Rassegna stampa: I pastori sardi attuano uno sciopero della fame per sottolineare la fine del loro mondo.



vi giriamo la traduzione dell'articolo che è uscito l'altro giorno sull'
Indipendent di Londra sulla mobilitazione in corso in Sardegna. Grazie a
Rino Sanna, Roberto Spigarolo, Francesca Febbraro e Kriss del Genzano SF per
le loro traduzioni. Altragricoltura Sardegna /foro Contadino ne ha fatto un
mix che giriamo sulla lista. L'articolo originale lo trovate a questo link
http://news.independent.co.uk/europe/article3052376.ece.
Vi ricordiamo, fra l'altro, il servizio di 13 minuti andato in onda sulla
RAI che potete vedere a questo link.
http://www.raiclicktv.it/raiclickpc/secure/stream.srv?id=19447&idCnt=64390&p
agina=1&path=RaiClickWeb

a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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fonte "Altragricoltura Sardegna/Foro Contadino" - 15/10/07

I pastori sardi attuano uno sciopero della fame per sottolineare la fine del
loro mondo.
(di Peter Popham)  Pubblicato: 12 ottobre 2007

Silvano Pistis avrà a breve molto da fare. Fra poche settimane inizia la
stagione dell'agnellatura sull'isola di Sant'Antioco, a largo della Costa
sud-occidentale della Sardegna. E' il periodo più duro per il sig. Pistis, i
suoi due fratelli e la famiglia tutta perché bisogna svezzare e ingrassare
gli agnelli per Natale. Il lavoro della terra ce l'hanno nel sangue e non c'
è nulla di più tradizionale in Sardegna dell'allevamento delle pecore - ma
per la famiglia Pistis in questi giorni sembra tutto inutile.
"Non ce la facciamo ad andare avanti," dice il sig. Pistis desolato. "Le
grandi aziende che comprano il latte delle nostre pecore per il formaggio lo
pagano 70 cent al litro - sono 30 anni che il prezzo non sale. Ma tutto il
resto è centuplicato. Avevamo dei sussidi dall'Unione europea - 4.000 o
5.000 Euro l'anno - ma l'anno scorso sono stati soppressi. Non possiamo più
andare avanti. Non facciamo una lira. Se continua così non avremo più un
lavoro, la terra e finiremo per strada."
Oggi mr Pistis, un uomo di 27 anni con il mento sporgente ed un'espressione
seria sul suo viso arrossato, e' a Roma. La scorsa settimana insieme ad
altri pastori e pescatori sardi hanno attuato uno sciopero della fame negli
uffici comunali di un paese della Sardegna meridionale per attirare l'
attenzione della Regione e del Governo sulla loro situazione.
Ora hanno portato la loro lotta nella capitale perché le fosche previsioni
del sig. Pistis si stanno per avverare. Lui e la sua famiglia potrebbero
perdere tutto ciò che possiedono - pecore, terra, ovili, foraggio, le
stalle, tutto. Andrà tutto all'asta per ripianare almeno parte dei 120.000
Euro  (£83,900) che debbono alle banche.
Tutto ebbe inizio quando nel 1988 il governo regionale della Sardegna
propose loro un bell'affare, come quelli che si offrivano allora ai
contadini europei nel periodo delle vacche grasse della Politica Agricola
Comunitaria - grandi prestiti ad un interesse fisso molto basso per
modernizzare le aziende agricole. Quattro anni dopo, l'affare si sgonfiò
platealmente quando l'UE lo dichiarò illegale sostenendo che i bassi tassi
di interesse andavano contro le regole della corretta competizione.
Ma a quel punto i prestiti erano già stati spesi e quando le banche alzarono
i tassi di interesse, i contadini cominciarono lentamente ad affondare nei
debiti. Oggi circa 50.000 proprietari di terra sono debitori alle banche per
circa Euro 700 milioni (£490m). La loro unica speranza è quella di
convincere il governo centrale ad adottare delle misure di emergenza per
fermare il sequestro e la vendita all'asta delle loro terre. Ma la speranza
si accompagna alla paura.
La settimana scorsa ad un contadino in sciopero della fame è stato dato
fuoco all'azienda e Riccardo Piras, uno dei leader del gruppo che si oppone
alle svendite, ha ricevuto una lettera con il disegno di una bara: "Ti
spariamo nella schiena e incendiamo la tua terra", minacciava.
Un avvertimento per fermare la campagna volta a sensibilizzare il governo
sui problemi dei contadini. Le splendide coste sarde fanno gola all'
industria del turismo mediterraneo e, man mano che le lagnanze dei contadini
si amplificano, gli sciacalli della finanza speculativa si organizzano. Il
sig. Pistis non ha dubbi che se lui e la sua famiglia venissero sbattuti
fuori dalla loro azienda agricola, qualche albergatore si aggiudicherebbe la
terra a prezzi convenienti per costruirci un villaggio turistico.
La crisi sarda è uno dei sintomi di una più vasta malattia dell'agricoltura
italiana. Gianni Fabbris, leader di Altra Agricoltura, un gruppo di
pressione che sostiene le famiglie sarde, così dice: "Per tagliare I fondi
destinati all'agricoltura, l'UE vuole ridurre il numero delle aziende
agricole, in particolare quelle dove si concentra il maggior numero di
addetti. Vale a dire le terre del Mediterraneo e l'Italia in particolare."
Questa politica è un enigma. La pasta, il prosciutto, i formaggi, l'olio d'
oliva e altri prodotti italiani sono molto richiesti in tutto il mondo, e
tuttavia produrre in Italia - data la volatilità dei sussidi e l'apertura
alle importazioni da tutto il mondo - è diventato maledettamente caro.
Alcuni dei celebri produttori di prosciutto italiano allevano i maiali in
Romania a costi di molto inferiori per poi riportarli in Italia negli ultimi
3-4 mesi di vita per poterli certificare come italiani. Il grano duro usato
per fabbricare la famosa pasta italiana può essere coltivato in Ucraina o in
altri Paesi meno cari.
Nel frattempo i contadini italiani sono con le spalle al muro. Il sig.
Fabbris prevede che entro il 2013, quando cesseranno i sussidi dell'Unione
Europea, il 40% del milione di aziende agricole del Paese potranno
considerarsi estinte.
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a

altragricoltura at altragricolturanordest.it
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