Iran, lo show delle «martiri»



terribile .....
 
 
Iran, lo show delle «martiri»
A Tehran 400 giovani donne si arruolano per azioni suicide
nei «paesi islamici occupati», benedette dalla «fatwa» di un
oltranzista del regime e riprese da tv occidentali
MARINA FORTI
L'ultimo raduno pubblico della «Campagna mondiale per la
commemorazione dei martiri dell'islam» ha fatto notizia, mercoledì
sera in una grande sala nel centro di Tehran. Durante la serata 400
volontari, soprattutto donne, hanno firmato per arruolarsi come
potenziali shaheed, martiri, e sacrificare la propria vita «nei
paesi islamici sotto occupazione». Ma non è questa, in sé, la
notizia: da oltre un anno assemblee simili si tengono qua e là in
Iran, e il comitato promotore afferma di aver raccolto ormai 35mila
volontari «martiri». La novità è che il raduno di mercoledì è stato
filmato da una tv occidentale - la Bbc, con un servizio della sua
corrispondente - e riferito da un'agenzia, pure britannica (la
Reuter). Hano descritto un pubblico di giovani donne avvolte nel
chador nero di stretta osservanza e ragazzi con barba e bandane
rosse sulla fronte. Dalle pareti, scure, li guardavano le
gigantografie delle martiri palestinesi - visi giovanissimi
incorniciati da foulard. Durante la serata sono stati mostrati video
di attacchi israeliani nei territori palestinesi occupati, e un
rappresentante di Hamas ha elogiato le «martiri».

Altra novità: mentre le volontarie si accalcavano a firmare, dagli
altoparlanti veniva letto il testo della fatwa (editto) emessa da un
teologo, il grand ayatollah Hossein Nouri-Hamedani, esponente
oltranzista del regime. E' la prima volta (a nostra conoscenza) che
la campagna di arruolamento è sanzionata da una fatwa: dice
che «operazioni di martirio» sono ammissibili nei «paesi islamici
occupati» come arma contro eserciti occupanti, dalla forza
schiacciante; «ogni operazione per il martirio è una jihad (guerra
santa) per Dio».

La retorica del martirio è vecchia cosa nel regime islamico, e anche
la retorica anti-Israele. Perché proprio ora un simile show per i
media occidentali, viene da chiedersi. Durante la serata si parlava
di Palestina, ma non sfugge che l'altro paese musulmano sotto
occupazione oggi è l'Iraq, proprio ai confini iraniani. Esponenti
del governo provvisorio iracheno accusano spesso Tehran
di «ingerenza» e di manovrare per destabilizzare l'Iraq - anche se
nei fatti l'Iran ha tenuto un profilo amichevole sia con il
vecchio «consiglio di governo provvisorio» delle autorità
d'occupazione (aveva anche spinto le forze sciite su cui ha
influenza a farne parte), sia con l'attuale governo provvisorio. Un
recente rapporto del International Crisis Group nota che non ci sono
prove reali di un tentativo iraniano di destabilizzare l'Iraq -
anche se è ovvio che Tehran voglia fare i suoi interessi (tra cui
non destabilizzare, ma certo incoraggiare un governo «amico»
dominato da forze sciite, e forse mantenere una certa pressione
sugli occupanti): «E' chiaro che finora [l'Iran] ha usato la sua
influenza con moderazione, e che se volesse potrebbe fare molto di
più» (Iran in Iraq: how much influence?, Crisis Group, 21 marzo
2005). Che l'arruolamento di «martiri» sia un messaggio di quel che
l'Iran potrebbe fare?

Al raduno di mercoledì sera a Tehran erano presenti un consigliere
del presidente Mohammad Khatami per gli affari femminili e un
rappresentante della Guida Suprema: la «campagna per i martiri» sarà
pure indipendente, ma ha qualche riconoscimento ufficiale. Neppure
questo è nuovo: la prima «spontanea» raccolta di shaheed è avvenuta
poco più di un anno fa durante una preghiera del venerdì nella città
di Bushehr (sito della prima centrale elettronucleare iraniana), ci
ha detto qualche mese fa l'ayatollah Hossein Shariat Madari,
direttore del gruppo editoriale Keyhan (che sta all'establishment
della Repubblica islamica come la Pravda stava al Pcus dei tempi
sovietici): lui stesso ha arringato i giovani volontari in occasioni
simili. Lo stesso Shariat Madari ci ha detto però che l'arruolamento
è solo «un gesto simbolico», e così giurano gli esponenti
conservatori più «pragmatici».

Il governo riformista ha sempre condannato l'arruolamento
dei «martiri», operazione di propaganda che contrasta con la
politica estera ufficiale di Tehran. La solita ambiguità: diversi
centri di potere fanno diverse politiche. E poi in Iran si prepara
alle elezioni presidenziali, e c'è da aspettarsi altra propaganda.