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Notizie Est #276 - Kosovo



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #276 - KOSOVO
5 novembre 1999
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KOSOVO: DISILLUSIONE CINQUE MESI DOPO LA FINE 
DELLA GUERRA
di C. Ct. - ("Le Monde", 2 novembre 1999)

**Mancanza di mezzi, mancanza di personale, un 
mandato politicamente ambiguo e l'ostilita' 
latente dei rappresentanti locali dell'UCK: la 
Missione delle Nazioni Unite (UNMIK), diretta da 
Bernard Kouchner, rischia oggi di perdere un 
credito che si era largamente conquistata al 
momento della sua installazione.**

"Non e' una cosa scontata installare un governo 
internazionale in una regione in cui l'attivita' 
sotterranea e' intensa da anni", ammette Deniss 
McNamara, capo dell'Alto Commissariato ONU per i 
Rifugiati (UNHCR) a Pristina, capoluogo del 
Kosovo. "Dobbiamo imporci stando attenti a non 
essere percepiti come un'amministrazione 
coloniale", ha avvertito un alto ufficiale della 
KFOR. A quasi cinque mesi dalla fine della 
guerra in Kosovo, l'azione della Missione 
Temporanea delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK) 
si scontra con pesanti difficolta', legate 
principalmente ai problemi finanziari, 
all'ambiguita' del suo mandato e al doppio gioco 
degli albanesi che tende a un solo obiettivo: 
l'indipendenza.

DIFFICOLTA' POLITICHE
Secondo la risoluzione 1244 del Consiglio di 
Sicurezza, l'UNMIK e' onnipotente. Questa 
amministrazione provvisoria (circa 2500 persone) 
comprende quattro "piloni", alla cui testa si 
trova Bernard Kouchner. All'Organizzazione per 
la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) 
e' stato affidato il pilastro della "costruzione 
delle istituzioni democratiche"; all'UNHCR gli 
"affari umanitari"; all'Unione Europea, la 
"ricostruzione" della provincia; e alle Nazioni 
Unite l'"amministrazione civile". "Disponiamo di 
tutti i poteri legislativi, esecutivi, 
giudiziari e di un diritto di supervisione sui 
media", ricorda Alain Le Roy, uno dei cinque 
amministratori regionali, i "superprefetti" che 
dirigono, a nome dell'UNMIK, i distretti di 
Pristina, Pec, Mitrovica, Prizren e Gnjilane. 
Tutto questo, per quanto riguarda la teoria.

Nella pratica, e' una battaglia quotidiana, 
alimentata dall'ambiguita' della risoluzione 
1244. "Essa ci chiede di amministrare il Kosovo 
come parte della Repubblica Federale Jugoslava, 
ma gli amministrati (albanesi) chiedono 
quotidianamente l'indipendenza", si e' 
recentemente lamentato il segretario generale 
dell'ONU, Kofi Annan. Un concetto che un altro 
funzionario formula in maniera diversa: "come 
costruire una democrazia in Kosovo quando il 
contesto territoriale non e' definito e 
l'avvenire della provincia non e' stato fissato? 
Gli albanesi si sono battuti per la loro 
indipendenza. Noi non offriamo loro che un 
surrogato: l''autonomia sostanziale'".

LA "CANTONIZZAZIONE DI FATTO" DELLA PROVINCIA. 
AMBIGUITA' DEL MANDATO E AMBIGUITA' DEI PRINCIPI.
Il concetto della multietnicita' della 
provincia, difeso dalla comunita' 
internazionale, e' attualmente un'illusione. 
Nella citta' divisa di Kosovska-Mitrovica, 
l'UNMIK non e' stata capace di imporre un 
ospedale misto o di risistemare gli albanesi nel 
quartiere nord controllato dai serbi. Non solo 
la mescolanza etnica, ma nemmeno una 
coabitazione pacifica sembrano essere 
all'orizzonte. Secondo un rapporto pubblicato il 
30 ottobre da Belgrado, 267 non albanesi del 
Kosovo sono stati uccisi dopo l'entrata della 
KFOR. In privato, l'UNMIK riconosce che 
raggruppare i serbi rimasti sul posto (da 50.000 
a 100.000 persone) sarebbe il solo modo di 
evitare loro gli atti di vendetta degli 
albanesi. Affermando che la comunita' 
internazionale non e' riuscita a proteggerli, i 
serbi boicottano il Consiglio di transizione 
presieduto dall'UNMIK. I ponti sono quindi 
saltati e si sta assistendo a una 
"cantonizzazione di fatto" della provincia.

Oltre ai problemi finanziari, se l'UNMIK ha 
difficolta' a imporsi e' anche perche' il 
diavolo si nasconde nei dettagli. In virtu' dei 
tredici decreti adottati fino a oggi, la 
Missione si e' arrogata il diritto di emettere 
nuove targhe automobilistiche, ha sancito 
l'utilizzo del marco tedesco come moneta 
ufficiale, ha regolamentato il commercio dei 
prodotti petroliferi, ha lanciato una richiesta 
di offerte per riorganizzare i servizi di 
telecomunicazione... Ma non consegna nuovi 
documenti di identita', certificati di 
matrimonio o di morte, licenze per aprire 
un'attivita' commerciale o per costruire una 
casa, cosi' come non riscuote nemmeno tasse... 
Le "autorita' locali" albanesi, non riconosciute 
internazionalmente, si intrufolano in queste 
brecce per prendere delle iniziative e 
guadagnare cosi' i favori della popolazione.

"Come mettere in piedi un'amministrazione quando 
non siamo capaci di pagare i salari di un numero 
di funzionari kosovari compreso tra 50.000 e 
60.000?", domanda un amministratore locale. 
Professori e dipendenti del settore sanitario si 
sono cosi' messi in sciopero. Altri, 
incoraggiati dalle "autorita'" albanesi, 
rifiutano le somme versate dall'UNMIK, giudicate 
irrisorie (circa 150 marchi al mese per un 
medico). Alla fine di luglio, Kofi Annan aveva 
chiesto che l'UNMIK potesse disporre di un 
bilancio proprio di 200 milioni di dollari (150 
milioni sono stati promessi dai donatori). "A 
meta' ottobre, solo 37 milioni erano entrati 
nelle nostre casse", constata un alto 
funzionario dell'ONU. A piu' riprese, sia 
Kouchner che Annan hanno battuto cassa, ma senza 
successo, fino a oggi. E, in assenza di un 
sistema fiscale, che e' allo studio, non sono 
certo i 10 milioni di dollari incassati sui 
primi dazi doganali che sono in grado di 
equilibrare il saldo.

IL VUOTO NEL CAMPO DELLA SICUREZZA
L'UNMIK riprende il timone di una nave 
abbandonata armi e bagagli sul greto appena dopo 
la partenza dai serbi, che avevano il controllo 
su tutto. "E' il vuoto assoluto: non vi e' piu' 
sistema giudiziario, ne' risorse, ne' controllo 
alle frontiere, ne' servizi pubblici, ne' 
catasto..." elenca il generale francese Jean-
Claude Thomann, numero due della KFOR. Anche nel 
caso della sicurezza, che e' oggetto di 
un'attenzione particolare, se si eccettuano 
rarissimi casi poliziotti, giudici e procuratori 
erano serbi. Sono stati i primi ad abbandonare 
il Kosovo dopo il 12 giugno. Le operazioni di 
polizia sono state affidate completamente ai 
militari occidentali, poco preparati a questo 
genere di compiti. Fino a oggi e' arrivata solo 
la meta' del contingente di 3.150 poliziotti 
dell'ONU. Il secondo elemento comporta la 
creazione di un'Accademia di polizia kosovara a 
Vucitrn. Il suo primo contingente - 200 uomini e 
donne, per la maggior parte albanesi - ha 
cominciato i corsi il 7 settembre. In dodici 
mesi dovranno essere stati formati alla bell'e 
meglio 3.000 poliziotti.

UNA GIUSTIZIA BALBUZIENTE
Fino a oggi, Bernard Kouchner e' riuscito con 
grandissima fatica a nominare quarantotto tra 
giudici e procuratori che, tuttavia non sanno 
piu' di tanto quali testi applicare. "Non vi e' 
piu' amministrazione giudiziaria, ne' 
identificazione delle persone, perche' le 
anagrafi sono state distrutte o asportate dai 
serbi. E' tutto da ricostruire", ammette Mario 
Bettati, un professore di diritto internazionale 
e consigliere presso Kouchner, che ha 
partecipato alla redazione della bozza di un 
progetto di codice penale. Teoricamente, le 
leggi jugoslave rimangono ancora in vigore, con 
l'eccezione dei casi in cui esse violano le 
norme internazionali. In un primo tempo dovranno 
essere oggetto di procedure solo i crimini piu' 
gravi.

UNA RICOSTRUZIONE RIMANDATA
Mentre l'inverno e' alle porte, nemmeno la 
ricostruzione sfugge alle critiche. I kosovari, 
che hanno assistito allo sbarco di ONG dal mondo 
intero (sono piu' di 300 quelle registrate 
presso l'UNHCR) speravano di vedere le loro case 
rapidamente ricostruite (120.000 danneggiate, di 
cui 78.000 gravemente). L'UNHCR risponde che "la 
situazione non e' catastrofica", ma che "il 
grosso dei lavori non comincera' che l'anno 
prossimo". A meta' ottobre, aveva distribuito 
7.000 tende riscaldabili e 30.000 kit d'urgenza 
(materiali d'isolamento, 
coperte...) rispetto ai 60.000 previsti. L'UNHCR si e' appellato agli albanesi, 
chiedendo loro di dare prova di solidarieta'.

Gli abitanti ricostruiscono quindi con i loro mezzi. L'UNMIK, per il momento, 
non ha ancora intrapreso alcuna ricostruzione. "Disponevamo di un incredibile 
credito presso la popolazione locale al momento del nostro arrivo. A causa 
della mancanza di mezzi, lo stiamo perdendo", si rammarica uno dei suoi alti 
funzionari.

C. Ct.


DISACCORDO SULLE ELEZIONI
La coordinazione degli organismi che fanno parte dell'UNMIK (UNHCR, ONU, UE, 
OSCE) non avviene certo senza senza problemi. "Ogni organizzazione ha la 
tendenza a rivolgersi alla propria sede, a Vienna, a New York o a Bruxelles, 
piuttosto che a noi", osserva un funzionario vicino a Bernard Kouchner. Il capo 
dell'UNMIK deve dunque combattere per riuscire a imporsi. Confermando le grandi 
manovre che si stanno svolgendo intorno alle elezioni, Kouchner si e' detto 
favorevole all'organizzazione di elezioni locali a partire dalla primavera del 
2.000. Tale voto permetterebbe alla comunita' internazionale di avere degli 
interlocutori locali legittimi e non "autoproclamati", come ora. L'OSCE, 
incaricata dell'organizzazione delle elezioni, rifiuta di garantire un voto che 
sarebbe "rapido, ma sporco". Essa si opporrebbe quindi all'effettuazione di un 
censimento della popolazione, che e' tuttavia una precondizione irrinunciabile. 
Molti albanesi hanno visto i propri documenti di identita' distrutti dalla 
polizia serba al momento della loro deportazione verso l'Albania e la 
Macedonia, e la maggior parte dei registri dell'anagrafe sono spariti.


IL KOSOVO NEL LIMBO
di Jim Hoagland - ("Washington Post", 4 novembre 1999)

PARIGI - Cinque mesi dopo essere stato liberato dal dominio serbo con le bombe 
della NATO, il Kosovo vive in un limbo politico ed economico premeditato. Il 
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta evitando di adottare decisioni 
sul Kosovo che vadano oltre le esigenze umane immediate di fronte al duro 
inverno balcanico ormai alle porte. Il futuro del Kosovo emergera' gradualmente 
piu' dagli sviluppi sul terreno nei mesi e negli anni a venire, che da un piano 
messo a punto in tempo reale da parte di uomini di stato seduti intorno al 
tavolo di una conferenza. Questo quadro viene dipinto dai funzionari delle 
Nazioni Unite - ivi incluso il Segretario Generale Kofi Annan - che hanno 
assunto il controllo del Kosovo come protettorato internazionale. Annan non 
cerca in alcun modo di giustificarsi per avere chiesto alla maggioranza etnica 
albanese del Kosovo di rimanere formalmente parte della Jugoslavia di Slobodan 
Milosevic, mentre stanno vivendo in una virtuale indipendenza. E' la 
risoluzione del Consiglio di Sicurezza che governa il Kosovo a creare questa 
fondamentale contraddizione, ammette Annan. Ma non sono solo i kosovari che 
vengono lasciati a mezz'aria dalla politica non ufficialmente ammessa dell'ONU 
di rimandare il piu' in la' possibile nel tempo le decisioni sullo sviluppo 
economico a lungo termine, sui diritti di proprieta' e su istituzioni politiche 
che coprano l'intero territorio del Kosovo. Le forze di pace della NATO in 
Kosovo avranno una grande difficolta' nell'orientarsi all'interno del groviglio 
di un Kosovo che esiste in una "terra di 
nessuno" legale ancora vulnerabile alla 
riconquista da parte dei serbi. Il primo 
ministro britannico Tony Blair e gli altri 
leader dell'alleanza hanno investito troppo 
prestigio nell'aiuto alla sopravvivenza del 
Kosovo la scorsa primavera, per lasciarlo 
crollare o essere nuovamente vittima. L'UCK 
inoltre scalpita di fronte al rifiuto delle 
Nazioni Unite di procedere verso una 
risoluzione, che per l'UCK significa 
l'indipendenza immediata. Le forze di pace, i 
guerriglieri, Milosevic e i suoi irrequieti 
sottoposti in Montenegro hanno tutti svariate 
ragioni per mandare all'aria, prima o poi, 
l'ambiguo di castello di carte di Annan. [...]



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