"Temo di fare la fine di Theo van Gogh, mi autocensuro sull'islam"



“Temo di fare la fine di Theo van Gogh, mi autocensuro sull’islam”
L’ A R T I S T A  DISSACRATORE GRAYSON PERRY CONFESSA LA SUA PAURA


I loro nomi sono ignoti ai più: Arne Sørensen,
Poul Erik Poulsen, Rasmus Sand
Høyer, Erik Abild Sørensen, Franz Füchsel,
Peder Bundgaard, Bob Katzenelson,
Annette Carlsen, Lars Refn, Jens Julius
Hansen, Claus Seidel e Kurt Westergaard.
Nel settembre 2005, in qualità di responsabile della cultura del quotidiano danese
Jyllands Posten, Flemming Rose contatta 25 vignettisti per una campagna a favore
della libertà d’espressione. Tredici rifiutano di partecipare, gli altri accettano di firmare
i lavori satirici su Maometto. Nessuno doveva comparire anonimo. Il 30 settembre
i lavori furono pubblicati sul quotidiano più venduto di Danimarca. Da allora, oltre
a Rose, tutti e dodici vignettisti vivono sotto scorta. La capitolazione è arrivata al
punto che alle Nazioni Unite si è svolta una sessione, dal titolo “Cartooning for peace”,
in cui i dodici vignettisti danesi e Rose sono stati “processati” per la loro “mancanza
di responsabilità artistica”. Ha presenziato Kofi Annan e il vignettista del Monde, Jean
Plantu, che vestiva i panni dell’accusatore dei colleghi “islamofobi”. Da allora i dodici
vivono in uno stato di perenne tensione e paura. E il comico danese Frank Hvam poco
dopo disse che nei suoi sketch può forse dileggiare la Bibbia, ma ha paura a prendersela
con il Corano. L’artista inglese Grayson Perry non ha paura di ammettere di avere paura. In
un’intervista concessa al Times di Londra, Perry, che ha fama di dissacratore iconoclasta,
confessa di essersi autocensurato per paura di fare la fine di Theo van Gogh, il regista
olandese assassinato nell’autunno del 2004 dopo aver girato una pellicola sulla
condizione della donna nell’islam. “La ragione per cui non ho mai attaccato l’islamismo
nelle mie opere è che nutro una paura reale di finire con la gola tranciata” ha detto
Perry, autore di quadri irriverenti sulla cristianità. “Sono sempre stato interessato
alla religione, ma l’islamismo è amorfo e anche la più innocua immagine può innescare
una reazione violenta”. Tim Marlow, direttore della White Cube, una delle più note
gallerie di Londra, accoglie così l’incredibile ammissione di Perry. “Pochi altri lo
avrebbero ammesso. Istituzioni, musei e gallerie sono protagoniste della censura”.
In Olanda l’opera teatrale “Aisha” è stata annullata perché ritrae una delle mogli
di Maometto. E’ stato ritirato anche un magazine con in copertina il Corano. Un anno
fa a Berlino la Deutsche Oper cancellò dal programma della stagione lirica invernale
la rappresentazione dell’“Idomeneo” di Mozart, per timore di reazioni incontrollabili
da parte della comunità islamica. La messa in scena del capolavoro avrebbe
comportato “un rischio incalcolabile per la sicurezza” della prestigiosa istituzione. Pochi
giorni dopo in Francia il filosofo Robert Redeker veniva trasformato dal giorno alla
notte in un clandestino dalla caccia all’uomo scatenata dall’islamismo. Il commediografo Omid Djalili ha scelto di correre dei
rischi nello sbeffeggiare il fondamentalismo islamico. La Bbc ha iniziato a trasmettere
il suo cabaret satirico sull’Iran e l’islamismo.
L’iraniano Djalili si presenta così: “The man who puts the fat into fatwa, the fun into fundamentalism and the ham into
Hamas”. L’artista spiega che “dopo l’11 settembre sentivo di dover rispondere ad alcune
domande: perché accadde? Come possiamo fermarlo? Come comprendere la
mentalità fondamentalista?”. L’impossibilità di fare dello humour sull’islam è al centro
della polemica fra lo scrittore Martin Amis e la sinistra che lo accusa di razzismo.
“L’islam radicale non è noto per l’ironia né per il gusto della beffa” ha scritto Amis.
“Non sento più alcun freno”. La celebre Tate Gallery inglese ha ritirato
dalle esposizioni l’opera “God is great” di John Latham. A causa del “clima sensibile
dopo il 7 luglio”. L’opera di Latham mostrava la Bibbia, il Corano e il Talmud
tranciati da una lastra di vetro. Il quotidiano di sinistra The Independent ha titolato:
“La tirannia inizia con l’autocensura”. E il critico d’arte Richard Cork accusa l’establishment
di aver svenduto la libertà d’espressione: “Quando si inizia a pensare così, il cielo è il solo limite”.
Giulio Meotti