I MAISCOLTORI VENETI ROVINATI DALLA CONCORRENZA SUDAMERICANA E DELL'EST



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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I MAISCOLTORI VENETI ROVINATI DALLA CONCORRENZA SUDAMERICANA E DELL'EST.
«Dalla Romania arriva mais a cinque euro al quintale, dal Brasile e
dall'Argentina a sette euro»
(F.P.) Vent'anni di prezzi omogenei.
Il Polesine "granaio d'Italia", come veniva definito nella prima metà del
secolo scorso, non aveva mai dato segni di cedimento così evidenti. «Invece
è da un anno che ci pagano anche sei euro in meno per quintale», esordisce
Danilo Pigato, presidente del consorzio cerealicolo "San Martino di
Venezze".
Perché?
«Le importazioni dall'Est Europa ci fanno una concorrenza spietata. Stanno
rovinando il mercato. Se continua così rischiamo di trovarci alla prossima
campagna col 40\% di cereali ancora in magazzino. Il fatto è che a noi
chiedono qualità, niente ogm, controlli sul prodotto e tracciabilità. Ma da
là arriva di tutto. Come possiamo garantire il nostro prodotto dal campo
alla trasformazione se poi va mischiato con la roba che arriva dall'Est?».
«Ma la qualità sarà la nostra unica arma in futuro - fa eco Carlo Stocco,
direttore del consorzio Maiscoltori di Villadose - Grandi aziende come
Cerestar e Amadori ci chiedono tracciabilità ed effettuano controlli
accurati personalmente. Solo i liberi commercianti rischiano di andare fuori
mercato».
Stocco spiega che è dal 1992 che si sapeva che i prezzi del mais con la Pac
sarebbero crollati. «Mi risulta che dalla Romania arrivi mais a cinque euro
al quintale. Dal Brasile e dall'Argentina a sette euro».
Chi è a diretto contatto con la crisi sono i produttori. «Il calo dei prezzi
lo sente chi ha il frumento in magazzino perché non trova a chi venderlo -
aggiunge Roberto Branco, coltivatore dell'Altopolesine - L'unica speranza è
un'inversione di tendenza, ma credo che il prezzo non risalirà più. Noi
comunque siamo troppo divisi e senza programmazione. Dovremmo fare come in
Francia dove c'è un'unica grande cooperativa di produttori».
Rimane controversa anche l'opzione sulla tracciabilità che per Dario
Nicolin, presidente della coop di Villadose, «sta caricando di costi
l'azienda con regole rigide solo per i coltivatori locali». Segno della
crisi è l'esempio che porta in campo Stocco: «Dieci anni fa con un quintale
di mais si pagavano tre quintali di urea, uno dei concimi più comuni. Oggi
servono tre quintali di mais per comprare un quintale di urea».
Della contrazione dei prezzi dovrebbero godere interi settori come quello
zootecnico. «Non è così semplice - spiega Domenico Zanotto, allevatore di
Buso - Il prezzo basso dei mangimi rischia di corrispondere anche a bassa
qualità del prodotto. Io cerco la qualità e punto sulla programmazione. Sono
capisaldi che alla lunga pagano sempre».
L'analisi dei numeri chiarisce meglio i problemi.
«Per una produzione di 100 quintali a ettaro si ricavano poco più di mille
euro - spiega Stocco - 400 euro se ne vanno in semine, altrettanti in
servizi e lavorazioni, 100 euro di spese d'azienda e tasse. Restano 100
euro. Senza i 450 euro della Pac non ci si vive. E senza contare che da due
anni nessuno fa più di 75 quintali per ettaro».
Il gazzettino, 10 febbraio 2005
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