[Info Abiti Puliti] Newsletter ABITI PULITI n.1/07: il vostro





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Newsletter n.1

Gennaio 2007


CLEAN CLOTHES NEWS

Uno strumento per fornire informazioni provenienti dalle campagne in corso ma anche dalle imprese e dal mondo delle istituzioni, per fornire maggiori elementi di analisi su un settore in continuo mutamento e grande ristrutturazione che ci riguarda da vicino. Segnalateci notizie su articoli, studi e comunicazioni relativi al settore tessile-abbigliamento e calzature e soprattutto fateci avere vostri commenti e proposte sulle possibili alternative "critiche" alla ricerca di filiere che rispettano i diritti sociali e ambientali nel Nord e nel Sud del Mondo.



Clicca qui per consultare l’indice di tutte le società, marchi, aziende terziste (oggetto di campagne di pressione), che sono apparse nella Newsletter, nei documenti di approfondimento, o di cui ci siamo occupati nel servizio Azioni Urgenti nel corso del 2005-2006. Uno strumento utile per riflettere e non dimenticare mentre la campagna continua anche grazie al vostro prezioso sostegno.

SOMMARIO
L'approfondimento
o    Al via una nuova iniziativa di responsabilità sociale firmata dai grandi distributori globali: riflessione sui limiti degli strumenti volontari di controllo
Dalle istituzioni:
o    Niente processo negli USA a Wal-Mart per violazioni commesse in paesi terzi … ma interviene il New York City “Comptroller”
o    Tessile e salute: le autorità di Shanghai danno lo stop alle grandi griffe per nocività dei tessuti.
Altre notizie:
o    Sosteniamo i lavoratori della ex Hermosa di El Salvador
o    Benetton in Patagonia: una lettera di Attilio e Rosa Curinanco
o    I cambiamenti climatici preoccupano i distributori e pongono una nuova minaccia ai lavoratori
Dal mondo delle imprese:
Benetton, Coin, Cotonella, Della Valle, Extyn, Ferrari, Fruit of the Loom, Gucci, Guru, H&M, Jam Session, Levi Strauss, Loro Piana, Max Mara, Phard, PPR, Romeo Gigli, VF corporation


L'APPROFONDIMENTO

AL VIA UNA NUOVA INIZIATIVA DI RESPONSABILITA' SOCIALE  FIRMATA DAI GRANDI DISTRIBUTORI GLOBALI: riflessione sui limiti degli strumenti volontari di controllo

Walmart, Tesco e Carrefour, alcuni tra i più importanti nomi della grande distribuzione mondiale, stanno per lanciare un nuovo programma globale per la responsabilità sociale di impresa. L’iniziativa, i cui dettagli non sono ancora stati resi noti, è stata lanciata dal CIES (associazione industriale che rappresenta 190 distributori dislocati in 150 paesi) e pare in procinto di generare l’ennesima iniziativa volontaria, che riguarderà tutti i prodotti e avrà, pare, largo seguito tra i big delle multinazionali.

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DALLE ISTITUZIONI

NIENTE PROCESSO NEGLI USA A WAL-MART PER VIOLAZIONI COMMESSE IN PAESI TERZI …. MA INTERVIENE IL NEW YORK CITY COMPTROLLER
Nella newsletter n. 0/2005 avevamo riferito di una denuncia presentata nel settembre 2005 alla corte dello stato della California dall’International labor rights fund per conto dei dipendenti di fornitori tessili asiatici (Cina, Vietnam, Bangladesh, Indonesia, Nicaragua) e africani (Swaziland) del colosso della distribuzione Wal-Mart, che l’accusavano di essere venuta meno all’obbligo di vigilare sul rispetto del suo codice di condotta, che è parte integrante dei contratti di fornitura. Il giudice nel mese di dicembre ha stabilito che le accuse di negligenza vanno ben oltre i limiti di responsabilità riconosciuti e non configurano una condotta talmente grave da poter rendere Wal-Mart processabile sulla base dell’Alien Tort Claims Act del 1789, che consente di portare in giudizio negli Usa imprese americane responsabili di violazioni dei diritti umani all’estero. Il caso è stato archiviato. Un duro colpo per tutti quei lavoratori che non possono ottenere giustizia nel proprio paese a causa della debolezza o della corruttibilità del sistema giudiziario. Recentemente ne ha fatto le spese anche il sindacato degli alimentaristi della Colombia nella sua battaglia contro i crimini commessi nella fabbriche di imbottigliamento della Coca Cola nel paese centroamericano.
(Fonte: RSI news,  20.12.2006)

>> continua

TESSILE E SALUTE: LE AUTORITA’ DI SHANGHAI DANNO LO STOP ALLE GRANDI GRIFFE PER NOCIVITA’ DEI TESSUTI
Colpo di scena. Accusati di inondare i nostri mercati di prodotti tessili a basso costo carichi di veleni, i cinesi rispondono con la stessa moneta. Armani, Max Mara, Zegna, Burberry, Gucci, Dior, Chanel e Ralph Lauren sono stati costretti a ritirare dalla vendita partite di abbigliamento che le autorità di controllo di Shanghai hanno reputato non conformi agli standard cinesi: coloranti di bassa qualità, etichette fuorilegge, additivi chimici dannosi per la salute, troppa formaldeide. Alla ricerca delle vere motivazioni, il Sole 24 ore si interroga sulla paura della Cina per l’apertura del proprio mercato alla concorrenza internazionale, che presto la obbligherà, in base agli accordi Wto, ad aprire totalmente i canali distributivi alla concorrenza estera. Ecco spiegata una paura che si tradurrebbe in regolamenti sempre più severi in materia di standard sulle merci importate. Per Paolo Zegna, presidente di Smi-Ati (federazione delle imprese tessili e moda italiane) e del marchio Zegna, uno di quelli messi sotto accusa, si tratta di un chiaro messaggio politico a fini ritorsivi contro i freni applicati dalla Ue alle esportazioni cinesi. Ma la morale sta tutta altrove: “Se il problema è nei tessuti – scrive il giornalista - è comunque un problema che nasce in Cina. Non è un  mistero che oggi la quasi totalità della materia prima utilizzata nelle confezioni griffate è made in China. Compresi i cattivi coloranti e gli additivi nocivi”, quelli che sfilano incorporati nei tessuti di capi pagati a peso d’oro sulle passerelle del sempre meno credibile “made in Italy”.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 24/25.1.2007)

ALTRE NOTIZIE


SOSTENIAMO I LAVORATORI DELLA EX HERMOSA DI EL SALVADOR
Nel maggio 2005 la fabbrica Hermosa in El Salvador, che produceva per conto di Adidas, Nike, Pentland, Puma, Reebok, Wal-Mart, ha chiuso i battenti in risposta al tentativo dei lavoratori di costituire un sindacato. Da allora un gruppo di 63 lavoratori si è battuto strenuamente per vedersi riconosciuto il diritto a ricevere le spettanze di legge e la cancellazione dalla lista nera che impedisce loro di trovare lavoro in altre fabbriche. Poco prima di natale un piccolo risultato è stato ottenuto: la Fair labor association (FLA), in rappresentanza dei suoi membri, fra cui Nike, Adidas e Puma, ha annunciato di aver costituito un fondo di emergenza. Per quanto largamente insufficiente e inteso come gesto umanitario e non come risarcimento del dovuto, il fondo è stato accettato dai lavoratori che lo giudicano tuttavia un’inezia in confronto ai profitti che i marchi traggono dal sacrificio dei lavoratori e dalla sistematica violazione dei diritti umani e sindacali, e chiedono di essere ricollocati con urgenza presso altri fornitori delle imprese ex committenti della Hermosa.

Sostieni le richieste dei lavoratori della ex Hermosa collegandoti al sito della Clean Clothes Campaign: http://www.cleanclothes.org/urgent/07-01-03.htm#action


BENETTON IN PATAGONIA: UNA LETTERA DI ATTILIO E ROSA CURINANCO

Esquel - Chubut, 18 dicembre 2006

Ai fratelli e sorelle Mapuche.
Alla società civile.
Agli uomini e donne di buona Volontà del mondo.
Ai governanti che vogliano ascoltare.

 
Trascorsi vari anni di conflitto con il gruppo imprenditoriale Benetton, vediamo che un altro ciclo si conclude senza risposta,  né da questi imprenditori, né dai governi sia provinciale che nazionale.
 
Nessuna risposta alla nostra richiesta di restituzione della  tenuta Santa Rosa.
Credono che ci siamo dimenticati, credono che una sentenza di un giudice sia definitiva, in un paese dove le istituzioni sono proprietà dei più potenti, in un paese con un debito interno che costantemente cercano di nascondere.

Siamo una delle tante famiglie che hanno un'origine ben chiara,  siamo mapuche e manteniamo i valori e caratteri ereditari dei nostri discendenti, valori che non ci hanno potuto 'recintare', abbiamo la memoria e questa ci incoraggia a proseguire proiettandosi
verso il futuro.

Si parla molto di diritti umani, ora noi ci chiediamo: decidere di vivere in accordo con la nostra guida culturale non è un diritto umano?

La nostra iniziativa come famiglia mapuche, ha fatto scattare qualcosa che non vogliono riconoscere, la sproporzione nella distribuzione della terra in questo paese chiamato Argentina.

In un milione di ettari, Benetton quanto lavoro ha creato?, quante  migliaia sono coloro che ne hanno tratto beneficio?
La risposta è sempre la stessa, quasi nessuno, al contrario,  più del 50% del personale è stato licenziato, adesso il lavoro che facevano dieci persone lo deve fare una.

Benetton ha dimostrato di essere al di sopra di tutte le supposte leggi di questo stato, controllando la polizia, municipi come per esempio quello del Maiten, Gualjaina, Cushamen e altri.

In ogni caso, noi discendenti diretti dei primi abitanti di questa  terra, non ci sentiamo sottomessi, non abbiamo dimenticato e seguiamo nella lotta, mai saremo esposti come oggetti da museo, come hanno fatto finora, compreso nel museo di Leleque dove è appesa a una parete la foto del nostro bisnonno Miguel Ñancuche Nahuelquir.

In attesa che si compia un presagio .... Un'alba sarà Mapuche.

Da Esquel : Atilio Curiñanco y Rosa Sara Nahuelquir

Mariciweu ¡¡¡¡¡¡

Per sostenere il progetto “Radio Mapuche”, una radio cheterrà in comunicazione le comunità mapuche della Patagonia che vivono disperse sui latifondi di imprenditori come Benetton e Meridian Gold (vedi newsletter n. 10/2006), l’associazione promotrice Ya Basta raccoglie fondi sul C/C 102651 intestato ad Associazione Ya Basta, Banca Etica, cab 12101, abi 05018, con la causale “Radio Mapuche”.


I CAMBIAMENTI CLIMATICI PREOCCUPANO I DISTRIBUTORI  E PONGONO UNA NUOVA MINACCIA AI LAVORATORI
Un articolo apparso il 6 gennaio su una delle principali riviste di settore inglese, Drapers, potrebbe essere il primo di una lunga serie di riflessioni su una nuova variabile indipendente nel business della moda: il clima e la sua conclamata imprevedibilità. Il 2006 è stato un anno di caldo record in Gran Bretagna, con un novembre e dicembre sopra le righe e previsioni per un febbraio e marzo di freddo intenso. Le vendite natalizie sono state un disastro. Come uscirne? Per qualcuno dei grandi distributori intervistati, basterebbe applicare una ricetta che non teme i rigori del tempo: “Flessibilità è la risposta ai cambiamenti climatici”. Come se i fornitori non avessero già visto scendere negli ultimi anni i cicli di fornitura da 90 a 15-30 giorni, oggi potrebbe essere in vista per loro un’ulteriore stretta. La soluzione ideale, viene detto, sarebbe procedere più speditamente verso un sistema di ordini rapidi e frazionati, su richiesta. Il modello a cui ispirarsi è ovviamente Zara, il moderno “simbolo della risposta rapida”. Ma è proprio questo modello che sta deteriorando ulteriormente le condizioni di lavoro nei paesi di produzione, con l’impiego di manodopera sempre più precaria, occupata a pieno ritmo, notti comprese, per brevi periodi, e lasciata senza lavoro e prospettive per parte dell’anno. C’è anche chi ha suggerimenti più ragionevoli, come quello di approvvigionarsi un po’ più vicino a casa, per esempio in Turchia, o nella stessa Gran Bretagna. Tutto dipenderà dai fornitori, vinceranno quelli che “saranno capaci di garantire la qualità del prodotto, venire incontro alle esigenze di riassortimenti rapidi, e mantenere scorte sufficienti per far fronte ai cambiamenti del tempo. I capi dovranno avere tessuti più leggeri, traspiranti e in strati scomponibili”. L’amaro in tutto questo è che molti dei lavoratori che più risentiranno del nuovo giro di vite sui ritmi di lavoro vivono nei paesi maggiormente colpiti dalle calamità naturali conseguenza dei cambiamenti climatici.

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DALLE IMPRESE


CESSIONI/ACQUISIZIONI, RISTRUTTURAZIONI, ATTUALITA’ & FUTILITA’

Classifica del mese: portano i marchi Levi’s, Diesel e Armani i jeans più venduti in Italia, con quote di mercato rispettivamente del 17%, del 14% e del 7%. Un quarto del mercato italiano è rappresentato da jeans “premium”, quelli che costano dai 100 euro in su. Contando i chilometri percorsi dal luogo di produzione, i 14 lavaggi industriali necessari a conferirgli l’aspetto vissuto tanto di moda, e che a Treviso un’azienda specializzata ne mette in lavatrice fino a 30 mila paia al giorno, è facile immaginare quale impronta ecologica abbia accumulato il capo che è stato un tempo il simbolo dell’informalità.

VF CORPORATION cede i brand dell’abbigliamento intimo a FRUIT OF THE LOOM per concentrarsi sul core business del gruppo, cioè sui jeans e l’abbigliamento per lo sport e il tempo libero (Lee, Wrangler, Nautica, The North Face, ecc.).
(Fonte: Fashionmagazine newsletter, 23.1.2007)

La famiglia Esposito, proprietaria della società napoletana di jeanswear per teenager PHARD, cede il 45% dell’azienda al fondo di private equity Abacus, con l’obiettivo di quotarsi in borsa e raddoppiare le vendite in quattro anni.
(Fonte: Fashionmagazine newsletter, 23.1.2007)

COIN è stata esclusa il primo gennaio dal Global compact, l’accordo volontario lanciato nel 2000 dall’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, con cui le imprese si impegnano volontariamente a rispettare dieci principi in materia di ambiente, lavoro, diritti umani e corruzione. Motivo dell’esclusione non aver fornito i rapporti informativi richiesti entro tre anni dall’adesione sui progressi compiuti nel campo della responsabilità sociale. Le società depennate in questa tornata sono 758, undici sono italiane.
(Fonte: RSI news 8.1.2007)

LEVI STRAUSS è stata invece sospesa all’inizio di dicembre da ETI (Ethical trading iniziative) dopo due anni di discussioni per aver rifiutato di adottare il principio del “living wage” (salario dignitoso) contenuto nel codice di condotta sottoscritto da tutte le imprese aderenti. Nel merito l’ETI Base code stabilisce che “le retribuzioni devono essere sufficienti a soddisfare le necessità primarie oltre a fornire livelli di reddito discrezionale”. Levi’s sostiene che la mancanza di una definizione precisa rende il concetto di “living wage” inapplicabile. Per ETI la difficoltà di quantificare i bisogni primari in aree geografiche e in contesti sociali molto diversi, non deve servire da pretesto per sottrarsi all’impegno di perseguire un fine cardine della responsabilità sociale. La sospensione durerà un anno durante il quale ETI e Levi’s continueranno a confrontarsi sulla questione nell’intento di arrivare a una soluzione.
ETI è un’iniziativa di collaborazione fra imprese, sindacati e ong sorta in Gran Bretagna nel 1998 con lo scopo di promuovere buone pratiche e l’adesione a un codice di condotta verificabile.
(Fonte: Supension of Levi Strauss & Co. from ETI membership: statement for members, ETI Secretariat, 20.12.2006)

L’Unicef è contestato dai suoi operatori asiatici per l’invadente presenza di testimonial e la scelta di sponsor che contrastano con le finalità dell’organizzazione minandone la credibilità. L’ultimo caso riguarda un’operazione natalizia lanciata da GUCCI che ha associato il proprio nome a quello dell’Unicef, come già fatto da grandi case della moda, come Prada, Armani e Jean Paul Gaultier. Peccato che il gruppo francese PPR (Pinault-Printemps-Redoute), proprietario del marchio, debba da anni difendersi dall’accusa di tollerare abusi nei laboratori dei suoi partner commerciali in India e in Pakistan. Tre anni fa l’Unicef ha ricevuto un rapporto del French centre for business information, che documentava, a conclusione di sei mesi di indagini su PPR, il pessimo trattamento riservato ai lavoratori dai fornitori indiani del gruppo.
(Fonte: RSI news, 1.12.2006; The Observer 26.11.2006)

Il gruppo bancario Credito Emiliano (CREDEM), che fa capo alla famiglia Maramotti, proprietaria della società MAX MARA, entra nel ricco business dell’acqua, attraverso una banca di investimento del gruppo che a metà dicembre ha lanciato un certificato speculativo legato a un paniere di fondi che investono a livello  mondiale in aziende attive nel settore idrico (distribuzione-trattamento dell’acqua). Per attirare i risparmiatori le aziende del comparto devono dimostrarsi redditizie, quindi aumentare le tariffe, ridurre i servizi in zone “improduttive” e gli investimenti per la gestione della rete idrica. Oggetto di lucro è il più prezioso dei beni comuni universali.
(Fonte: Appunti finanziari, dicembre 2006 – www.appuntifinanziari.splinder.com)

“L’arte è piena di espressioni di moda”, con questa frase Dario Fo ha introdotto il 18 gennaio la sfilata di ROMEO GIGLI  sulle passerelle della settimana della moda milanese. Per sottolineare il legame tra arte e moda Fo ha scelto una scenografia imponente: la riproduzione a grandezza naturale di nove grandi tele più un cartone preparatorio di Andrea Mantengna, conservate a Londra. E ne ha illustrato significati e personaggi. Era il caso?
(Fonte: Il Sole 24 ore, 19.1.2007)

Per il simbolo italiano del tessuto di lusso, LORO PIANA, “la ricerca continua, esasperata, delle migliori materie prime del mondo, di una qualità esclusiva, paga”, sostiene un articolo del Sole 24 ore. E’ un consumatore ovviamente ricco al quale punta, “capace di riconoscere la vera qualità e di apprezzare filati sempre più ricercati come la vicuna, la pecora “nera”, e ora il baby cashmere (una lana molto sottile ricavata in Mongolia dalle caprette che vengono “pettinate” quando hanno solo quattro mesi)”. Per orecchie animaliste, ogni commento è superfluo.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 19.1.2007)

FIAT e occhiali, FERRARI e moda per bambini: Lapo Elkann si lancia nel modo degli occhiali, l’accessorio più lucroso dei grandi nomi della moda. I suoi costano 1.007 euro al paio, realizzati con “47 strati di carbonio” e una lavorazione che dura fino a dieci giorni. Niente di meglio da progettare? JAM SESSION, società detentrice del marchio GURU, produrrà in licenza una linea di abbigliamento con il logo del cavallino rampante per bambini e adolescenti di lusso da vendere nei Ferrari store. Jam Session ha aperto nel settembre scorso il primo negozio monomarca a Milano e ne ha in progetto 15 in Italia e in Europa.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 19.1.2007)

Se Ferrari e Fiat entrano nel mondo della moda, DELLA VALLE (TOD’S) entra in quello delle ferrovie per far concorrenza a Trenitalia in seguito alla liberalizzazione del settore. Insieme a Luca di Montezemolo e a due imprenditori del settore ha costituito la Ntv, Nuovo trasporto viaggiatori, società che opererà dal 2010 nel trasporto passeggeri sull’alta velocità.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 12.1.2007)

BENETTON: il primo gennaio è partita la nuova organizzazione del gruppo incentrata sulla separazione tra gli investimenti in infrastrutture (telecomunicazioni e reti) e quelli nel settore “consumer-retail” (ristorazione e abbigliamento). Nella newco Sintonia sono state fatte confluire le partecipazioni in Autostrade, Telecom Italia, Sagat e Aeroporti holding, Gemina-Adr, Grandi stazioni, con lo scopo di favorire l’ingresso di altri soci investitori. Allo stesso tempo la società veneta sta cercando soci per l’altra newco creata, Schema34, in cui è stato fatto confluire il 57% di Autogrill per cederne una parte a nuovi soci. La 21 Investimenti di Alessandro Benetton ha acquisito a fine novembre dello scorso anno una partecipazione del 16% nel capitale della Pellegrini, uno dei maggiori gruppi della ristorazione italiani.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 30.11.2006; 5.1.2007)

COTONELLA, gruppo italiano dell’intimo, rafforza la sua presenza produttiva in Albania a scapito della Romania, ormai entrata nella Ue e con un costo del lavoro che nell’ultimo trimestre del 2006 è aumentato del 17%. Lo stabilimento rumeno, che occupa 450 persone, verrà trasformato in una base logistica mentre verrà ampliato lo stabilimento di Scutari, a nord dell’Albania, e gli addetti passeranno da 450 a 700 unità. Non è chiaro quanti saranno alle dirette dipendenze di Cotonella, che anche in questo paese utilizza una rete di terzisti. Sono molti i marchi che già producono in Albania: Nike, Adidas, Reebok, Oviesse, Pierre Cardin, Dolce&Gabbana. Su quasi 11 mila addetti tessili, il 60% lavora in Albania per imprese straniere, con una predominanza di imprese italiane e una forte presenza di imprese greche. (Fonte: Il Sole 24 ore, 19.12.2006).

E alla Grecia guarda in particolare il pronto moda campano che si è consorziato in Cometa: 49 aziende del tessile-abbigliamento con sede a Nola, in provincia di Napoli, che per farsi conoscere stanno organizzando una serie di sfilate promozionali ad Atene e poi proseguiranno per l’Est europeo fino a Mosca. Alcuni terzisti dell’area vesuviana sono sopravvissuti alla crisi del settore proponendosi sul mercato con marchi propri, forse il più conosciuto è EXTYN. Fra i grandi committenti del distretto di Nola si è aggiunta nell’ultimo periodo H&M. (Fonte: Il Sole 24 ore 19.12.2006)

(a cura di Ersilia Monti, Deborah Lucchetti, Claudio Brocanelli)


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