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rassegna stampa: I falsi oli d'oliva



Vi giriamo un articolo di Luigi Veronelli in merito alla difesa della
qualità e provenienza degli oli d'oliva italiani, contro un mercato globale
che con la raffinazione di vari oli vegetali adultera l'80% degli oli
d'oliva classificati poi come extravergini.
A cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Tratto da Agrinews del 20/02/04
I FALSI NON SI DISTINGUONO DAI VERI di Luigi Veronelli
I falsi oli d'oliva sono venduti dalle multinazionali straniere soprattutto
e italiane che, attraverso lavori in raffinerie (dovrebbero essere usate
solo per il petrolio) abbassano i parametri chimici degli oli lampanti e
degli altri oli vegetali acquisiti sino a renderli omologabili all'
extravergine.
Di olio d'oliva dovrebbe essercene uno solo, sempre e solo vergine, con l'
eliminazione dei demi-vierge (ne ridono in tutto il mondo).
Gli oli lampanti (che dovrebbero servire per l'illuminazione di lampade
contadine) e gli oli vegetali vengono da tutto l'arco mediterraneo.
Dopo la "raffinazione" sono incolori, inodori e insapori. La legge italiana
consente l'aggiunta di una percentuale (senza stabilirla; anche una goccia
in una cisterna) per autorizzare la qualifica di olio d'oliva - con acidità
0,5 - di gran lunga inferiore al valore fissato per legge a cui deve
corrispondere un olio extravergine (0.8). A questo punto solo i documenti
cartacei ne attestano la tipologia.
La trasmissione Report di Milena Gabanelli, andata in onda domenica 10 marzo
2002 su Rai Tre, dimostra con allucinante chiarezza, attraverso un serrato
interrogatorio di responsabili, quanto sopra. L'episodio più clamoroso,
riportato dalla trasmissione stessa, si riferisce all'indagine in corso da
parte della Procura di Bari, resa nota dal P.M. Domenico Seccia, riguardo
una nave-cisterna di provenienza turca che ha scaricato, soprattutto nel
porto di Monopoli, olio di nocciola chimico, che, raffinato, è stato immesso
sul mercato come olio d'oliva.
Due anni dopo, della nave-cisterna risultata irregolare alle analisi della
Procura non è rimasta alcuna traccia. E' una nave fantasma.
Secondo il Capo della Capitaneria di Monopoli, insediatosi per misteriosa
coincidenza subito dopo la messa in onda del servizio, non è mai esistita.
Chiederò alla Procura dove è stato scaricato quel falso olio d'oliva e a che
punto sia l'indagine. Il P.M. Domenico Seccia, a suo tempo - di fronte alla
telecamera - ha allargato le braccia e detto di non poter far nulla, fin a
che non gli saranno fatti pervenire gli atti originali del porto turco dove
quell'olio fu caricato come olio di nocciola e del porto greco in cui la
nave ha fatto sosta e da cui è ripartita - magia delle carte - con i
documenti recanti il nome di olio di oliva. Ti ripeto alcune sue esatte
parole:"…É un problema di gravissima portata che indubbiamente condizionerà
l'esito del corso dei processi e soprattutto nel contrasto dei fenomeni
transnazionali". É nella reale impossibilità, a causa della legge sulle
rogatorie.
Quasi certo, con la chiusura di molti occhi, il carico è finito nella
Raffineria di Monopoli, un colosso che, appunto, mescola, rettifica e
distribuisce olio non olio alle multinazionali.
Oli di questo tipo costituiscono l'80% dell'olio consumato in Italia, li si
ritrovano quindi, sotto diversi marchi, in tutti i supermercati.
Infatti, come ha affermato Luana L. Imperiale del Lab. Finoliva Global
Service :"Sono problemi omai riscontrati (...) se non ci sono metodiche che
ci permettono di dire che quell'olio è esattamente così, nessuno si può
esprimere ufficialmente nel dirlo".

Due anni dopo la trasmissione di Report abbiamo voluto verificare: i giovani
amici di Assud, associazione che si batte per i prodotti della sua terra
(Monopoli, sul mare, è circondata da centinaia e centinaia di ettari di
oliveti plurisecolari) mi avevano informato che gli scarichi di oli diretti
alla Raffineria di Monopoli continuano a ritmo sempre più crescente.
Il 2 febbraio ho celebrato i miei 78 anni, appunto, con il blocco del porto.
Era con me tutta la gente, comprese le forze dell'ordine: i poliziotti, i
carabinieri e le guardie di finanza, interessate (era ora) le autorità. Solo
contraria la proprietà del porto. Ciò al mattino, nel pomeriggio un ampio
dibattito sui problemi della povertà contadina in un luogo in cui dovrebbe
essere - non benessere - ricchezza. Si tratta certo di truffa cui
partecipano Unilever, Monsanto, Nestlé, altri ancora con i relativi marchi
Bertolli, Carapelli, Olio Sasso, Carli, etc.
Sottolineo, la truffa è resa ancora peggiore da che l'olio è venduto come
italiano.
Sono stato querelato - purtroppo, ripeto purtroppo - solo da un produttore
di olio, medio, Grappolini: i giudici mi hanno assolto perché tutti i dati
da me esibiti sono risultati veritieri e quindi "il fatto non costituisce
reato".

L.V.


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