rassegna stampa: Dall'agricoltura un efficace contributo alle energie rinnovabili.



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Il Sole 24 ore" -  20 marzo 2007
Dall'agricoltura un efficace contributo alle energie rinnovabili.
(di Claudio Tucci)
L’agricoltura italiana può dare un forte contributo alla lotta alla
riduzione delle emissioni inquinanti, in linea con gli obiettivi fissati dal
Protocollo di Kyoto. Questo grazie a uno sviluppo delle energie rinnovabili
in grado di contemperare da un lato la sostenibilità ambientale dell’impresa
e, dall’altro, la tutela, anche economica, dell’agricoltore.
È questo, in sintesi, il messaggio lanciato dal convegno sulle agrienergie
sostenibili, organizzato a Roma da Legambiente, insieme al ministero delle
Politiche agricole e all’Unione delle Province italiane. «La ricetta -
spiega Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente - risiede
proprio nella tipicità del nostro sistema agricolo. Solo partendo dal
riconoscimento delle caratteristiche della nostra agricoltura, orientata
alla qualità piuttosto che alla quantità, alla tipicità piuttosto che all’
omologazione della produzione industrializzata, al legame con il territorio
di provenienza piuttosto che alla delocalizzazione e all’utilizzo di Ogm,
sarà possibile affrontare correttamente la nuova sfida per il nostro
territorio».
Per favorire le coltivazioni agricole destinate alla produzione di energia
rinnovabile, Legambiente richiama l’attenzione sulla necessità di una
preventiva valutazione dei bilanci idrici ed energetici e su un utilizzo di
appropriate tecniche colturali. In tal modo, si ridurrebbe sensibilmente l’
uso, a fini energetici, di coltivazioni che richiedono grandi usi di acqua,
che aggravano le crisi idriche già in atto, e non si trascurerebbe, per il
bilancio energetico, la quantità di energia che si consuma nella produzione
e nel trasporto.
Inoltre, attraverso l’utilizzo di appropriate tecniche colturali (quali per
esempio, il sovescio, l’interramento dei residui, le minime lavorazioni dei
terreni), si potrebbe aumentare la quantità di carbonio organico nel terreno
con conseguente notevole riduzione dell’emissione di CO2 atmosferica. Queste
considerazioni spingono quindi a promuovere filiere virtuose, corte e
rispettose delle vocazioni anche paesaggistiche dei territori. Un importante
contributo in questo senso è venuto dalla legge finanziaria per il 2007 che
rilancia il settore dei biocarburanti fissando quote minime da immettere al
consumo, incentivazioni attraverso la defiscalizzazione e programmi per
favorire la creazione di una filiera nazionale di biocarburanti. Attualmente
la filiera dei biocarburanti (biodiesel ed etanolo) in Europa avanza, con
una produzione di circa 4 milioni di tonnellate e una crescita del 66 per
cento. Un settore forte in Germania, dove rappresenta circa la metà della
produzione, mentre quella italiana è sempre più diretta all'esportazione.
La priorità per promuovere questa nuova agricoltura, sostiene sempre
Legambiente, è rappresentata dalla necessità di garantire un adeguato
sostegno economico alle filiere agroenergetiche finalizzato a risolvere le
criticità economiche e ambientali del settore agricolo italiano. Tali
criticità sono rappresentate, infatti, dal reddito agrario, dalla
disponibilità futura dell’acqua, da un eccessivo uso di fossili per i
processi produttivi, di gasolio, di prodotti fitosanitari e fertilizzanti,
dalla corretta gestione igenico-sanitaria degli allevamenti, dalla
biosicurezza, dai nitrati derivanti dai reflui zootecnici, dalla
senilizzazione del settore agricolo e dall’abbandono del presidio
territoriale.
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tratto da "Aise" - 20/03/2007
Ambiente - L’AGRICOLTURA ITALIANA DI QUALITÀ PER COMBATTERE I CAMBIAMENTI
CLIMATICI.
ROMA\ aise\ - È possibile che l’agricoltura italiana contribuisca
efficacemente allo sviluppo delle energie rinnovabili per la diminuzione
delle emissioni inquinanti ed il raggiungimento degli obiettivi fissati dal
Protocollo di Kyoto? È possibile che questo avvenga in modo corretto, tale
da garantire la sostenibilità ambientale dell’impresa e la tutela anche
economica dell’agricoltore? Dal convegno organizzato oggi a Roma da
Legambiente, insieme al Ministero delle Politiche agricole alimentari e
forestali e all’Unione Province Italiane sulle agri-energie sostenibili, e
al quale hanno preso parte, tra gli altri, i Sottosegretari del Ministero
delle Politiche agricole Guido Tampieri e Stefano Boco, il Vicepresidente
dell’Upi e Presidente della Provincia di Ascoli Piceno Massimo Rossi e il
Direttore generale di Legambiente Francesco Ferrante, è emersa la risposta
positiva a queste domande.
"La ricetta – ha dichiarato Francesco Ferrante – risiede proprio nella
tipicità del nostro sistema agricolo. Solo partendo dal riconoscimento delle
caratteristiche di qualità della nostra agricoltura, orientata alla qualità
piuttosto che alla quantità, alla tipicità piuttosto che alla omologazione
della produzione industrializzata, al legame con il territorio di
provenienza piuttosto che alla delocalizzazione e all’utilizzo di OGM, sarà
possibile affrontare correttamente la nuova sfida per il nostro territorio".
E proprio un’agricoltura di qualità può dare un contributo significativo
anche alle politiche contro i cambiamenti climatici, se realizzata con la
consapevolezza dei paletti entro i quali tale contributo può dispiegarsi.
Per le coltivazioni agricole destinate alla produzione di energia devono
infatti essere preventivamente ben valutati i bilanci idrici ed energetici
delle stesse, perché non avrebbe senso usare a fini energetici coltivazioni
che richiedono grandi usi di acqua e che aggraverebbero le crisi idriche già
in atto, né trascurare, per il bilancio energetico, quanta energia si
consuma nella produzione e soprattutto nel trasporto. Inoltre, attraverso l’
utilizzo di appropriate tecniche colturali per esempio, può aumentare la
quantità di carbonio organico nel terreno. Se il contenuto di carbonio
organico dei suoli italiani aumentasse ad un ritmo dell’1% all’anno, si
sequestrerebbero, in un solo anno, 45 milioni di tonnellate circa di CO2
atmosferica, pari al 10% delle emissioni di gas serra del nostro paese. Da
qui la scelta di promuovere esclusivamente le filiere virtuose, corte e
rispettose delle vocazioni anche paesaggistiche dei territori.
"Se in positivo va segnalato che la finanziaria 2007 contiene misure che
rilanciano il settore dei biocarburanti fissando quote minime da immettere
al consumo, incentivazioni attraverso la defiscalizzazione e programmi per
favorire la creazione di una filiera nazionale di biocarburanti – ha
continuato Ferrante -, pensiamo sia necessario precisare ulteriormente le
caratteristiche di questa nuova agricoltura da promuovere, perché altrimenti
anche l’obiettivo europeo di raggiungere entro il 2020 il 10% di
biocarburanti rischia di diventare un traguardo pericoloso relativamente
agli equilibri che invece bisogna mantenere sul territorio".
Bisogna quindi fissare un obiettivo relativo alla percentuale del fabbisogno
energetico nazionale che sia possibile soddisfare grazie alle fonti
energetiche di origine agricola da filiera corta,; scegliere l’applicazione
di sistemi idonei alle caratteristiche ambientali del territorio in un
contesto di piena sostenibilità; sostenere l’organizzazione della filiera
produttiva da parte degli imprenditori agricoli; gestire con lungimiranza il
patrimonio forestale in un ottica di applicazione del protocollo di Kyoto;
incentivare la diffusione delle buone pratiche agricole, a partire dall’
agricoltura biologica, e premere affinché sia esteso alle biomasse da
filiera corta il sistema di incentivazione in conto energia previsto
attualmente solo per il fotovoltaico. Tutto ciò, secondo Legambiente,
consentirebbe di scongiurare, o almeno di contribuire a limitare, i danni
devastanti che le produzioni intensive di biocarburanti in alcuni Paesi del
terzo mondo stanno provocando all’ecosistema e soprattutto alle popolazioni
che vivevano prevalentemente dei prodotti delle loro terre.
Secondo la Coldiretti, l’Italia dispone dei terreni, delle professionalità e
delle tecnologie adeguate a sviluppare all'interno dei confini la produzione
di biocarburanti. La recente firma dell'accordo quadro di filiera per lo
sviluppo di energie rinnovabili consentirà per il 2007 la coltivazione di
semi oleosi a fini energetici, come colza e girasole, per 70mila ettari di
terreno dai quali è possibile ottenere circa 70mila tonnellate di biodiesel.
La superficie coltivata sarà incrementata negli anni successivi a 180mila
ettari nel 2008 e a 240mila ettari nel 2009 che significa un risparmio di
250mila tonnellate di equivalente petrolio per permettere all'Italia di
avvicinarsi all'obiettivo fissato dalla Commissione Europea con la
prospettiva di aumentare entro il 2020 la proporzione di utilizzo fino al 10
per cento. (aise)
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tratto da "Greenreport" - 20/03/2007
Agrienergie? Solo locali e sostenibili.
ROMA. L’agricoltura italiana come partner indispensabile per lo sviluppo
delle energie rinnovabili e per il rispetto del Protocollo di Kyoto: è stato
questo il nocciolo della discussione al convegno sulle agrienergie
sostenibili organizzato da ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, Legambiente e Unione province italiane.

«La ricetta – ha detto il direttore di Legambiente Francesco Ferrante –
risiede proprio nella tipicità del nostro sistema agricolo. Solo partendo
dal riconoscimento delle caratteristiche di qualità della nostra
agricoltura, orientata alla qualità piuttosto che alla quantità, alla
tipicità piuttosto che alla omologazione della produzione industrializzata,
al legame con il territorio di provenienza piuttosto che alla
delocalizzazione e all’utilizzo di Ogm, sarà possibile affrontare
correttamente la nuova sfida per il nostro territorio».

L’agricoltura di qualità potrebbe contribuire anche alla lotta ai
cambiamenti climatici, ma per produrre energia le coltivazioni devono
preventivamente valutati i bilanci idrici ed energetici, perché non avrebbe
senso attivare coltivazioni che aggravino le crisi idriche già in atto, né
per le biomasse utilizzate si può trascurare quanta energia si consuma per
la produzione e il trasporto. Andrebbero inoltre favorite le tecniche
agricole che aumentano la quantità di carbonio organico nel terreno che con
un incremento annuo dell’1% (da 70 a 70.7 t. di carbonio organico per
ettaro), si sequestrerebbero circa 45 milioni di tonnellate di CO2, il 10%
delle emissioni italiane di gas serra.

«Se in positivo va segnalato che la finanziaria 2007 contiene misure che
rilanciano il settore dei biocarburanti fissando quote minime da immettere
al consumo, incentivazioni attraverso la defiscalizzazione e programmi per
favorire la creazione di una filiera nazionale di biocarburanti – ha detto
Ferrante nel suo intervento - pensiamo sia necessario precisare
ulteriormente le caratteristiche di questa nuova agricoltura da promuovere,
perché altrimenti anche l’obiettivo europeo di raggiungere entro il 2020 il
10% di biocarburanti rischia di diventare un traguardo pericoloso
relativamente agli equilibri che invece bisogna mantenere sul territorio».

L’obiettivo che si ritiene realistico da soddisfare con fonti di origine
agricola è del 5% del fabbisogno energetico entro il 2010, il tutto in un
quadro di piena sostenibilità ambientale, con una gestione oculata del
forestale, l’incentivo delle buone pratiche agricole e con l’estensione del
conto energia alle biomasse da filiera corta. Solo così si eviterebbero i
danni ambientali e sociali che le produzioni intensive di biocarburanti
hanno prodotto in paesi come l’Indonesia, con lo sviluppo di piantagioni di
palma da olio su larga scala.

L´importazione di biocombustibili dall´estero è energivora e può essere
evitata. Secondo la Coldiretti, «l´accordo quadro di filiera per lo sviluppo
di energie rinnovabili consentirà per il 2007 la coltivazione di semi oleosi
a fini energetici, come colza e girasole, per 70mila ettari di terreno dai
quali è possibile ottenere circa 70mila tonnellate di biodiesel. La
superficie coltivata sarà incrementata negli anni successivi a 180mila
ettari nel 2008 e a 240mila ettari nel 2009 che significa un risparmio di
250mila tonnellate di equivalente petrolio per permettere all´Italia di
avvicinarsi all´obiettivo fissato dalla Commissione Europea con la
prospettiva di aumentare entro il 2020 la proporzione di utilizzo fino al 10
per cento».

La produzione totale di energie rinnovabili è di 16,5 megatep, il 7% del
totale di energia primaria, solo 4 megatep provengono da biomasse. Con gli
impianti che utilizzano legno e biomasse si producono 1.981GWh di
elettricità, il fabbisogno di 792mila famiglie e tra le esperienze virtuose
citate nel convegno ci sono anche quelle toscane di Camporgiano e Casole D’
Elsa, mentre per Legambiente le centrali a biomassa di Crotone (22MW) e
Strangoli (40 MW), rappresentano gli esempi di centrali a biomasse non
sostenibile perché «utilizzano la biomassa solo per la produzione di energia
elettrica, disperdendo nell’ambiente tutto il calore prodotto che potrebbe
soddisfare una buona percentuale di fabbisogno di acqua calda sanitaria
delle utenze dei due Comuni. Inoltre le due centrali richiedono per il loro
funzionamento circa 700 mila tonnellate di biomassa, che in buona parte non
è reperibile a livello locale e dunque viene importata via mare dal Brasile,
dal Centro America e dal Portogallo».
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