migranti si riaffaccia il mito del sogno americano



Con la crisi del sogno europeo, per i migranti si riaffaccia il mito del sogno americano
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scritto per noi da
Sara Chiodaroli

Sharew è un ragazzo etiope di ventinove anni. La sua storia inizia circa un anno fa, quando decide di lasciare il suo Paese e di avventurarsi in un viaggio omerico che l'avrebbe condotto verso una meta non ancora alla portata di tutti coloro che intraprendono la via dell'emigrazione: l'America.

Il giovane aveva pagato a un trafficante circa 10mila dollari per condurlo a destinazione negli Stati Uniti. Dopo dodici mesi di peripezie, tra navigazione e viaggi via terra, percorrendo l'intero cono meridionale del continente americano, Sharew viene fermato a Tapachula, polverosa città meridionale del Chiapas, la prima tappa per chi arriva da Sud, quando sono ancora circa 3200 i chilometri che lo separano dal sogno statunitense. Il giovane viene accolto nel Centro di detenzione per migranti della città e qui, grazie a una scorciatoia burocratica delle leggi messicane concessa ai richiedenti asilo, può godere di un periodo di soggiorno in loco della durata di trenta giorni. Dopo questo periodo, Sharew riprenderà il suo viaggio. La sua vicenda viene resa nota dal quotidiano Usa Washington Post lo scorso aprile, riportando dati decisivi rispetto al quadro in cui s'inserisce la storia del giovane etiope, non un caso isolato di emigrazione transatlantica, ma sintomo dell'emergere di una inedita alternativa nelle rotte migratorie che partono da Asia e Africa. Jorge Yzar, direttore del Centro di Detenzione per migranti di Tapachula, una delle strutture più ricettive e coinvolte nell'accoglienza dei migranti, per via della sua cruciale collocazione geografica, dichiara che prima del 2004 nessun migrante di origine non americana era stato segnalato, mentre invece solo nello scorso anno sono stati identificati seicento migranti afro-asiatici, il triplo del 2007. I dati sono significativi, considerando che questo è il numero di coloro che sono stati sorpresi dalle polizie locali, mentre non è dato sapere quanti siano coloro che permangono in condizione di clandestinità.

La testata statunitense tenta un'analisi del fenomeno adducendo motivazioni legate alle attuali politiche migratorie dell'Unione Europea. La presenza di severi controlli radar, dei pattugliamenti dell'agenzia Frontex nelle acque mediterranee, di SIVE nell'arcipelago delle Canarie e lungo la costa atlantica dell'Africa occidentale, grazie alla collaborazione dei Paesi africani, l'avventura dell'emigrazione verso la fortezza Europa è sempre più difficile. Questo non implica una netta rottura con la tendenza della rotta più battuta, che infatti resta ancora quella europea, bensì l'apertura di una via alternativa. Dal mese di marzo a oggi sono state intercettate cinque imbarcazioni che portavano a bordo migranti provenienti da Eritrea, Etiopia, Ghana, Somalia, Nigeria, Cina, Bangladesh e Nepal, successivamente messi in stato di detenzione in attesa di rimpatrio o di richiesta di asilo. Il 13 marzo cinquanta migranti sono stati soccorsi dal Servizio Marittimo al largo delle coste del Nicaragua, dopo essere stati abbandonati in alto mare dai 'coyotes' colombiani che li avevano condotti a bordo di un peschereccio salpato dalle coste della Colombia, promettendo di lasciarli in Honduras. Tuttavia il viaggio via mare era cominciato ben quaranta giorni prima, dalle coste africane, dopo aver pagato circa 2.500 dollari ai trafficanti locali. Secondo i dati statistici della Direzione Generale per l'Immigrazione del Nicaragua, negli ultimi quattro anni erano stati rimpatriati dal paese centro americano solo nove cittadini di origine africana; questo sbarco ha rappresento quindi un evento straordinario, considerando anche le difficoltà diplomatiche con i rispettivi consolati, per lo più assenti sul territorio nicaraguense per disporre le operazioni di rimpatrio.

Il 19 marzo, questa volta in Colombia, vengono intercettate due imbarcazioni su cui viaggiavano rispettivamente 18 e 50 migranti provenienti da Somalia, Eritrea, Etiopia e Cina. Nella seconda sono stati individuati e arrestati i due cittadini colombiani che guidavano il mezzo. Le autorità locali hanno ipotizzato che i migranti fossero giunti sulle coste del Brasile dall'Africa e che avessero proseguito il viaggio verso nord via terra passando per Perù ed Ecuador. Dopo due settimane, il 1° maggio, nuova intercettazione; vengono fermati e arrestati dalle autorità marittime 21 migranti di origine africana, tra cui anche sei giovani del Bangladesh, a bordo di un'imbarcazione diretta in Nicaragua. E sono ancora le acque caraibiche a fare da sfondo all'ennesima tragedia sfiorata nella giornata dello scorso 3 luglio. Le autorità della Costa Rica raccontano di aver soccorso un gruppo di 38 migranti africani. Il gruppo ha raccontato alle autorità di aver preso contatti con i trafficanti in Nigeria, pagando una cifra pari a 7.000 dollari che avrebbe incluso il volo aereo in Colombia e il viaggio via mare dalla città costiera di Barranquilla fino al Canada. Dopo quindici giorni di navigazione, il gruppo è stato lasciato sulle spiagge di Manzanillo, a 230 chilometri dalla capitale del Costa Rica in condizioni di denutrizione e disidratazione, convinto di aver raggiunto la destinazione prevista. Il ministro degli Interni, Ricardo González, ha dichiarato che la loro condizione verrà vagliata considerando le numerose richieste di protezione umanitaria avanzate dai singoli, vittima di persecuzione e conflitti civili nei rispettivi paesi d'origine. Il bilancio non si conclude con questo episodio, infatti nella giornata di sabato 18 luglio la marina colombiana ha intercettato un'imbarcazione non registrata alla cui guida sono stati sorpresi due cittadini colombiani, successivamente arrestati. Il gruppo di 34 persone di origine eritrea, all'interno del quale figuravano 33 uomini e una donna, era partito dall'Isola Barú vicino a Cartagena de Indias ed è stato intercettato in alto mare a quindici miglia dal Capo di Tiburón. Al momento i migranti a bordo sono stati fermati in attesa di disposizioni dell' Autorità Locali per l'Immigrazione del porto di Turbo.