"rassegna stampa: "L'energia nucleare non è sicura ," " né pulita , né economica""



Nel momento in cui Enel e governo ripropongono, intessendo accordi con le
compagnie elettriche francesi, la possibilità di riportare l'italia
nell'orbita del NUCLEARE e quindi di reintrodurre in un futuro, non molto
lontano, centrali nucleari in italia vi proponiamo uno scritto di Giorgio
Nebbia sull'argomento dell'energia nucleare.
a cura di AltrAgricvoltura Nord Est
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tratto da "http://www.greencrossitalia.it/ita/news/energia/news_032_e.htm"; -
17/06/05

"L'energia nucleare non è sicura, né pulita, né economica"
di Giorgio Nebbia - nebbia at quipo.it
Non è sicura: esiste una lunga casistica di incidenti nel ciclo di
produzione dell'energia nucleare commerciale, a parte, quindi, quelli legati
alla produzione delle armi nucleari. Molti, come quello al reattore
autofertilizzante di Detroit dell'ottobre 1966, agli impianti di
ritrattamento del combustibile nucleare, eccetera sono stati dimenticati.
Non sono stati dimenticati l'incidente al reattore nucleare di Three Mile
Island negli Stati uniti, del 1979, e soprattutto quello al reattore di
Chernobyl, in Ucraina, del 26 aprile 1986. L'interruzione della circolazione
dell'acqua di raffreddamento di uno dei quattro reattori nucleari (del tipo
a uranio-grafite), provocò, in tale reattore, un forte aumento della
temperatura del nocciolo; molte delle parti metalliche e strutturali ---
travi e contenitori di acciaio, pareti di cemento --- fusero o crollarono;
la grafite che circondava il nocciolo prese fuoco; la corrente di fumo
trascinò in sospensione nell'aria le polveri contenenti gran parte dei
prodotti di fissione dell'uranio: gli isotopi radioattivi di stronzio,
cesio, iodio, eccetera.

La maggior parte dei prodotti ricadde al suolo, contaminando vaste
estensioni di suolo ucraino, occupate da campi, villaggi, piccole città,
scuole. Decine di migliaia di persone furono esposte a dosi di radioattività
tali da provocare la morte, danni genetici irreversibili, in moltissimi casi
danni genetici a lungo termine che faranno sentire i loro effetti tutta la
vita. Una parte dei prodotti radioattivi fu trascinata nell'atmosfera
dapprima verso il nord, poi verso ovest e l'Europa centrale, poi verso
l'Europa sud occidentale, fino in Italia. Oggi si conosce abbastanza bene la
quantità di sostanze radioattive uscite dal reattore e cadute nelle varie
parti del continente europeo; voglio solo ricordare gli atti di generosità e
di altruismo che accompagnarono tale catastrofe. Gli eroi che, esponendo la
propria vita a sicura morte, sono volati sul reattore per gettare cemento e
piombo sui ruderi fusi del reattore e quelli che hanno lavorato, a contatto
con intensissime dosi di radioattività, per spegnere l'incendio, riuscendo
così a fermare la fuoriuscita dei fumi radioattivi e a salvare milioni di
vite, anche in Italia (eppure non una città italiana ha dedicato una strada
a ricordo dei martiri di Chernobyl a cui tanti di noi devono la
sopravvivenza). Si può leggere a questo proposito il libro di Grigorij
Medveded, "Chernobyl. Tutta la verità sulla tragedia nucleare", Milano,
SugarCo, 1991, e cercare il film, proiettato anche in Italia, "Chernobyl",
di Anthony Page, 1991, che descrive lo sforzo fatto dai medici, fra cui
l'americano Gale, per effettuare trapianti di midollo osseo nei casi più
gravi. Voglio ricordare, oltre alla mobilitazione di medici sovietici e
internazionali per alleviare i dolori delle popolazioni, l'ospitalità
offerta da tante associazioni di volontariato ai bambini di Chernobyl.

Con Chernobyl, tutti i centri economici che ruotavano intorno alla
fabbricazione e vendita di centrali nucleari presero, allora, un grande
spavento davanti al rischio di vedere sfumare lucrosi affari internazionali.
In Italia, dove esisteva già un forte movimento popolare di protesta contro
i programmi nucleari governativi, il referendum del novembre 1987, fermò il
funzionamento dei reattori esistenti e i programmi di costruzione di altri.
Con gli incidenti e gli insuccesso del reattore francese Superphenix (nel
quale il governo italiano aveva sconsideratamente investito soldi che stiamo
ancora restituendo con una maggiorazione delle tariffe elettriche
dell'Enel), fece svanire anche l'avventura dei reattori autofertilizzanti.

Ma i potenti interessi economici e politici che ruotano intorno al nucleare
non si sono quietati e, nei venti anni trascorsi, anche in Italia si sono
fatte sentire, prima timidamente, poi sempre più rumorose, le voci di coloro
che chiedono la resurrezione di una tecnologia ormai dovunque agonizzante.


Le centrali nucleari non sono pulite


Gli avvocati del nucleare fanno notare che le centrali elettro-nucleari non
immettono nell'atmosfera l'anidride carbonica responsabile dell'"effetto
serra". E' vero che dobbiamo fare i conti con le modificazioni climatiche
dovute alla crescente immissione nell'atmosfera dell'anidride carbonica che
si libera nella combustione di crescenti quantità di combustibili fossili:
ogni anno circa 10 miliardi di tonnellate di carbone, petrolio e gas
naturale; ogni anno oltre 25 miliardi di tonnellate di anidride carbonica
finiscono nell'atmosfera.

Ma la soluzione non è certo offerta da un nuovo crescente ricorso
all'energia nucleare perché essa, se non provoca immissione di "gas serra"
nell'atmosfera, comporta però pericoli e danni ambientali ben più gravi
nelle fasi di funzionamento dei reattori e di trattamento e sepoltura dei
prodotti di fissione e di attivazione, le code avvelenate di tutto il ciclo
nucleare. Come è ben noto, i reattori nucleari commerciali, quelli che
producono elettricità (oltre quattrocento nel mondo) sono alimentati, quasi
dovunque, da uranio, separato dai suoi minerali, con formazione di grandi
quantità di scorie (anche se poco radioattive), un problema che riguarda
Canada, Russia, Niger, Cina, Australia, e pochi altri paesi.

Prima di entrare nei reattori e generare elettricità l'uranio viene trattato
in impianti che separano la parte "fissile" (l'uranio-235, quello che
fornirà l'energia nel reattore) da un residuo, anch'esso (sia pure poco)
radioattivo. Ma anche per questo uranio "impoverito" (dell'isotopo 235) le
fertili menti degli ingegneri hanno trovato un "mercato" come materiale
durissimo e resistente per corazze di carri armati o per proiettili e
missili, con l'unico "inconveniente" che quando tali proiettili urtano
l'obiettivo nemico si incendiano e la finissima polvere di ossido di uranio
si sparge sul terreno, e lì resta per secoli con la sua radioattività.

Durante la liberazione di energia dall'uranio si formano i "prodotti di
fissione", atomi di elementi comuni --- cesio, stronzio, iodio --- in una
forma, però, che emette radioattività per anni o per decenni o secoli e che
sono facilmente assorbiti da vegetali e animali e quindi anche dagli esseri
umani, nel cui corpo continuano a emanare radioattività. Al fianco di questi
"frammenti", si formano altri elementi radioattivi come il plutonio e altri
transuranici e i prodotti "di attivazione" dei materiali del reattore,
sottoprodotti pericolosi e tossici, dal punto di vista della salute umana e
della natura.

A questo punto l'uranio, accompagnato dai "prodotti di fissione", dal
plutonio e da altri elementi transuranici radioattivi può essere conservato
come tale dentro i "tubi" estratti dal reattore nucleare dopo alcuni anni di
funzionamento. Questi "elementi di combustibile", pur essendo pieni di
materiale radioattivo, possono essere sepolti, sia pure con grandi
precauzioni per evitare che vengano, nei futuri secoli, a contatto con acqua
o esseri viventi, e con speciali accorgimenti per smaltire il calore che si
libera continuamente per decadimento radioattivo degli atomi contenuti al
loro interno.

Ma per i potenti affari che circolano intorno al nucleare questo è uno
spreco, perché il plutonio si può "vendere bene" alle imprese che fabbricano
bombe atomiche, e anche come materiale fissile per altri reattori
commerciali. A condizione che il plutonio venga separato chimicamente
dall'uranio, dai "prodotti di fissione" e da altri prodotti radioattivi
mediante complicati processi chimici industriali che hanno subito, nel corso
degli anni, incidenti con perdite di radioattività nell'ambiente.

I "prodotti di fissione", gli elementi transuranici come il plutonio e i
prodotti "di attivazione" sono le vere e proprie "scorie radioattive". Ne
abbiamo anche in Italia e, oltre alle scorie dei nostri reattori, ne abbiamo
anche importate sotto forma del "combustibile irraggiato" del reattore
americano di Elk River, l'unico che funzionava sottoponendo a fissione una
miscela di uranio e torio; la soluzione era sbagliata e inefficiente tanto
che il reattore di Elk River funzionò solo dal 1963 al 1969 e fu poi chiuso.

I rifiuti nucleari (di terza categoria) sparsi per l'Italia hanno una
radioattività di oltre 7 milioni di gigabecquerel, equivalente a quella di
molti chili di radio.

Un gran girare di numeri contradditori: perché non ci dicono mai la verità,
lasciando aperta la porta al legittimo sospetto che chi ha le informazioni,
per minimizzare la paura del "popolo", ci prenda sempre in giro ? Ci sono
state perdite di radioattività sul suolo, scarichi nel mare? Quale è la
condizione dei contenitori ? Ci sono corrosioni e pericoli di fughe ?

D'altra parte dove si possono mettere, correttamente, i prodotti di fissione
e le scorie radioattive che sono gli inevitabili sottoprodotti di qualsiasi
reattore nucleare ? La domanda è senza risposta. Alcuni propongono di
trasformarli in materiali vetrosi da seppellire in caverne rigorosamente
isolate dal contatto con l'acqua e con gli esseri viventi, continuamente
ventilate per eliminare il calore e la radioattività. Le proposte di
utilizzare simili caverne a Yucca Mountain o a Carlsbad negli Stati uniti o
a Gorleben in Germania non hanno finora avuto successo.

Senza contare che attentati terroristici, atti di guerra, incidenti dovuti a
disattenzione nei depositi di scorie radioattive possono avere conseguenze
planetarie. Una sola esplosione in un limitato deposito di scorie
radioattive nell'Unione Sovietica, a Celiabinsk, nel 1957 ha reso sterili
migliaia di ettari di territorio e provocato tumori fra la popolazione
vicina. Chi protesta e chi deve fare scelte di interesse pubblico farà bene
a leggere il libro di Medveded, "Disastro atomico in URSS", proprio
sull'incidente alle scorie radioattive di Celiabinsk.

Alcuni propongono di seppellire le scorie radioattive nel fondo degli
oceani; altri di caricarli su razzi da spedire nello spazio. La fantasia e
sconsideratezza umana non hanno confini, come dimostra il fatto che, per
decenni, francesi, inglesi, russi e americani, senza andare tanto per il
sottile, e per risparmiare soldi, hanno versato le soluzioni di queste
"scorie" radioattive, allo stato liquido, nel Mediterraneo e negli oceani,
con effetti biologici di cui forse ci accorgeremo in futuro.

Infine c'è un traffico internazionale, per terra, per mare, con aerei, di
combustibile nucleare irraggiato, di "prodotti di fissione" alla ricerca di
qualche discarica, di plutonio, ricercato da possibili clienti --- paesi
dittatoriali, criminalità organizzata, terroristi, affaristi che speculano
sull'ignoranza --- per avventure di bombe atomiche o a fini di ricatto.


L'energia nucleare non è economica


L'energia nucleare non solo non è sicura né pulita ma non è neanche
economica: non è vero che il costo aziendale dell'elettricità nucleare è
inferiore a quello dell'elettricità ottenuta da altre fonti, come appare se
si effettuano correttamente i calcoli, includendo i costi dello
smantellamento delle centrali nucleari, alla fine della loro vita utile, i
costi di sistemazione, nel lungo periodo, del combustibile nucleare
irraggiato e delle scorie radioattive.

L'ultimo apparente punto di forza degli avvocati dell'energia nucleare
consiste nel presentare questa fonte di energia come l'alternativa al
possibile esaurimento delle riserve --- non certo illimitate --- di
combustibili fossili, soprattutto idrocarburi.

L'alternativa va cercata altrove: in una revisione dei consumi energetici ed
elettrici --- in una revisione dei modelli consumistici e merceologici
dell'umanità --- e in un crescente ricorso alle fonti energetiche
rinnovabili. Tale revisione e transizione richiede ricerche scientifiche di
base, innovazioni tecniche e attività manifatturiere su una scala senza
precedenti, tali da innescare un eccezionale aumento dell'occupazione, sia
nei paesi industriali, sia in quelli del Sud del mondo.

Il giorno in cui ci si deciderà, nel mondo, ad abbandonare l'uso
dell'energia nucleare, inoltre, si dovrà cominciare ad affrontare i
giganteschi problemi scientifico-tecnici della sistemazione del combustibile
irraggiato e dei materiali radioattivi formatisi nelle attività passate;
dello smantellamento delle centrali e dei reattori nucleari ancora
esistenti, tutte operazioni che richiedono crescenti conoscenze, innovazioni
e attività e l'impegno di decine di migliaia di specialisti nel campo della
fisica, chimica, biologia, ingegneria.

Ma nel frattempo come possiamo evitare nuove catastrofi ? Occorre rendersi
conto che gli effetti devastanti delle catastrofi dipendono dalle condizioni
sociali e politiche che consentono alla tecnologia di sfuggire ai controlli
umani e collettivi. Tali condizioni sono rappresentate dal potere e
dall'arroganza dei produttori, dalla complicità fra potere economico e
governi, dalla debolezza o inesistenza di una cultura popolare nei confronti
dei processi tecnico-scientifici, produttivi, merceologici, della società
moderna.

I grandi mezzi di comunicazione parlano di tutto, fuorché delle poche cose
importanti della vita moderna: come sono fatti gli oggetti e le merci --- e
l'energia e l'elettricità sono fra le merci più pervasive che si
conoscano --- dove e da chi vengono fabbricati, come sono controllati. E non
c'è da meravigliarsene perché i mezzi di comunicazione sono per la quasi
totalità controllati dal potere politico-affaristico, dai fabbricanti e
venditori di merci che inducono i "consumatori" ad acquistare le merci
parlandone attraverso la pubblicità che ha raggiunto vette incredibili di
banalità e tende ad escludere qualsiasi informazione su che cosa le merci
sono e come sono fatte. La scuola e l'Università sono in genere assenti
nella diffusione di una cultura popolare e critica sulle innovazioni e sulla
produzione.

Val la pena di continuare una corsa verso merci che portano verso il nulla,
o proviamo a cominciare a chiederci --- e a spiegare --- che cosa
produciamo, che cosa succede dentro la centrale o la fabbrica che troviamo
vicino al nostro paese, che cosa acquistiamo, a che cosa servono le merci
che spesso hanno un così elevato contenuto di violenza ?

Scopriremmo, così, che un controllo pubblico degli atti dei governanti e
degli imprenditori, oltre a ridurre le morti e i danni umani, diventa un
formidabile stimolo per l'innovazione, la ricerca scientifica, per nuovi
processi e per merci meno violente, capaci di soddisfare, molto meglio delle
merci attuali, l'unica cosa che conta, i bisogni umani, che comprendono
anche la sicurezza, il diritto alla vita, la dignità. E su questa strada non
c'è posto per l'energia nucleare.
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com



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