E' uscito Senza Censura N.20 - luglio 2006



Sommario del N.20 di Senza Censura

Editoriale

  * EDITORIALE


Strategie della Controrivoluzione

  * USA E IRAN PRONTI A NEGOZIARE SULL'IRAQ
  L'operazione "Swarmer" a Samarra, cortina di fumo del fracasso militare 
statunitense in Iraq

  * SCHEDA - L'IMPLICAZIONE MILITARE DIRETTA SIONISTA IN IRAQ

  * LO STERMINIO ALLE RADICI
  La liquidazione della cultura irachena di ieri e di oggi

  * FINO ALLA VITTORIA!
  La lotta del popolo palestinese e la criminalizzazione del suo sostegno

  * SOLIDARIETÀ AD AHMED SAADAT
  Due interventi del Segretario Generale del FPLP

  * CONFERENZA DEL CAIRO
  Campagna Popolare a sostegno della Resistenza in Palestina e in Iraq, 
contro la globalizzazione

  * SCHEDA - ESERCITAZIONE SPRING FLAG

  * SOLIDARIETÀ ALLA PALESTINA
  Due comunicati del Coordinamento Palestina di Milano

  * COMUNICATO - VITTIME DI GUERRA: APPELLO PER NABIL BENATTIA

  * COMUNICATO - MANIFESTAZIONE NAZIONALE A DECIMOMANNU

  * AFGHANISTAN TRA RESISTENZA E OCCUPAZIONE
  Le strategie degli occupanti e l'iniziativa dei resistenti


Ristrutturazione e Controllo

  * CONTRO IL G8, PER UNA SINISTRA EFFICACE
  Come lavora la sinistra antagonista in Germania

  * SCHEDA - RESOCONTO SULLA "CONFERENZA DI SICUREZZA"

  * NO ALL'ISOLAMENTO CARCERARIO
  La necessità di non tacere davanti alla tortura psicologica e 
all'annientamento dei/delle prigionieri/e

  * CONTRO LA TORTURA DEMOCRATICA
  Appello per il diritto alla vita di Diana Blefari

  * LETTERA DAL CARCERE DI NADIA LIOCE

  * COMUNICATO - GIORNATA INTERNAZIONALE DEI PRIGIONIERI POLITICI

  * PRIMO MAGGIO IN ARGENTINA
  Per cominciare a mettere qualche dito negli occhi della nostra sinistra 
imperialista

  * I NOSTRI ULTIMI 20 ANNI
  Appunti per un'analisi e il rilancio dell'iniziativa di lotta nel 
settore metalmeccanico (parte prima)

  * SCHEDA - CRACK PARMALAT: UN SITO DI CONTROINFORMAZIONE


Repressione e Lotte

  * RIVOGLIAMO I LICENZIATI!
  Sosteniamo i ferrovieri in lotta per la sicurezza

  * BANDITI A MILANO...
  Lettera aperta di alcuni antifascisti dell'11 marzo a Milano

  * PER UN BILANCIO POLITICO DELLA CAMPAGNA CONTRO L'ART. 270 E TUTTI I 
REATI ASSOCIATIVI
  Relazione introduttiva dell'assemblea nazionale del 20 maggio

  * COMUNICATO - DALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DI FIRENZE

  * UN BAVAGLIO PER IL DHKC
  la "Giustizia" belga si adegua alle direttive dell'UE

  * COMUNICATO - BAHAR KIMYONGUR ARRESTATO IN OLANDA

  * CONTRO IL TAV: NO ALLA NEGOZIAZIONE
  Sulla lotta contro il TAV nel Paese Basco

  * ETA SI È ARRESA?
  Sui recenti passaggi della storia politica basca

  * E LA CLASSE SI DIFENDE... (CRONOLOGIA RAGIONATA)



EDITORIALE

Nelle nostre discussioni, in Redazione ma anche in ogni occasione di 
confronto che ci capita al di fuori di essa, emerge costantemente un 
disorientamento generalizzato sulla prospettiva del lavoro politico che 
viene fatto e su come impegnare con profitto le poche energie a 
disposizione, “quel per chi e per cosa” che sembra accompagnarci giorno 
per giorno.
Eppure, ormai sembra talmente chiaro il quadro, sono tali e tante le 
ingiustizie, le prevaricazioni, le violenze che vediamo tutti i giorni sia 
sul piano locale che su quello nazionale ed internazionale, che trovarsi 
in difficoltà sul che fare sembra un controsenso, sembra disorientarci 
ancora di più.
E’ come se ci fosse un vuoto, un buco, tra la più semplice esigenza di 
miglioramento presente nella coscienza di ognuno di noi, fatta di 
giustizia, di solidarietà, di uguaglianza, di dignità, e la realtà dentro 
a cui viviamo e che fatichiamo a smuovere, a contaminare, a trasformare.
Eppure non è una questione di numeri: sono tantissimi, siamo convinti di 
questo, i compagni e le compagne impegnati/e ogni giorno in tantissime 
attività, più o meno rilevanti, più o meno visibili, ma certamente 
caratterizzate dalla stessa voglia di trasformazione, dalla stessa 
insofferenza per l’oppressione soffocante di un sistema che lascia sempre 
meno spazi fuori dal suo controllo. Compagni, militanti politici, 
proletari, lavoratori, precari, disoccupati, studenti, madri, padri, 
immigrati, prigionieri, sfruttati… quanti siamo? Tantissimi, ognuno che 
combatte la sua battaglia di resistenza fin dove può, fin dove riesce, 
ogni giorno.
E solo ogni tanto, sembra quasi per incanto, tutte queste diversità si 
incrociano, riconoscendosi in qualche grande momento di piazza su temi 
unificanti, senza che nessuno riesca a rappresentarle e ad organizzarle, 
senza riuscire a rappresentarsi ed organizzarsi, per poi tornare 
nuovamente a sciogliersi in mille rivoli, lasciando di solito i più 
diversi ceti politici a disputarsi qualcosa di ormai dissolto.
Oppure altre volte sono singole lotte, specifiche contraddizioni che 
sfuggono al controllo di tutti, magari grazie al lavoro di pochi militanti 
e alla grande incazzatura di molti, e richiamano a sé l’attenzione di 
tutti per la forza, l’energia, l’originalità che sprigionano.
Indipendentemente dagli esiti e dal carattere resistenziale delle singole 
esperienze, a nostro avviso rappresentano sempre salti in avanti che 
definiscono delle soglie di autonomia importanti.
Questa è la caratteristica comune a tutte queste esperienze (e ce ne sono 
state diverse in questi ultimi anni): avere rotto le soglie di 
compatibilità stabilite e avere costretto la controparte all’inseguimento.

Le difficoltà descritte all’inizio non pensiamo nemmeno possano essere 
semplicemente ridotte al fatto che la controparte è troppo forte. Certo, 
più forte di noi lo è sicuramente, è ovvio. Ma non così forte da riuscire 
a risolvere le proprie contraddizioni, né da riuscire a mascherarle. Non è 
solo convinzione ideologica (sono tanti anni che il saggio di profitto 
cade, tendenzialmente…): è la realtà che ci dimostra ogni giorno il 
fallimento economico e sociale del sistema del profitto. La loro forza 
sono costretti ad impegnarla tutta per far continuare a girare il sistema 
e, sempre di più, per difenderlo. Ma ognuno di noi sa, capisce, vive sulla 
propria pelle questo loro fallimento.
Un fallimento che non può meccanicamente generare il superamento stesso 
del sistema attuale. La controrivoluzione ha determinato un pensiero 
comune nella classe molto diverso da quello che ha contraddistinto il 
fervore e la grande dinamicità dei cicli di lotta passati. Cicli di lotta 
sviluppatisi all’interno di fasi di accumulazione, dove la prospettiva, il 
sentire comune, era rappresentato da una visione di miglioramento 
possibile delle proprie condizioni di vita. Ben diverso dall’oggi dove 
pare prevalere, forse anche giustamente, una visione ben più pessimistica, 
rappresentata dal rischio di peggiorare, di cadere ancora più in basso 
nella scala sociale, di perdere quel poco che in passato è stato possibile 
raggiungere. E così l’arroccamento, la incosciente ma inesorabile 
partecipazione alla difesa della fortezza con la speranza che questa 
rappresenti la difesa stessa dei propri interessi.

Dal nostro punto di vista il grosso problema è un altro.
C’è un tumore, che cresce da molti anni, e che si propaga, si diffonde 
sempre più vicino a noi, come una metastasi. Un tumore che toglie energia 
alla nostra rabbia, che limita la nostra prospettiva e che diventa uno 
strumento sempre più importante ed efficace nelle mani del nemico.
Questo tumore è il riformismo.
Anche in questo caso non ci riferiamo ad un concetto astratto, ideologico, 
ma a qualcosa di ben presente ed identificabile.
Ci riferiamo ad un quadro politico, quello della sinistra istituzionale, 
di tutta la sinistra istituzionale, che negli ultimi trent’anni ha 
suicidato la più grande organizzazione popolare a livello europeo, il PCI, 
in cambio di uno sdoganamento istituzionale che gli ha consentito di 
andare al governo e di coprire le più alte cariche dello Stato.
Un quadro politico che ha smantellato scientificamente ogni forma di 
organizzazione di classe, sterilizzandone ogni spinta propulsiva ed 
annichilendola nella più becera burocrazia.
Un quadro politico che ha contribuito fattivamente, con il proprio 
progressivo e complice arretramento, allo smantellamento di tante 
conquiste economiche e politiche in ogni campo della vita sociale di 
questo paese.
Un quadro politico che, in questi anni di difficoltà e di arretramento, ha 
imposto il proprio piano di prospettiva come l’unico possibile e ha 
trascinato nella propria ambigua strategia di “opposizione”, migliaia di 
quadri politici di base, togliendo loro progressivamente qualsiasi 
tensione all’autonomia e trasformando ogni “sicuro riparo” dalle 
intemperie, in trappole letali.
Un quadro politico responsabile, tutto, di aver istituzionalizzato questo 
ruolo di “opposizione” e di aver contribuito negli ultimi anni, anche 
attraverso un becero ed estenuante dibattito sulla violenza e sulla 
legalità, a collocarlo all’interno di un sistema, quello bipolare, che non 
lascia spazio ad alcuna reale opposizione. Un bipolarismo che non può e 
non deve essere visto unicamente come interno allo scontro borghese ma che 
agisce inesorabilmente in chiave controrivoluzionaria su tutta la classe e 
la sua soggettività.
Una situazione generale in cui le stesse esperienze più avanzate di lotta 
e il loro agire nella ricerca di una prospettiva di superamento, rischiano 
di andare a determinare il mantenimento del sistema stesso se non tendono 
verso un chiaro ed inesorabile percorso di rottura nei confronti del 
riformismo, limitando invece il proprio intervento a dove le precedenti 
risposte borghesi alla crisi (e/o la gestione delle contraddizioni) 
dimostrano i propri limiti, rischiando di “togliere loro le castagne dal 
fuoco”.
In una frase, la critica al sistema se ha come unica prospettiva il 
sistema stesso, diventa sempre funzionale unicamente al suo mantenimento e 
alla sua riproduzione.

Ma lo abbiamo già detto: nonostante loro è un sistema che cigola.
Non lo diciamo per convinzione fideistica, ma perché noi siamo certi che 
le tante scintille di autonomia che abbiamo registrato in questi anni 
siano tutt’altro che spente, e vengono invece alimentate ogni giorno dalla 
pesantezza delle contraddizioni sociali ed economiche che questo sistema 
impone.
Noi dobbiamo soffiare sul fuoco.
Questo deve essere il nostro piano di prospettiva, in questa direzione va 
investito il nostro lavoro politico, questo dev’essere il metro di misura 
con il quale verifichiamo l’utilità del nostro intervento.
Ma anche in questo caso non possiamo affidarci a facili meccanicismi 
sperando in una autodistruzione del sistema stesso o meglio non valutando 
la possibilità che la sua degenerazione sia una scelta obbligata per il 
suo stesso mantenimento, e quindi “governata” con decisione.
Ci troviamo quindi nella condizione di dover affrontare la responsabilità 
di trovare la strada, di indicarla e provare a percorrerla, verificando, 
definendo di volta in volta un bilancio serio e costruttivo per l’avanzamento.
E’ fondamentale in ogni esperienza, piccola o grande che sia, tentare di 
forzare i limiti, le compatibilità, determinare delle rotture, dei salti 
in avanti. Non tanto nella forma, ma nella sostanza! Invertire, insomma, 
questa tendenza che oggi pare, al contrario, essere fatta di continui 
arretramenti, di continue rinunce, di continui compromessi, di continue 
“legalità”…
Certo, questo lavoro va fatto con intelligenza, senza inutili “estremismi” 
o scorciatoie: il criterio di base che deve muovere ogni militante è 
cercare di salvaguardare sempre, nel rispetto delle diversità, l’unità e 
la solidarietà.
Combattere l’opportunismo è possibile, ma solo se nel contempo si 
ricostruisce una pratica e una cultura di solidarietà e di complicità che 
ci sostenga negli errori che inevitabilmente verranno commessi nel cammino 
e che ci preservi dagli inesorabili attacchi che subiremo e che subirà, 
come stiamo vedendo negli ultimi mesi, ogni esperienza che sceglie di 
muoversi fuori da queste compatibilità blindate.


Pensiamo che l’attuale fase imponga un dibattito franco e serrato di 
bilancio sulle esperienze di lotta che si sono sviluppate negli ultimi 
anni ed una riflessione sui percorsi politici intrapresi dai compagni, con 
il fine di mettere al centro del rilancio dell’iniziativa politica di 
orientamento rivoluzionario la questione della prospettiva, del metodo e 
del contenuto della pratica in un paese del centro imperialista come l’Italia.
Senza una discussione adeguata è impensabile fare dei passi in avanti che 
affrontino l’annosa questione del perché tutti abbiamo il fiato corto in 
una realtà che per quanto sembra gravida di contraddizioni esplosive, 
rischia di essere sempre più manchevole di ossigeno.
Non ci sentiamo orfani di nessuna istanza politica organizzata precedente, 
né naufraghi nell’isola salvifica della politica istituzionale su cui vige 
il protettorato della Sinistra, ma il “navigare a vista in un mare in 
tempesta” non ci ha ancora fatto gettare la bussola ai flutti.
Certamente non ci possiamo limitare a criticare gli errori altrui, 
attribuendogli la responsabilità della nostra scarsa capacità incisiva e 
costruttiva.

L’internità ai presenti e futuri movimenti politico-sociali, contribuendo 
allo sviluppo di una visione complessiva dello scontro, di un metodo di 
lavoro che non deleghi ad alcuna forza istituzionale o para-istituzionale 
la costruzione della propria autonomia, di una sedimentazione di 
esperienze organizzative in grado di perdere il carattere esclusivamente 
locale e transitorio (come quelle che si danno naturalmente i proletari 
durante una lotta specifica) è di vitale importanza per porre le 
fondamenta per uno sbocco realmente incisivo della pratica rivoluzionaria.
I passi in avanti del movimento reale devono essere potenzialmente dei 
punti di non ritorno, in cui il prodotto dello scontro serva a sedimentare 
e ad accelerare delle dinamiche di polarizzazione politico-sociale, se non 
si vuole avanzare rapidamente per ripiegare altrettanto velocemente 
lasciando al nemico maggiore spazio di quello che si è riusciti a 
conquistare.
Il lavoro di costruzione di punti di riferimento per la classe, sempre più 
cosmopolita e precaria anche nel nostro paese, non deve rimandare la 
questione dell’organizzazione oltre la linea dell’orizzonte perscrutabile 
né d’altra parte si deve illudere di formalizzare nell’immediato l’ 
“Organizzazione” dei rivoluzionari.
“Attendismo” e “immediatismo” sono due soluzioni opposte e speculari che 
cercano di risolvere un problema reale: ma né unicamente lo sviluppo delle 
contraddizioni oggettive, né unicamente lo sviluppo della volontà 
soggettiva, lo risolvono. Pensiamo che il processo rivoluzionario sia 
piuttosto una lotta di lunga durata che fa proprie, nel suo superamento, 
il patrimonio di vittorie e di sconfitte di coloro che hanno dato l’ 
“assalto al cielo”, così come il peso reale della controrivoluzione 
preventiva all’oggi.
Ma nel lavoro di costruzione siamo ancora un gradino sotto; forse perché è 
necessario ancora scandagliare i processi di formazione di coscienza del 
proletariato oggi e la costruzione di una identità rivoluzionaria adeguata 
alla complessità del reale, per potere chiarire il rapporto in divenire 
tra il soggetto sociale di riferimento e i compagni che si muovono nella 
direzione della trasformazione radicale degli attuali rapporti sociali.
Le contraddizioni diventano sempre più omogenee e la porzione 
multinazionale della classe è sempre più il ponte di comunicazione tra i 
bisogni espressi dal proletariato della periferia integrata e quello della 
metropoli.
La guerra al terrorismo a tutto campo condotta dall’imperialismo non dà 
tregua in questo senso alla possibile saldatura tra i due fronti dal punto 
di vista soggettivo, alimentando la barbarie delle guerra di tutti contro 
tutti nel centro dell’Europa come nei paesi che occupa militarmente, anche 
se, è sempre bene ricordarlo, c’è una differenza qualitativa importante 
tra la guerra guerreggiata, la guerra a bassa intensità e le strategie di 
controllo sociale nella metropoli: anche se sempre più si intrecciano e 
sono chiamati ad agirla gli stessi soggetti.
E’ necessario superare l’euro-centrismo e lo sciovinismo metropolitano ad 
esso connesso, “imparando ad imparare” dai movimenti del “primo mondo” 
così come dalle lotte dei popoli del tricontinente, per riaffermare 
sempre, in ogni momento di resistenza, la distanza, se possibile l’inimicizia, 
da questo sistema e da tutti i suoi sostenitori.

Buon lavoro a tutti/e!

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