rassegna stampa: Allevatori a rischio bancarotta



a cura di ALtrAgricoltura Nord Est
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Tratto da "L'informatore Agrario" - n.40, 21/28 ottobre 2005
Allevatori a rischio bancarotta
Rapporto 2005 Aia-Ismea sulla zootecnia bovina
È drammatica la situazione in cui versa la maggior parte degli allevamenti
bovini del nostro Paese. Questo emerge in sintesi dall’analisi dei dati
presentati congiuntamente da Ismea e Associazione italiana allevatori il 18
ottobre scorso a Roma.
Il Rapporto sulla zootecnia bovina in Italia nel 2005 (articolato in due
studi: «Il mercato del latte» e «Il mercato della carne bovina») mette in
evidenza infatti un quadro generale di grave difficoltà di tutto il mondo
produttivo.
«La situazione – ha detto il presidente dell’Aia Nino Andena – che vede
molte aziende a serio rischio di bancarotta, con quattro su cinque che non
riescono a coprire i costi di produzione, non deve essere sottovalutata».
«La redditività delle aziende – ha aggiunto – è infatti seriamente
compromessa non solo dalle ripetute emergenze e dall’aumento dei costi, ma
particolarmente in questa fase dalle difficoltà finanziarie: sono proprio
gli allevatori che hanno investito di più negli anni scorsi quelli che ora
sono a maggior rischio di bancarotta».
«L’Italia, per il settore lattiero-caseario, non sembra neanche in grado di
saper cogliere le opportunità offerte da un quadro evolutivo favorevole
riscontrato attualmente a livello europeo e internazionale, dimostrando al
contrario un’incapacità di risolvere i problemi interni soprattutto sul
piano organizzativo e strutturale».
Anche il settore delle carni bovine vive una situazione di difficoltà
oggettiva, confermata in un solo triennio dalla fuoriuscita di circa 26.000
aziende nazionali con bovini dai circuiti allevatoriali. Non va meglio per
le aziende da latte il cui numero tra il 2003 e il 2004 si è ridotto di un
altro 8%, ricalcando la dinamica negativa dell’ultimo decennio che ha
sottratto al sistema oltre 44.000 aziende nazionali (–46%). Un fenomeno,
questo, che ha riguardato non solo le imprese di minori dimensioni, quale
conseguenza dei processi di concentrazione in atto, ma anche talune grandi
realtà produttive.
«Non a caso – ha ribadito il presidente dell’Aia – sono proprio le aziende
che negli ultimi anni hanno puntato, attraverso grossi investimenti, alla
crescita dimensionale, quelle che attualmente versano nelle maggiori
difficoltà economiche, sia per gli aumenti dei costi, inclusi quelli per l’
acquisto delle quote, sia per la contestuale riduzione dei prezzi della
materia prima. Sappiamo – ha proseguito Andena – che il Mipaf sta elaborando
un ampio piano di rilancio delle filiere agroalimentari del valore di 500
milioni di euro; confidando che le filiere zootecniche abbiano in questo
piano il rilievo che loro compete, ci offriamo come partner per la Pubblica
amministrazione in questa operazione di rilancio».
Il presidente dell’Ismea, Arturo Semerari, ha dal canto suo posto l’
attenzione su alcuni elementi emersi nel Rapporto che interessano le filiere
nel loro complesso.
«L’analisi sulla catena del valore – ha spiegato Semerari – ha confermato,
nella filiera lattiero-casearia, l’ulteriore crescita dei margini della
distribuzione, a scapito soprattutto della componente industriale. Il valore
della materia prima, stimato complessivamente sui 5 miliardi di euro, cresce
lungo la catena produttivo-distributiva di quasi 5 volte, raggiungendo al
consumo la ragguardevole cifra di 23 miliardi di euro».
«Nel 2004 – ha proseguito Semerari – la componente agricola ha mantenuto
sostanzialmente invariata la sua partecipazione al valore finale della
filiera, che resta però minoritaria, con una quota che si mantiene attorno
al 21,5%. L’industria, di contro, ha visto scendere la sua incidenza sotto
il 33%, dal 34% del 2003, mentre il margine della distribuzione dal 38% è
passato al 40%, superando in valore assoluto la soglia dei 9 miliardi di
euro, vale a dire il 5% in più rispetto al 2003».
«Un’analoga situazione – ha aggiunto il presidente dell’Ismea – è
riscontrabile nel sistema della carne bovina che parte, a monte, con un
valore ai cancelli degli allevamenti di circa 4 miliardi di euro e sviluppa
al consumo un giro d’affari di quasi 13 miliardi. Il 2004 si è rivelato,
inoltre, un anno difficile, caratterizzato da un calo della produzione
nazionale, scesa ai minimi dalla metà degli anni Novanta, da una caduta dei
prezzi e soprattutto da una nuova inversione di rotta dei consumi, che dopo
la ripresa del 2003 sono tornati a scendere, riproponendo lo scenario
negativo dell’ultimo decennio».
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