informazioni



Care compagne, care amiche
qualche rapida informazione sul congresso della Sinistra Europea (Atene, 28
ottobre 2005) e sul cantiere delle Riviste (Bari, 6 novembre 2005)
I      Ad Atene si è tenuta l'assemblea delle donne promossa da EL_fem e
integralmente finanziata (soggiorni e traduzione in sei lingue) dal Partito
della Sinistra Europea e dalla Gue. Come avrete notato se siete iscritte
alla lista, avevo polemizzato con la posizione dell'Esecutivo esplicitata
nel dettare l'agenda (e gli argomenti) in maniera del tutto burocratica
all'assemblea, nel cassare la sessione riguardante "Patriarcato e
sinistra", nel definire le speakers  a seconda delle appartenenze ai vari
partiti nazionali "assegnando" parola ai "partiti" sia pure sub specie
femminile.
Vi ricordo che l'Esecutivo è composto per metà di donne, tra cui almeno due
interne a EL_fem. Del tutto impropria, inoltre da parte delle compagne del
Synaspismos ospitanti mi era parso l'immediato cambio di programma in base
ai suggerimenti dell'Esecutivo.
L'assemblea si è svolta, con questo background, in maniera formale e con
molto fair play sulle questioni "sociali" (patriarcato e neoliberismo), in
cui soltanto l'intervento di Kati Ferro (Partito Comunista Austriaco) ha
impostato la questione della precarietà con accenti abbastanza vicini al
nostro campeggio di Palermo. Così è stato presentato il Manifesto per
un'altra Europa, che era già andato in rete, abbastanza condivisibile anche
se piuttosto appiattito sulla "egalité" e "parité" entre femmes et hommes.
È stato invece il Manifesto femminista da me presentato (e che conoscete)
che ha suscitato una vivace discussione, con osservazioni non molto
comprensibili ma soprattutto sulla proposta di un soggetto femminista
autonomo dentro e fuori il partito.
Siamo intervenute tutte noi del Forum, ognuna con la sua soggettività ma
con un forte senso di appartenenza a un percorso (così mi è parso, e ne
sono contenta).
Per il resto, rimando al bell'articolo di Giovanna Capelli che vi allego
(Liberazione del 4 novembre).
Lidia Menapace era in splendida forma; Fausto Bertinotti ha portato
all'assemblea delle donne un saluto non formale che abbiamo molto
apprezzato nel merito.
Nel congresso sono intervenute Lidia Menapace e Giovanna Capelli.
Io ed Elettra siamo fuggite sabato pomeriggio a rivedere Micene (Porta dei
Leoni, Cassandra, do you rembember?). La sera prima dell'assemblea un
gruppo di "italiani di sinistra" (essenzialmente donne) che risiedono ad
Atene ci avevano invitate a un incontro sulla nonviolenza sulla base del
nostro libretto di Otranto.

II    Bari - Il Cantiere. Era previsto un gruppo su "democrazia di genere -
uguaglianza e differenza", da me introdotto. Ovviamente è stato poco
partecipato in quanto ritenuto una questione di donne (dieci persone me
compresa, con tre soli uomini, Stefano Ciccone, Pasquale Voza e un
"cattolico di base").
Un compagno ci ha proposto di "aggregarci" al gruppo sull'ambiente,
ovviamente abbiamo rifiutato. Abbiamo svolto una bella discussione,
decidendo di non fare documenti, perché non si trattava di una questione
tematica e di agire il conflitto in assemblea plenaria.
Verso la fine si è affacciato un signore, forse dell'organizzazione, che ci
ha esortato a fare proposte di modifica della legge elettorale per
garantire il 30% alle donne nelle liste. Abbiamo rifiutato con sdegno.
In un'assemblea plenaria stanca e a ranghi ridotti ci siamo trovate davanti
a una tavolata monosessuata di uomini che affiancando Gigi Sullo riferivano
del lavoro dei gruppi.
Il nostro gruppo si è presentato con due speakers, Eleonora Forenza e
Stefano Ciccone che hanno spiegato in maniera egregia il senso del nesso
uguaglianza/differenza e l'opinione che senza affrontare radicalmente il
nesso uomo-donna, personale-politico la politica rischia di diventare uno
schema astratto e/o una piattaforma programmatica.
Devo dire che la performance di Stefano ed Eleonora (io facevo da supporter
tra il pubblico) è stata molto applaudita: Sullo è stato "indotto" ad
ascoltare e a invitare i due a mandare a Carta gli interventi scritti. Alla
fine una compagna di Bari ha proposto che la riflessione del nostro gruppo
fosse messa come preambolo a tutti gli altri. Credete che si farà? Io no.
Comunque, davvero non se ne può più di un cantiere nato per la riforma
della politica e che pensa di risolvere tutto attraverso la mistica di una
"partecipazione" sostanzialmente programmatica. Che ne dite?
Un abbraccio
Imma Barbarossa






Sinistra Europea, l'impegno "pesante" di un partito femminista
Atene, grande assemblea di donne al congresso


Giovanna Capelli
Il grande interesse e la passione per il proprio genere hanno permesso a
donne provenienti da ogni parte d'Europa appartenenti a Partiti, a
sindacati, ad associazioni e a movimenti femministi di incontrarsi ad Atene
venerdì 28 ottobre 2005 in una grande assemblea per mettere a punto
paradigmi analitici, confrontare provenienze e storie diverse, concordare
punti comuni e progetti condivisi di iniziativa politica.
Il collante soggettivo, il di più di ascolto e di attenzione reciproca che
ha reso emotivamente teso, difficile, ma anche produttivo questo
appuntamento scaturiva dalla spinosità del nodo da affrontare: da un lato
la convinzione di tutte che lo spazio pubblico che il Partito della
Sinistra europea si dà il compito di costruire e di animare con l'obiettivo
di contrastare la guerra e il neo liberismo non può essere efficace e
capace di trasformare l'esistente se la caratterizzazione femminista non è
realmente costitutiva della sua cultura e della sua pratica politica,
dall'altro la consapevolezza che il femminismo non è solo una cultura
critica, ma pretende e interroga la soggettività, la presa di parola delle
donne, la costruzione dei luoghi della loro autonomia, delle modalità con
cui questa autonomia diventa forza politica.
E qui stava il primo possibile inciampo: fare interloquire le storie di
tutte noi, 60 anni e più di storia europea segnata dalla rivoluzione più
lunga, di biografie che incrociano la lotta di classe e il conflitto di
genere, fare interagire femminismi diversi, idee diverse di Partito,
differenti pratiche di movimenti di donne, non tutte attraversati dalla
critica esplicita all'emancipazionismo. Sono state evocate esperienze di
movimento apparentemente lontanissime come le lotte delle donne inglesi
contro i missili negli anni 80, l'esperienza delle "Donne in nero", la
pratica del Collettivo "nì putes nì soumises" delle periferie di Parigi, i
movimenti contro la violenza contro le donne e per l'autodeterminazione,
per la signoria sul proprio corpo nella specificità dei contesti nazionali,
la soggettività femminista che è apparsa nella presenza a volte prevalente
di donne nel movimento altermondialista e che connota le mobilitazioni
contro la precarietà, e ora in Italia anche il movimento contro la Moratti
nelle università (le farfalle rosse!).
Per mettere ordine a questa ricchezza della memoria e dei saperi acquisiti
sono stati proposti a tutte dei paradigmi interpretativi e delle linee di
azione su cui insieme costruire un nuovo femminismo politico. Maite Mola
del Partito Comunista Spagnolo e Laurence Cohen del Partito Comunista
Francese muovendo da una analisi della condizione delle donne in Europa
propongono connessioni transnazionali su lavoro Welfare, migranti e
delineano un programma di azione comune valorizzando la possibilità di una
campagna europea contro la violenza domestica. A partire dal dibattito
intorno alla legge spagnola, si sottolinea il dato che la prima causa di
morte delle donne fra i 14 e i 44 anni in Europa è la violenza in casa, che
precede la morte per cancro, incidenti stradali e guerra e si pongono le
premesse culturali per contrastare il familismo delle politiche dei governi.
Christine Reymann (Links PDS Germania) analizza il nesso fra neo-liberismo
e patriarcato, il carattere pervasivo delle forme patriarcali nella sfera
pubblica e privata, l'essere le donne al Sud e al Nord del mondo i soggetti
maggiormente aggrediti dagli effetti della guerra, della miseria, della
fame, dell'inquinamento, delle politiche di privatizzazione dei servizi e
di precarizzazione del lavoro. Combattere il patriarcato nella sua forma
moderna di violenta negazione della libertà femminile come predicano i
diversi fondamentalismi significa anche indagare la totale insufficienza e
totale improduttività politica della rappresentazione della donna come
semplice vittima. Elettra Deiana nell'illustrare il contesto della guerra
permanente, il rapporto fra patriarcato e guerra, decostruisce la idea
della naturale estraneità delle donne alla guerra e indaga sulla loro
complicità con il potere e sulla sua origine, che risiede nella forza del
legame d'amore. Si fa strada così la necessità di indagare ancora la
contraddizione di genere. Lidia Menapace ritiene di buon auspicio che
l'incontro si tenga ad Atene, dove realmente affondano le radici europee
contro l'opinione di chi le vorrebbe per definizione cristiane: dalla
Grecia ci viene il "logos", la "polis", la loro chiarezza e luminosità, ma
anche la loro convivenza con l'oscurità ambivalente di Dioniso. La capacità
di attraversamento continuo di ragione e passione, di pubblico e privato
costituisce nella storia la pratica delle donne, antieroica, antiretorica.
Se non si recupera nella politica questa dimensione profonda, nessuna forma
di cittadinanza sarà veramente inclusiva e universale.
Il Manifesto presentato da Imma Barbarossa suscita interesse e dibattito
acceso, soprattutto rispetto al ruolo della rete europea El. fem, che in
pratica ha costituito di fatto il punto di riferimento, il retroterra
ispiratore dei temi della Assemblea delle donne.
Appartiene all'area della sperimentazione il fatto che ad essa partecipino
compagne e amiche non iscritte ai Partiti nazionali e si sollecitano
modalità di relazione con l'esecutivo della SE, rispettose delle reciproche
autonomie.
Del resto questa innovazione rispetto alle adesioni dirette è approvata
formalmente al Congresso anche in altri ambiti.
Rimane la proposta di El. fem sui contenuti da approfondire nel futuro, in
particolare sul rapporto fra patriarcato e sinistra. Le tesi del congresso
insistono sul concetto di partito femminista e di patriarcato, assumono
insomma impegni pesanti. Essere partito femminista è una scelta asimmetrica
rispetto alla collocazione anticapitalista ed ecologista, apparentemente
portatrice di scompiglio. L'avversario politico è fuori di noi nella lotta
contro il neoliberismo e la guerra, nel patriarcato è contemporaneamente e
in modalità diverse fuori di noi, nella società e nel Partito. Essere un
Partito femminista chiama gli uomini nel Partito ad una assunzione di
responsabilità, al riconoscimento di limiti storici, ad un percorso
politico nuovo, faticoso e, come ha detto Bertinotti nel saluto
all'Assemblea, forse "doloroso", chiama le donne femministe a una strategia
di ascolto, di rispetto reciproco, di costruzione paziente di relazione e
di progetti. El. fem può essere il luogo dell'incontro, della caduta delle
barriere che la storia del Novecento ci ha consegnato che hanno diviso il
movimento operaio e il femminismo, e ha lacerato le vite delle comuniste
femministe. Azzerare questo pezzo di infelicità gioverebbe a tutte noi.