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giappone: i sopravvissuti di hokkaido



  I SOPRAVVISSUTI DI HOKKAIDO

  L'affascinante mistero di un popolo, dalle origini sconosciute, che non si
  vuole rassegnare al destino di terminare la propria esistenza in
  villaggi-museo sovvenzionati dallo stato giapponese. Prima che i Giapponesi
  trasformassero i loro boschi in campi e mutassero il loro stile di vita,
  gli Ainu vivevano di caccia, pesca e raccolta. Attualmente solo nei
  villaggi pi· isolati sopravvivono certe usanze tradizionali, specialmente
  come richiamo turistico. Giichi Nomura, presidente della AAH (Ainu
  Association of Hokkaido), ci racconta la storia, la cultura e le lotte dei
  15-20 mila Ainu dell'isola di Hokkaido. IL NOSTRO AMBIENTE. Noi, gli Ainu
  ("uomini" o "esseri umani", nel nostro idioma), un tempo popolavamo la
  parte settentrionale dell'isola di Sakhalin, alcune delle isole Curili e le
  regioni nordorientali dello Honshu, la grande isola centrale
  dell'arcipelago giapponese. Nel secolo undicesimo ci stabilimmo
  definitivamente nell'Hokkaido, l'isola pi· settentrionale dell'arcipelago
  nipponico. Attualmente i gruppi pi· numerosi si trovano riuniti in villaggi
  distribuiti in varie parti dell'isola, soprattutto lungo la valle del fiume
  Saru e nella fertile provincia agricola di Hidaka. Ci dedichiamo
  all'agricoltura, alla pesca e a piccoli traffici locali. Il clima
  dell'isola di Hokkaido _ tutto particolare. D'estate predominano i venti
  umidi provenienti dall'Oceano Pacifico che per alcuni mesi assicurano un
  clima caldo e piovoso, assai favorevole allo sviluppo di una rigogliosa
  vegetazione e alle colture agricole. Mentre d'inverno le correnti
  atmosferiche s'invertono e favoriscono il flusso del gelo che cala dalla
  Siberia situata a soli duemila chilometri, in linea d'aria, dall'isola e
  con esso le abbondanti nevicate che per mesi ci seppelliscono. NOI VIVIAMO
  COS_. Noi Ainu discendiamo dagli antichi abitanti del Giappone.
  I nostri antenati cominciarono a vivere in queste regioni durante l'era
  Jomon, tremila o quattromila anni fa. Vennero classificati come il "popolo"
  straniero delle regioni del Nord fino alla Restaurazione Meiji nel 1868.
  Rispetto agli altri giapponesi presentiamo dei caratteri fisici europoidi:
  abbiamo la carnagione pi· chiara, coperta da pi· peli, gli occhi
  maggiormente incavati. La nostra lingua _ quasi totalmente estinta:
  sopravvive solo in qualche nome di luogo come ad esempio il vulcano Fuji
  che nell'idioma ainu significa "fuoco". E lo stesso accade con la nostra
  cultura: abbiamo ormai perso del tutto il culto dell'orso, tipico delle
  culture subartiche, e i modi di vita di tipo indonesiano (abitazione,
  vesti, pesca), ora quasi del tutto assimilati alla cultura giapponese. Un
  tempo le nostre attivit_ principali erano la caccia, la pesca e la
  raccolta; gli strumenti erano di legno e di osso. Da quando abbiamo
  cominciato ad acquistare dai commercianti giapponesi utensili di metallo
  siamo diventati ancor pi· bravi nell'arte dell'intaglio. LA NOSTRA CULTURA.
  Dal punto di vista religioso noi crediamo che tutti gli esseri viventi e i
  fenomeni naturali sono divinit_ (kamui). L'orso, ad esempio, veniva da noi
  considerato la personificazione vivente del dio dei monti (Kim-un-Kamui).
  Ci_ significa che prima di uccidere un animale, passare un fiume o
  abbattere un albero, bisognava rivolgere preghiere al relativo kamui per
  ingraziarselo. I riti si svolgevano su una specie di staccionata-altare
  (nusa) sulla quale stavano fissati e venivano onorati i Kamui pi· sensibili
  ad interpretare il linguaggio della natura. Oggigiorno, per_, la nostra
  cultura tradizionale _ quasi del tutto scomparsa. I giovani non parlano pi·
  la lingua degli antenati - una lingua ricchissima nell'esprimere tutti gli
  aspetti della natura - ma il giapponese. Giapponesi sono anche, tranne
  poche eccezioni, le nostre case, i vestiti e il cibo; e lo stesso vale per
  le aspirazioni dei giovani, i loro punti di vista e le fedi religiose alle
  quali aderiscono, come il Buddhismo e lo Scintoismo. Le unioni tra
  giapponesi e Ainu sono ormai un fatto del tutto normale e diventa sempre
  pi· difficile trovare degli Ainu "puri". LE NOSTRE LOTTE. Molte leggende e
  tante testimonianze storiche raccontano delle nostre lotte, in certi
  periodi anche vittoriose, coi giapponesi, i nostri vicini meridionali. Ma
  dopo la rivolta del 1669 guidata dal nostro capo Shakushain, che venne
  domata in maniera sanguinosa e violenta, cominci_ per noi Ainu la
  decadenza. Da allora diventammo un popolo di sopravvissuti, annientati nel
  fisico e nello spirito, molto simili ai nostri fratelli pellirosse
  dell'America settentrionale.
  Nonostante fossimo sempre stati considerati ufficialmente cittadini
  dell'impero, solo dalla fine della Prima guerra mondiale, quando i
  giapponesi cominciarono a proteggerci, le cose sono andate migliorando un
  poco. IL NOSTRO FUTURO.Nel 1899, con l'Atto degli aborigeni di Hokkaido,
  che ci descriveva come popolo inferiore, ci assegnarono terre che
  generalmente erano incolte, scoscese, boschi e paludi, difficili da
  coltivare per un popolo che non conosceva l'agricoltura. Alcune revisioni
  di questo Atto portarono a un miglioramento delle condizioni per l'accesso
  alla terra cos_ come dell'assistenza sanitaria e delle sovvenzioni.
  Tuttavia, lo stesso governo giapponese continua ad avere un atteggiamento
  discriminatorio nei nostri confronti, negando la nostra esistenza e
  affermando che "in Giappone non esistono minoranze etniche". Ma noi Ainu,
  nonostante la politica di assimilazione del governo giapponese, abbiamo
  mantenuto la nostra etnicit_ come popolo indigeno del Giappone. Abbiamo
  diritto alla nostra autodeterminazione. Abbiamo la nostra cultura, la
  nostra religione e le nostre tradizioni. E se per tre secoli la politica
  dell'assimilazione ai giapponesi _ stata l'unica via per sopravvivere, in
  questi ultimi anni constatiamo nel nostro popolo un grande risveglio della
  coscienza ainu, aiutati anche dagli intellettuali e da alcuni settori pi·
  sensibili della popolazione giapponese che cominciano a prendere coscienza
  della nostra situazione. Rimane purtroppo ancora da affermare il punto
  centrale di tutta la nostra storia: il riconoscimento degli Ainu come
  popolo indigeno. IYOMANDE. Lo Iyomande ("il sacro invio") _ sempre stato il
  rito pi· importante e spettacolare nella vita religiosa degli Ainu.
  Consisteva nell'allevare amorevolmente per circa due o tre anni un piccolo
  orso, sottratto alla madre durante una battuta di caccia. Al termine di
  tale periodo, il giovane orso veniva sacrificato nel corso di una festa che
  durava parecchi giorni. L'animale veniva in pratica considerato un
  "ambasciatore" degli Ainu presso i suoi antenati, gli orsi divini, con
  l'incarico preciso di esprimere agli dei la buona volont_ degli uomini e la
  preghiera affinché gli orsi scendessero sempre in grande quantit_ sulla
  terra, per fornire prede abbondanti ai cacciatori. Da pi· di trent'anni ad
  oggi, lo Iyomande ha perso ogni contenuto religioso e spirituale: viene
  eseguito solo per i turisti e si esaurisce in una caccia mimata, senza,
  ovviamente, l'uccisione dell'orso. I PIÙ PELOSI. Gli Ainu sono uno fra i
  popoli più "pelosi" che si conoscano. Gli uomini vanno fieri delle loro
  lunghe barbe e grandi baffi; le donne, raggiunta l'età da marito, si
  tatuano di nero attorno alle labbra, quasi a voler simulare un bel paio di
  baffi. Quest'ultima abitudine è ormai caduta in disuso, anche se c'è chi
  pensa che questo tipo di tatuaggio femminile conservi un significato
  religioso: impedire agli spiriti cattivi di entrare nel corpo delle donne.
  KOTAN. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ebbe inizio lo
  sfruttamento degli Ainu a scopi turistici. Vennero costruiti dei villaggi
  secondo l'organizzazione tradizionale del kotan (dieci famiglie riunite
  assieme) dove gli Ainu si esibivano davanti a turisti americani e
  giapponesi per mostrare loro come viveva "un popolo incontaminato rimasto
  fermo all'alba della storia". Nonostante lo squallore per questo show
  etnico, anche questa forma di turismo contribuì a far crescere l'interesse
  per il popolo Ainu tanto in Giappone come all'estero. (Copyright c PM - Il
  Piccolo Missionario, Ottobre 1999) (CO)

PIER LUIGI GIACOMONI
lan0105@iperbole.bologna.it

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