inutili e lo riempimento di qualche scartafaccio, sono stati rilasciati.

 

Facciamo un passo indietro.

Era il 15 dicembre del 1969. Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ed ex partigiano viene gettato dal quarto piano della questura di Milano. Con lui si trovava, tra gli altri, il commissario Luigi Calabresi. Era allora questore Guida, già direttore del confino di Ventotene in epoca fascista.

Pinelli era stato fermato il 12 dicembre a poche ore dalla strage della banca dell’agricoltura in piazza Fontana, dove una bomba di Stato aveva seminato la morte. 16 morti e numerosissimi feriti. Della strage è accusato un altro anarchico, Pietro Valpreda, che trascorre tre anni in carcere prima che la sua estraneità venga riconosciuta. Erano gli anni della contestazione giovanile e della rivolta operaia, erano gli anni in cui movimenti sociali innervati di tensioni libertarie e rivoluzionarie imponevano grandi trasformazioni. Questi movimenti facevano paura al potere politico ed ai padroni: la Strage di Stato, la prima di una terribile stagione di attentati, inaugurò la strategia della tensione con la quale il potere tentò di imporre la pace sociale.

Non ci riuscirono. La forza dei movimenti sociali, lo straordinario impegno collettivo per affermare la verità su piazza Fontana e sulla morte di Pinelli, la campagna di liberazione di Valpreda, furono patrimonio di tutta la sinistra italiana, che seppe reagire alle provocazioni di un potere che vedeva traballare le sue fondamenta e reagiva scompostamente.

Erano gli anni dei tentati golpe, erano gli anni della polizia che non esitava a sparare nelle piazze, che restarono macchiate del sangue di decine di studenti, lavoratori, attivisti politici.

 

Calabresi, il commissario “finestra” di quella notte, venne ammazzato qualche anno dopo. Dopo quasi quarant’anni gli vengono tributati gli onori dovuti ad un fedele servitore dello Stato delle stragi.

 

Ma c’è chi non dimentica.

 

Federazione Anarchica Torinese - FAI

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