Fwd: La "prima volta" balcanica





-------- Messaggio originale --------
Oggetto: 	La "prima volta" balcanica
Rispedito-Data: 	Sat, 24 Mar 2012 18:27:45 +0100
Rispedito-Da: 	disarmo at peacelink.it
Data: 	Sat, 24 Mar 2012 18:31:28 +0100 (CET)
Mittente: 	rossana123 at libero.it <rossana123 at libero.it>
Rispondi-a: 	disarmo at peacelink.it
A: 	disarmo at peacelink.it



Reportage Quaresima nelle enclave serbe a 13 anni dal 24 marzo '99
quando, «per proteggere i civili», cominciarono, per 78 giorni, i
bombardamenti aerei della Nato a cui partecipò anche l'Italia

Kosovo, tredici anni di digiuno in serbo di Alessandro Di Meo da il
Manifesto del 24/03/2012.

Di seguito la "prima volta" balcanica di Tommaso Di Francesco

Quei raid aerei vennero motivati per i «diritti umani». Viene da
«ridere» di fronte al disastro umano di centinaia di migliaia di civili
serbi e delle mafie al potere nell' «indipendente» Pristina

GNJLANE. Padre Ilarion è un monaco ortodosso, vive nel monastero di
Draganac in Kosovo. Proviene dal monastero di Decani, il più importante
per la chiesa ortodossa serba. A Draganac c'è tanto da sistemare. Dalla
chiesa ai locali per i monaci, da quelli per gli ospiti a quelli per gli
animali. In

Kosovo di monasteri e chiese serbe in questi 13 anni ne hanno distrutti,
dinamitati e incendiati, ben 150. Vicino al monastero, c'è una sorgente
d'acqua che si crede benedetta. E quando, il primo venerdì dopo la
Pasqua ortodossa, si celebra la Vergine Maria, vengono in migliaia a
prenderla.

Moltissimi gli albanesi che, come in altri monasteri, cercano la grazia
di Dio, anche se ortodosso.

Padre Ilarion si occupa anche di altro. Ad esempio, di tante famiglie
serbe che vivono in condizioni assurde. Isolate dall'intolleranza del
fanatismo indipendentista made in Usa, dall'oblio di mezzi di
informazione per nulla interessati alle loro vite, isolate dalla natura
che, a volte, le rende

irraggiungibili. Come nei mesi scorsi quando due metri di neve hanno
reso la loro vita ancora più drammatica. Per la mancanza di cibo, di
acqua, per la difficoltà a portare loro un aiuto.

La Cucina popolare

Queste famiglie ricevono un pasto al giorno dalla Cucina Popolare, una
piccola organizzazione guidata da Svetlana, una donna serba che in
questi anni è riuscita a garantire pasti giornalieri a circa 800
famiglie. Ricevono aiuti anche dal monastero ed è padre Ilarion che
divide donazioni,

sceglie beneficiari, le porta direttamente. La cosa che più sconvolge ma
che pure, incredibilmente, riconcilia con la vita è vedere come queste
famiglie siano piene di bambini!

Vedere come la vita scorra anche in questi posti, dove per arrivarci ci
vorrebbe una di quelle jeep di ricche Ong che sfrecciano per strade
umanitariamente distrutte da bombe altrettanto umanitarie.

E tu invece ci puoi arrivare solo col furgone di Radovan, del villaggio
di Kos, vicino Osojane, in piena Metohija. Ci arrivi con le sue manovre,
a volte improbabili, ma pure con la rabbia. Serve anche quella. Perché
ti chiedi come mai nessuno racconti della vita di questa gente; e perché il

vivere in queste condizioni non diventi grido di dolore da far sentire
al mondo. E perché il Kosovo e la Metohija siano stati ridotti così,
senza che nessuno abbia mosso un dito. Per creare questa finta e
insopportabile pseudo-libertà e pseudo-indipendenza, sono stati ridotti
prima a un ammasso di macerie, ora lasciati a se stessi. Che si
consumino le violenze contro i serbi nella Metohija, che si consumino
nell'isolamento più totale gli stessi serbi del Kosovo!

E si costruiscano ancora alberghi lussuosi, pompe di benzina, statue
della Libertà (a Pristina,sopra un hotel), statue dei Liberatori (Bill
Clinton, sempre a Pristina). E si lascino marcire le carogne di tanti
animali ammazzati dalle auto lungo le strade. Cani, gatti, volpi, si
lascino così che il Kosovo e la Metohija sono una discarica a cielo
aperto e l'immondizia la trovi ovunque. Vicino le case, lungo le strade,
sparsa nei campi.

BondSteel e i Monasteri

Era questa, dunque, la libertà a cui si aspirava? Era questa l'
ndipendenza? Era il poter sventolare bandiere dell'Albania e degli Stati
Uniti su tanti, troppi balconi? Era il ricevere soldi a fondo perduto
per rendere il territorio sgombro da gente scomoda? Nei pressi di
Urosevac, a sud della regione, sorge Bond Steel, la più grande base Usa
in Europa. Una vera e propria città di cui poco si sa e poco si deve
sapere. E chi può controllare un territorio da cui nulla deve trapelare
meglio di mafie, malavita e narcotraffico, oggi al potere nel Kosovo
«libero e indipendente» dove è perfino proibito pronunciare la parola
Metohija, dal greco «terre che appartengono ai monasteri?».

È tempo di Quaresima e padre Ilarion mi illustra la pratica del digiuno,
osservato per sette settimane prima della Pasqua, esclusi sabati e
domeniche, tanto da arrivare a 35 giorni. Un digiuno detto dell'acqua,
si mangiano solo cose bollite, niente carne, pesce, proteine animali, oli,

vino. Si arriverà a 36,5 giorni col sabato santo e metà domenica di
Pasqua. Un decimo di anno di digiuno offerto al Cristo Risorto.

Ma nei villaggi di Gnjlane e Novo Brdo, visitando famiglie, non sembra
necessario il rispetto di date e ricorrenze per praticare digiuni. La
povertà concede spesso solo pane e farinacei, la carne è cosa rara.

Uranio impoverito e Marchionne

Parlare di ingresso nell'Unione Europea qui ormai fa sorridere. Così
come parlare di sacrifici per superare crisi. E fa sorridere incontrare
all'aeroporto di Belgrado, al ritorno, operai specializzati della nuova
Fiat che «esporta lavoro». Questi lavoratori devono dire «signorsì», ché
la lettera di licenziamento è pronta anche per loro. Sono quasi 1700 e
stanno a Kragujevac, dove non c'è più posto per dormire, con intere
famiglie serbe senza lavoro trasferitesi a casa di parenti o amici pur
di affittare agli italiani la propria a prezzi stracciati per guadagnare
qualcosa per sopravvivere.

Sono preoccupati, questi lavoratori, del cibo mangiato in Serbia, in
questo loro distaccamento forzato, lontano dalla famiglia perché c'è da
formare operai serbi per farli produrre tanto pagandoli poco, a zero
diritti. È la cura Marchionne. Del resto non erano umani, quei diritti,
ma solo roba di malattie, turni e orari decenti, tutela delle donne,
ferie, pause pranzo, cose così. Fa sorridere e anche tenerezza, che si
preoccupino per il

cibo. Le bombe hanno fatto danni al ciclo vitale. Uranio impoverito,
plutonio, radiazioni, inquinamento chimico e batteriologico. Loro lo
sanno, glielo hanno detto anche gli scienziati, ma devono arrangiarsi.
Sanno pure che la gente qui si ammala sempre più di leucemia e tumori
vari a causa di quello che c'è stato. Qualcuno ha dimenticato? Sono
passati 13 anni da quel 24 marzo 1999, quando la Jugoslavia fu
definitivamente affossata da 78 giorni di bombardamenti Nato, ai quali
partecipò anche l'Italia. Ci dissero che si andava a proteggere civili e
portare democrazia e rispetto di diritti umani. Sì, fa proprio sorridere
tutto questo. Ma anche piangere. Lo sguardo dei bambini visitati non
sappiamo toglierceli dagli occhi. Alcuni sereni, nonostante tutto, altri
impauriti da situazioni difficili dentro le famiglie, altri persi nel
vuoto; problemi psichici, chi mai se ne

occuperà? Sì, quello sguardo ti resta appiccicato.

Professionisti dei diritti umani non vengono fino quaggiù. Preferiscono
la ribalta, dove c'è il dittatore di turno da abbattere e fantomatici
oppositori da foraggiare con armi e soldi, coi quali accordarsi per il
futuro da sfruttare.

Qui no, non viene nessuno. Non ci sono dittatori. La Serbia è paese
democratico, si manganellano manifestanti e si finisce in carcere se
protesti troppo, anche se puzzi di fame. Questo dicono che sia Kosovo,
un altro governo, con a capo criminali indagati per traffico di organi
umani, ma eletti democraticamente. E allora? E allora questi bambini
semplicemente non esistono!

Stupidi noi che li andiamo a cercare, che torniamo con nel cuore idee
per farli sorridere un po'.

«Smejes se!», Sorridi!, bambina persa nel vuoto di un gioco che neppure
sai sognare. Vuoi conoscere il mare? In tv l'avrai visto. Proveremo a
portarti noi. Ci vorranno soldi, sarà difficile trovarli, mica ci
compriamo aerei da guerra! Per quelli si trovano facilmente, per il tuo
sorriso no,

bisogna scalare montagne e pregare. Non il tuo dio. Bisogna pregare gli
umani, quelli che non si fanno scrupoli davanti all'immagine della tua
povera casa, perché sanno trovare alibi.

Ma noi, cocciuti, il mare te lo faremo conoscere. E toccare. E giocare.
Insieme ai tuoi fratelli, sorelle, ai tuoi amichetti del villaggio
vicino, così vicino che nemmeno riesci a giocarci insieme. È pericoloso,
la sera c'è il coprifuoco. Passano follia e provocazione, tirano sassi
alle finestre,

vogliono spaventare il tuo sonno. A volte sparano. Alla fine ci
riescono, ti spaventano. Ma tu chiudi gli occhi e prova a dormire. Prova
a sognarlo, quel mare visto in tv. Da vicino sarà pure più bello.

* Un Ponte per...

La "prima volta" balcanica di Tommaso Di Francesco

Alle origini «criminali» e dimenticate dell’Ue. L'incipit della
globalizzazionearmata dell'Occidente, europeo e statunitense.

Con la guerra «umanitaria» della Nato che scatta il 24 marzo 1999 si
realizza un incipit davvero di rilievo, una vera epifania:

1 - per la prima volta (c’era stata solo un anticipo di due giorni di
raid nel 1994 contro i serbi di Bosnia che assediavano Sarajevo)
l’Alleanza atlantica, oltre il suo mandato costitutivo – che avrebbe
dovuto essere residuale dopo il crollo dei regimi dell’est, essendo
stata costituita come alleanza militare per fermarne l’eventuale
aggressione – entra in guerra bombardando dal cielo, per 78 giorni, con
tonnellate di missili Cruise e di cluster bomb un paese del sud-est
europeo di milioni di abitanti. Distruggendo con «chirurgica» e
«intelligente» precisione strade, ponti, scuole, ospedali, bus, treni,
asili, città, mercati, fabbriche.

2 - Da lì, per la prima volta, la Nato ricostruirà e legittimerà la sua
esistenza, con il vertice dell’aprile 1999 di Washington – in piena
guerra – ridefinendo e trasformando in chiave offensiva ruolo e
strategia internazionale. Che poi porterà l’Alleanza in guerra in
Afghanistan nel 2003, in Libia nel 2011, e a definire una operatività
militare in Africa e Medio Oriente.

3 - Per la prima volta, esplicitamente, la guerra contro l’ex Jugoslavia
si chiamerà «umanitaria», non più solo il «Desert storm» dell’Iraq o il
«Ridare speranza» della Somalia.

4 - La guerra aerea, gestita in prima persona dall’aviazione
statunitense, per la prima volta accrescerà il potere di controllo della
leadership di Washington dentro la Nato sull’Europa, fino al
condizionamento dei bilanci militari dei vari paesi aderenti, rivelatisi
con la guerra di bombardamenti aerei sull’ex Jugoslavia, inappropriati
ai nuovi compiti bellici. E questo a ovest e, per la prima volta a est.
Fino al coinvolgimento nel 2004 nella coalizione dei volenterosi, da
parte del presidente americano Gorge W. Bush, di tutti i paesi dell’ex
Patto di Varsavia, Russia esclusa, nella guerra all’Iraq per fermare le
«armi di distruzione di massa» che proprio non c’erano.

5 - Da lì nasce e si rafforza, per la prima volta, la rischiosa
strategia dell’allargamento a est della Nato che porterà l’Alleanza
atlantica ad aprire basi militari in tutto l’est europeo, ai confini
dell’ex nemico numero uno, la Russia (certo non paragonabile all’ex
Urss) fino alla guerra del 2008 nel Caucaso in sostegno alla Georgia che
decise, su consiglio atlantico, di attaccare militarmente l’Abkhazia che
aveva proclamato la secessione da Tbilisi.

6 - Altro incipit non trascurabile: si conferma la giustizia
internazionale dei vincitori. Con l’istituzione all’Aja del Tribunale
internazionale per i crimini nell’ex Jugoslavia, ad hoc, visto che la
potenza militare guida della Nato, gli Stati uniti, non riconoscono il
Tribunale penale internazionale dei diritti umani. E all’Aja, in modo a
dir poco manicheo, saranno processati e condannati solo i criminali doc
già additati dai media internazionali al seguito delle potenze
occidentali; mentre i crimini della Nato – nei raid aerei le vittime
civili secondo il governo filoccidentale di Belgrado furono 3.500 –
restano impuniti (con tanto di protesta addirittura di Antonio Cassese,
già presidente del Tribunale dell’Aja sull’ex Jugoslavia, contro il
procuratore dell’epoca Carla Del Ponte). Come impuniti restano, dopo la
giusta condanna internazionale del massacro di Srbrenica, le altre
«Srbrenica» commesse dai musulmani contro i serbi, come la strage di
Kazany a Sarajevo.

7 - E se parliamo di «prima volta», come dimenticare che con la guerra
di bombardamenti aerei della Nato nasce, in aperto disprezzo del diritto
internazionale , un nuovo Stato, il Kosovo, autoproclamatosi
indipendente nel febbraio del 2008 con sostegno esplicito degli Stati
uniti. Nasce una nuova nazione grande quanto il Molise, sulla base di
una secessione etnica dalla Serbia – un nuovo innesco d’incendio nei
Balcani – e intorno alla megabase statunitense di Camp BondSteel, presso
Urosevac. Anch’essa costruita fuori dal Trattato di pace di Kumanovo del
giugno 1999. Che poneva fine alla guerra avviando una amministrazione
internazionale che escludeva basi militari straniere, acconsentiva
all’ingresso delle truppe Nato (e dell’amministrazione Un-Mik) in Kosovo
ma pariteticamente riconoscendo l’autorità di Belgrado sulla regione,
del resto culla storica della nazione, della religione e dell’identità
dei serbi.

8 - Inoltre, ed è per noi forse l’incipit più importante, la guerra
«umanitaria» del 1999 venne gestita in chiave bipartisan dal governo
«più di sinistra» che il Belpaese abbia mai avuto: il governo D’Alema.
L’Italia aderiva a questa guerra che si aggiungeva al conflitto sul
campo e arrivava buon ultima nelle guerre balcaniche degli anni Novanta.
Alle quali, ecco l’altro incipit europeo, la nascente Unione europea che
emergeva politicamente nel 1991 aveva dato il suo criminale contributo,
insieme ai sanguinari nazionalismi interni. Aiutando a demolire la
Federazione jugoslava – che ancora esisteva con un governo autonomo,
riconosciuto in sede Onu – con i riconoscimenti delle indipendenze di
Slovenia e Croazia proclamate su base etnica. Poi tutto,
inevitabilmente, precipitò nella Bosnia Erzegovina che in piccolo
rappresentava la complessità dei popoli e delle etnie dell’intera
Federazione jugoslava. Così si abdicava, anche da parte delle forze del
movimento operaio, alla nostra Costituzione fondativa. Che all’articolo
11 dichiara di «bandire la guerra come strumento di risoluzione delle
controversie internazionali» È da lì che è cominciata a sparire ogni
identità della sinistra.