il governo privatizza l'acqua



NEL SILENZIO GENERALE IL GOVERNO PRIVATIZZA L'ACQUA



"Ferma restando la proprietà pubblica delle reti (idriche ndr), la loro
gestione può essere affidata a soggetti privati". È il 6 agosto 2008, il
governo Berlusconi, approvando la legge di conversione n°133 "recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria", sancisce di fatto la privatizzazione dell'acqua pubblica. O
meglio ancora, introduce la possibilità per gli enti privati, che ne
assumeranno l'incarico, di gestire e controllare beni primari di servizio
pubblico. L'acqua su tutte. Cambiano le parole, si nascondono i
significati, ma la sostanza non cambia: l'acqua in Italia è stata
privatizzata. Da diritto acquisito diventa merce, prodotto commerciale
soggetto alle regole del mercato. Lo stesso sistema che solo nell'ultimo
anno si è dimostrato pronto a implodere su sé stesso, con fallimenti a
catena di banche e assicurazioni.Il decreto legge n°133, voluto fortemente
dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, parla chiaro: si interviene "al
fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di
libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli
operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse
generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli
utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al
livello essenziale delle prestazioni". Eppure, dopo un rapido sguardo alle
esperienze cosiddette "pilota" in Italia, sorgono non pochi dubbi proprio
sulle garanzie di accesso al servizio.In città come Arezzo, comune che ha
sposato il progetto di privatizzazione dell'acqua già da diversi anni, si è
assistito a un processo rapido e febbrile di innalzamento vertiginoso dei
costi delle tariffe (+ 300%).  Personalmente ritengo che l'art. 23 bis del
ddl 133 è andato ben oltre le competenze statali. L'idea di
razionalizzazione del servizio che la norma propone non è materia che
compete alla legislazione nazionale. Dobbiamo chiederci se sia opportuno,
in un momento di crisi come questa, affidare a società per azioni i servizi
pubblici locali. Che potrebbe succedere se il gestore dell'acqua fallisse?.
Inoltre, l'art 23 bis è in evidente violazione delle norme dell'Unione
Europea e dei principi costituzionali. Tra l'altro il trattato di Lisbona
stabilisce che per i servizi di interesse generale debbano prevalere i
principi di coesione sociale e non gli interessi economici e di profitto.

Il consiglio regionale nella seduta del 20 settembre 2006 approvò in merito
alla modifica della legge sull'istituzione dell'azienda speciale "Molise
Acque" un emendamento proposto dal sottoscritto all'art.1 della legge
regionale n. 28/06 che recita testualmente: " L'acqua è una risorsa
primaria essenziale alla vita. La disponibilità e l'accesso universale
all'acqua sono obiettivi da perseguire in quanto garanzia di un diritto
inalienabile. La conservazione della risorsa acqua va perseguita anche a
beneficio delle generazioni future, che hanno diritto ad un ecosistema
equilibrato. In funzione del preminente interesse generale per un servizio
pubblico essenziale, con situazioni di monopolio naturale (art. 43 della
Costituzione), la Regione Molise si prefigge la gestione interamente
pubblica del servizio idrico integrato e la promozione della partecipazione
popolare alla stessa."

E' importante, quindi, che la Giunta Regionale ed il Consiglio Regionale
del Molise, se intendono rispettare ed attuare i principi sanciti dalle
legge regionale 28/06, che presentino urgentemente ricorso di
incostituzionalità e di violazione dei principi comunitari alla legge
133/08.

Nella primavera del 2007 più di quattrocentocinquantamila mila (7.000 in
Molise) firme furono raccolte a sostegno della legge d'iniziativa popolare
che vede come primo punto il riconoscimento dell'acqua come "diritto
inalienabile ed inviolabile della persona". Ma la sensazione forte è che la
straordinaria raccolta firme sia già stata oscurata. Con un semplice colpo
di spugna. Seguendo il manuale del "buon governo" che approva leggi
impopolari e antidemocratiche proprio quando imperversa l'afa estiva e
l'attenzione della stampa è rivolta altrove. Opporsi istituzionalmente e
socialmente al dispositivo della legge 133 è un dovere morale e civile di
tutti coloro che hanno a cuore le sorti di un bene comune come l'acqua.



Italo Di Sabato - Forum Italiano per l'Acqua pubblica ed ex consigliere
regionale del Molise


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