libere nella vita libere nella politica





Care compagne nella riunione del coordinamento nazionale del Forum delle
donne (19 febbraio 2006) come sempre aperto alla partecipazione di quante
sono interessate, abbiamo affrontato come punto all'ordine del giorno la
campagna elettorale.
E' stata discussa una carta di intenti che nelle nostre intenzioni vuole
essere un testo aperto alla riflessione, ai contributi e allo scambio con
altre, per accompagnare il percoroso politico nella prossima fase di quante
di noi sono impegnate nelle istituzioni, nei movimenti, nel conflitto
sociale e in tutti i luoghi della politica.
Mettiamo in rete la carta con le prime firme di chi l'ha promossa e vi ha
aderito, invitando tutte quelle che ne condividono i contenuti a
sottoscriverla.


Libere nella vita, libere nella politica e l' Italia cambia davvero

 Cambiare davvero l'Italia si può.

 Vogliamo farlo a partire da quello che  è  già cambiato in noi stesse e
nei rapporti privati e pubblici, tra donne e tra uomini e donne.

Cambiare davvero per noi significa innanzitutto incidere in profondità
sulla  miscela di liberismo ed integralismo autoritario che è il segno
dominante della cultura e della politica del centrodestra.

Liberismo  economico a vantaggio  dei ceti più forti, più ricchi,
privilegiati,  favorendo rendite,  speculazioni, affarismo ed illegalità;
liberismo  sociale  favorendo il privato e demolendo il pubblico nei
servizi, nella scuola ed università, nella sanità.

Integralismo  autoritario nel contrapporre  valori assoluti alle
differenti scelte di vita libere e responsabili; nella pretesa arrogante di
proibire, punire, discriminare in nome di un unico modello di famiglia, di
sessualità, di relazioni affettive, di convivenza sociale; nell'innalzare
frontiere contro le differenze, alimentando il conflitto di identità.

 Al vertice di questo intreccio c'è la guerra, dove la logica dei rapporti
di forza si coniuga a quella degli affari e l'una e l'altra si ammantano
dell'ideologia  dei valori di democrazia,   diritti umani e civiltà
occidentale da esportare nel mondo.

Gli effetti devastanti nella società sono allarmanti: si sono aggravate e
diffuse le condizioni di  disuguaglianza,  precarietà, iniquità; e vi è una
diffusa  sfiducia, perfino un  risentimento  nei confronti delle
istituzioni .

Ma  vi è anche attiva e radicata la volontà di cambiamento. Si è espressa
in movimenti e conflitti visibili, e sopratutto  nelle scelte di tanti e
tante che hanno dato corpo  ad un altro modo di essere e fare società.

 Le donne ne sono protagoniste, e vi imprimono,  sempre più spesso ed in
modi diversi, il segno del loro autonomo e differente punto di vista. Le
recenti manifestazioni  di Milano, Napoli, Roma,   le   assemblee
autoconvocate in tante città rappresentano un punto di incontro di questa
molteplicità di percorsi politici e di esperienze di vita.

Una vittoria dell'Unione il 9 e 10  aprile  sarà  importante  per
determinare  un' inversione di tendenza  nella politica istituzionale e di
governo.  Ma è  ai soggetti, alle loro pratiche, alle loro culture che noi
affidiamo la speranza e la possibilità che l'Italia cambi davvero.  Oggi
come candidate, domani se elette,  vogliamo assumerci la responsabilità di
costruire con le donne i contenuti e i modi della politica. Nel rispetto e
nella valorizzazione delle differenze, in primo luogo tra noi.

La parola femminile non c'è nel programma dell'Unione. Non ci riferiamo a
contenuti o interessi  femminili, "specifici " .  In assenza di parola
femminile, tutto il programma, a cominciare dalle sue priorità (pace,
lavoro, democrazia, cittadinanza, giustizia ) rischia di occultare  la
differenza tra i sessi e il modo in cui essa attraversa e segna  ogni
aspetto della vita, dunque ogni questione e scelta della politica. E' un
programma frutto di un confronto e  accordo tra gruppi dirigenti politici,
a forte prevalenza maschile. Da questo punto di vista è  perfino un buon
programma.

Ma c'è per noi oggi tutta intera la sfida di colmare quell'assenza, per
indurre gli uomini a mettere in gioco la propria differenza.

A partire da alcune priorità.

Il ripudio della guerra

L'esplicito richiamo nel programma all'art.11 della Costituzione  è un
impegno a costruire soluzioni politiche ai conflitti, alternative alla
guerra. Un impegno che non può fermarsi al rifiuto della guerra preventiva,
né considerarsi compiuto con il ritiro  unilaterale  delle truppe
dall'Iraq. Chiede un coinvolgimento attivo nelle aree di conflitto e di
guerra,  in primo luogo in Medio Oriente, in rapporto con le popolazioni.
La prospettiva di operare per la pace preventiva indicata nel programma
dell'Unione non è realistica se  la politica è ridotta a rapporti di forza,
a lotta per il potere  e per l' appropriazione delle risorse, a dominio  e
controllo sulle  vite. E se non si  va alla radice della violenza,
affrontando i nessi che legano  nella storia e nell'immaginario la
sessualità all'esercizio della forza, la reificazione  del  corpo femminile
alla violenza nella vita quotidiana, la negazione della differenza sessuale
alla lotta virile tra amico e  nemico nella politica.

Costituzione e democrazia

Come è scritto nel programma " non proponiamo una grande riforma
costituzionale semplicemente perché non ve ne è alcun bisogno". Il disegno
di revisione del centrodestra non  è solo estraneo  al costituzionalismo,
E'  la vera carta di identità  del centrodestra, perché riproduce  il  suo
sistema materiale di governo  e la sua concezione della politica. In questa
campagna elettorale se ne parla troppo poco, rinviandone al referendum la
cancellazione. Ma non basterà il ripristino del testo costituzionale per
contrastare  l'emergenza democratica prodotta da una pratica  di governo,
fondata sulla concentrazione del potere, sul  dispotismo di maggioranza e
sul populismo. Vi è  bisogno di attuare la Costituzione, ricostruendo la
sfera pubblica, oggi annullata  dalla scena mediatica, riqualificando la
rappresentanza,  rimuovendo gli ostacoli alla partecipazione attiva alla
politica.

Libertà di decidere del proprio corpo

La netta prevalenza di astensioni al referendum non  può essere
interpretata come   un giudizio  favorevole sulla legge. Lascia del tutto
impregiudicata la volontà del Parlamento.    Se davvero non si vuole un
voto   sulla Vita,  questa legge deve essere abrogata. 

Il paradosso di  questa legge  è  il fatto che   assume in pieno  il
nocciolo essenziale del discorso scientifico-tecnologico ammantato di
fondamentalismo cattolico. E' in nome di una presunta verità biologica che
vengono affermati i diritti del concepito: alla vita, all'identità
genetica, ai genitori biologici. Ed è su  questo che si è  avuta  la
convergenza sulla tutela della Vita fin dal suo inizio con la conseguenza
inevitabile di negare  la libertà e responsabilità femminile. Ma non può
che essere la donna a decidere se  accettare o no un concepimento come
inizio, non solo biologico,  di un essere umano. Riconoscerlo vuol dire
porre un limite preciso all'intervento sulla legge  per l'aborto, come sui
consultori e sulla procreazione assistita.

Cittadinanza universale sociale sessuata

Perché il dibattito sull'immigrazione assuma un significato non neutro
occorre che si dia spazio alla parola delle donne, alle loro pratiche, alla
loro capacità di attraversare confini e frontiere dentro e fuori l'Europa:
la cittadinanza di residenza, che noi siamo impegnate a costruire anche nei
social forum europei, non può non tener conto che i generi sono due e che
l'universalismo dei diritti va coniugato con la differenza sessuale e la
molteplicità delle differenze. Per questo è importante che il diritto di
asilo comprenda le violazioni della libertà femminile.

In questo contesto si possono superare le ideologie identitarie in cui
soprattutto le donne hanno rischiato di trasmettere attraverso le comunità
familistiche i valori dell'etnicismo patriarcale. 

Una scuola pubblica laica che valorizzi le differenze

La scuola pubblica, laica, in cui convivono e si confrontano
quotidianamente ragazze e ragazzi di culture e religioni differenti, è
condizione imprescindibile per una cittadinanza critica e consapevole

Libertà di convivere

 I Pacs, o in quale altro modo si voglia definire il riconoscimento di
relazioni amorose, sessuali, di convivenza, eterosessuali o omosessuali non
inventano la pluralità delle unioni, danno risposta a problemi concreti: la
reversibilità della pensione, l'assistenza in caso di malattia, il diritto
alla successione e a non perdere la casa, la tutela in caso di separazione.

I diritti delle persone non  risolvono molti di questi problemi e non
rispondono all'esigenza di dare la stessa dignità pubblica alle diverse
forme di convivenza. Non si vede quale danno questo possa fare.

Siamo convinte che il bisogno di condivisione pubblica delle  relazioni
non  possa ridursi al riconoscimento giuridico. E che la libertà di
convivere, di  sperimentare nuove relazioni, nuovi legami affettivi non
possa avere la famiglia come unico modello di riferimento. Ma non vediamo
quale danno possa fare alla famiglia estenderne i diritti e le garanzie .

Libertà nel lavoro

Sul lavoro il programma dell' Unione  ha un indirizzo di riforma. Tanto più
pesa l'assenza di una  lettura sessuata, attenta ai grandi mutamenti che le
donne hanno portato in tutti i lavori.  Così come mancano i nessi con la
riproduzione, a partire dal lavoro di cura, e  di conseguenza con  la
presenza delle immigrate.

Per le donne giovani  precarietà significa molto spesso impossibilità di
scegliere se divenire madri.  Ed il sussidio  economico  spesso non è  una
soluzione  alla difficoltà di  combinare aspirazioni e progetti di vita.

Ma la questione più  importante e difficile è quale lavoro per chi e  per
quale vita? Dietro la frammentazione dei tipi di contratti,  dei tempi e
delle attività vi sono infatti complesse strategie di vita che non si
lasciano ridurre ad una misura comune.

Il nostro intento è quello di aprire un dibattito che affronti il tema del
rapporto tra nuove condizioni di lavoro e diritto a nuove forme di reddito.

Con la presenza delle donne è la politica a guadagnarci.

In questi ultimi mesi si è avuta  una grottesca rappresentazione di
misoginia maschile nei tentativi, falliti, di inserire nella nuova legge
elettorale le cosiddette "quote rosa".

Sulle quote le valutazioni  possono essere le più diverse: c'è chi le
ritiene indispensabili,  chi le giustifica, anche se non convincono, perché
un Parlamento, così sfacciatamente monosessuale   risulta insopportabile,
chi le ritiene  inefficaci, perché diventano un mezzo di cooptazione  da
parte degli uomini, chi le rifiuta perché confermerebbero  l'immagine di un
sesso debole e secondo.

A prescindere dal giudizio sulle quote noi riteniamo che sia simbolicamente
rilevante l' ambizione femminile di agire anche nella politica
istituzionale la propria autonomia,  più dell'affermazione giuridica del
"politicamente corretto" .  

La decisione di Rifondazione comunista di eleggere il 40% di donne,
collocando le candidate in posizione strategica nelle liste è un segno di
riconoscimento dell'autorevolezza delle donne, ma soprattutto è  il
risultato di una concreta pratica politica dentro e fuori il partito.

Prime firmatarie

Imma Barbarossa (Forum delle donne)

Maria Luisa Boccia (candidata al senato - Lombardia)

Giovanna Capelli (candidata al senato - Lombardia)

Rita Corneli (Forum delle donne)

Elettra Deiana (candidata alla camera - Lazio 2)

Cinzia Dell'Aera (candidata alla camera - Sicilia 2)

Titti De Simone (candidata alla camera - Emilia Romagna)

Daniela Dioguardi (candidata alla camera - Sicilia 1)

Erminia Emprin (candidata al senato - Marche)

Mercedes Frias (candidata alla camera - Toscana)

Lidia Menapace (candidata al senartao - Abruzzo e Friuli V/G)

Linda Santilli (Forum delle donne)

Titti Valpiana (candidata al senato -Veneto)